i padroni delle regioni

Basterebbe lo stato di famiglia per indispettirsi. Michele Iorio, è un medico molisano. La sorella Rosa è direttrice del distretto sanitario di Isernia, Nicola, il fratellone, è primario nel reparto di fisiopatologia, Sergio Tartaglione, marito di Rosetta, è primario di psichiatria, il cugino Vincenzo era direttore sanitario e la di lui moglie vice direttrice. Purtroppo non è finita: Iorio è stato eletto e poi confermato e poi ancora rieletto governatore del Molise. E’ stato senatore anche e non è detto che non si ricandidi.
La piccola Corea del Nord italiana ha pompato soldi come nessun’altra. Ha costruito sul terremoto di San Giuliano di Puglia, paesino di meno di duemila abitanti, un grattacielo di spese e di necessità che ha toccato e superato la rispettabile quota di un miliardo di euro lasciando a terra cumuli di coscienze. I soldi hanno perforato i molisani trasformandoli in clientes. I soldi sono serviti a fare debiti e a produrre lo sviluppo inverso della logica e della ragione: case senza gente che le abiti, strade senza auto che le percorra, malati senza ospedali. Applausi. Si è vero, il Tar ha sciolto il Consiglio regionale ma nell’attesa del Consiglio di Stato tutto procede come nei migliori giorni.
Distante da Roma ma vicina al suo cuore pulsante, l’umanità politica che trova fortuna nelle regioni ha la possibilità di gestire un bilancio complessivo di circa 180 miliardi di euro annui. Con ampia facoltà di scelta, totale autonomia e vastissima capacità di produrre clienti da quel denaro. Cioè voti. E tessere.
Non si spiegherebbe altrimenti l’ascesa di Giuseppe Scopelliti, noto deejay reggino, cestista di belle speranze, giovanotto della destra ultrà. Ha fondato sulla città che possiede da più di un decennio, Reggio Calabria, le sue fortune elettorali. Realizzando, e tra poco vedremo come, un “modello” che ha traghettato il suo corpo in Regione. Ora è governatore, ed è potente. E ha tantissime segretarie. E anche il fotografo personale. Bellissimo così. Il Popolo della libertà lo accarezza e se lo conserva come un bambino prodigio. Meglio di lui a far voti non c’è nessuno. Infatti ieri era qui a Roma, al vertice nazionale del partito. Un luogo utile per perorare forse la causa che più gli sta a cuore: non far sciogliere per mafia il comune di Reggio Calabria a lui devoto. La città, alla quale Scopelliti ha regalato favolosi notti bianche con le bellezze della scuderia di Lele Mora, è sul punto di cadere sotto i colpi dei verbali degli ispettori del ministero dell’Interno. Troppo crimine nei paraggi del municipio, e parecchie mani sporche a succhiare denaro pubblico. Reggio da modello si trasforma nel buco nero della democrazia, con le finanze ridotte a brandelli: 170 milioni di euro di debiti accertati. Chi paga? Soprattutto: chi parla? Roma ha un cuore d’oro e cieca resta.
Ma quanti onorevoli Batman sono sparsi per l’Italia… A Genova, solo per stazza, è equiparabile all’ormai noto Francone Fiorito il presidente del consiglio regionale ligure Rosario Monteleone. Un bel pezzo di democristiano, vitale e disposto ad aiutare chi chiede aiuto. Larga clientela, molto consenso. Ottimo il simbolo che lo vede protagonista politico: Udc. Di qualche tempo fa un’indagine giudiziaria dalla quale spunta, incredibilmente, il suo nome. Due boss della ‘ndrangheta al telefono parlano di voti e di persone. Lui ferma tutti: “Sono indebitamente tirato in ballo”. Innocente era e resta. Come sempre. Come tutti. “Cesaro Luigi, nato a Sant’Antimo, di professione avvocato non praticante, risulta di cattiva condotta morale e civile …in pubblico gode di scarsa stima e considerazione (informativa dei carabinieri n. 0258456/1 del 27 ottobre 1991). Cesaro oggi è un attivo deputato al Parlamento italiano e con tutti gli onori è stato acclamato anche presidente della Provincia di Napoli. Due poltrone per lui, il tempo è signore.
Dove sono i padroni d’Italia e come sono fatti? Ugo Cappellacci, il figlio dell’ex commercialista di Berlusconi, regge la Sardegna, dove soffia il vento. Indagato per l’affare eolico con illustri protagonisti giudiziari, un chiarimento forse da dare ancora per una vecchia storia di bancaroitta fraudolenta e nulla più. Sardinia felix. Apriamo e subito chiudiamo la parentesi di Raffaele Lombardo, che le amarezze seguite all’innumerevole sequela di scandali siciliani, e torti e sprechi grandi e piccoli, gli hanno fatto venire voglia di ritirarsi a vita privata. “Farò l’agricoltore”, ha promesso. Infatti è lì che coltiva. Forse, ma per pura passione, suo figlio svilupperà le grandi capacità oratorie del babbo e terrà teso il filo della speranza: Lombardo in Sicilia è immortale. Le premesse sono buone, e l’urna è vicina. Non vediamo mai come anche dal male si riesca a cavare del bene, e dalla carta di identità un ufficio e una segretaria. Nemmeno sappiamo, per esempio, che il sindaco di Roma ha delegato agli affari calabresi un suo consigliere comunale, l’avvocato (calabrese) Domenico Naccari. Siamo giunti così alla delega etnica, e Alemanno è quel signore che l’altro giorno si è prodotto in un ultimatum per la bonifica morale della regione Lazio.
Povera Polverini e, forse, povero Roberto Cota, il governatore del Piemonte, autonomista nello spirito e caritatevole d’animo. Era del cerchio magico e pensava da governatore che fosse suo compito reggere il posacenere a Umberto Bossi, il leader fumante. Smagliante figura di uomo di Stato, ritratto nella prefettura di Torino a calcolare il raggio di caduta della cenere del senatùr.
Il sigaro è finito e anche Roberto sembra andato in fumo.


Da: Il Fatto Quotidiano

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