Manette e guai. C’era una volta la verde Verona

vivalitaliaScene di declino nella roccaforte del leghista Flavio Tosi. Arresti e scandali nelle agenzie comunali, dimissioni per il vicesindaco, indagato per corruzione. Il primo cittadino semina querele e s’improvvisa progressista, ma la popolarità è in caduta libera e il benessere cala. La gente si consola con due squadre in Serie A


Finalmente è derby. Anche Verona, la più piccola delle grandi città (o la più grande delle piccole) ha il suo fantastico derby di calcio: Hellas contro Chievo. Scende in campo il ceto dirigente e dominante contro la periferia, la storia contro la cronaca, i vip contro i nuovi arrivati. L’Hellas è Verona, e quest’anno fa sognare, il Chievo -sempre nelle retrovie della classifica del campionato di Serie A- rappresenta una sua porzione minuscola, un’appendice, una escrescenza della città nel pallone. Il sindaco è un ultras e naturalmente sta di qua. E col granduca Flavio Tosi, nella curva degli innamorati pazzi, anche le aziende municipalizzate che sono vagoni merci, lunghe filiere di benessere familiare e clientela politica. L’azienda del gas che nella convenzione cittadina è naturalmente l’azienda del sindaco, sponsorizza l’Hellas: 350mila euro il primo anno con opzione per il secondo. “Aderisci all’offerta di Agsm che ti fa risparmiare e ricevi subito la maglietta originale del Verona”, così il primo entusiastico volantino. Con l’aggiunta di una particolare offerta municipale agli abbonati di Verona e “solamente” a loro: sconto del 5,5 per cento sull’energia elettrica e di un centesimo per ogni metro cubo di gas consumato.

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Far west Latina, la mangiatoia dal cuore nero

L’EX LITTORIA, FONDATA DA MUSSOLINI 81 ANNI FA, È IL CROCEVIA DI MILLE INTERESSI
DAL “SISTEMA FONDI”, IL COMUNE CHE BERLUSCONI NON VOLLE SCIOGLIERE PER MAFIA, ALLA SOCIETÀ DI MARIAROSARIA ROSSI, L’ACCOMPAGNATRICE DI SILVIO. NEL CAPOLUOGO SENZA EROI MA PIENO DI SUV, L’ORGOGLIO LOCALE È LA SQUADRA DI CALCIO CHE GIOCA IN B

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Non confondere mai l’insolito con l’impossibile. Non scambiare mai Latina con una città. Centro di raccolta e smistamento di dialetti locali, è il punto geografico dove veneti e friulani, emiliani e marchigiani, seguiti dai napoletani, calabresi, siciliani, rumeni e infine albanesi sono confluiti e poi si sono espansi: chi a nord; chi a sud dell’Agro. I primi per bonificare le paludi e trovare il modo di sfamarsi negli anni del Duce, quegli altri, immigrati della seconda e della terza ondata, per affinare l’arte di far soldi, alcuni di essi con la spiccata propensione di ridurre in un clic (qui inteso nel suono del tamburo di una pistola) il tempo della provvista.
Il potere dei boss, il fantasma del Duce
Latina ha solo 81 anni, conta 120 mila abitanti, è di ferma e indiscutibile indole fascista (l’amatissima Littoria!), ma di facili costumi. La giovincella è infatti assai viziosa e in questo spicchio laziale arato dai coloni, ma trascurato dalla stampa e dalla tv, si produce la più estesa e malandrina farcitura di criminalità organizzata, delinquenza finanziaria e devianza politica. Una ragnatela di boss scompone la gerarchia sociale e a volte si sovrappone al ceto dirigente rendendo incerto il confine tra mondo legale e illegale. Walter Veltroni, quando lesse le pagine d’accusa della locale prefettura sul “sistema Fondi”, il Comune come sede dello snodo cruciale della politica pontina, ebbe un soprassalto. Non si aspettava che nei dintorni di Sabaudia, dove lui e tanti vip romani trovavano e trovano le meravigliose dune ad attenderli nel weekend, si fosse sviluppato un club di altissimo malaffare.

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Berlusconi ritorna alla dittatura del ’94

CONSIGLIO NAZIONALE, NULLA CAMBIA: È COLPA DI “COMUNISTI” E “MAGISTRATI”
NOVITÀ: ALFANO NON È PIÙ UN “INFEDELE”, PUÒ VENIRE BUONO PER IL FUTURO
Qualcosa non va stamane. Il cielo è grigio e come pretendere di più da novembre, ma il torpedone con la scritta Angelino sulla fiancata è una disgraziata circostanza, fa male vederlo. Non ci sono bandiere, neanche tifosi. Dieci vecchietti molto spossati dalla temperie politica si aggirano per la curva sud del palazzo dei Congressi spogliato da ogni luce berlusconiana. Non una hostess, una coscialunga, né un gadget, un libro, un filmino. Restano le mura alte e squadrate dell’architettura fascista, l’impianto marmoreo è tale da rimandare allo scenario di un’assise comunista della Ddr ai tempi di Honecker.

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Tutto il fuoco attorno al Vesuvio

L’EDILIZIA SELVAGGIA, I PIANI DI EVACUAZIONE CHE NON FUNZIONEREBBERO, L’ETERNO PROBLEMA DEI RIFIUTI, CRIMINALITÀ E CAMORRA DENTRO IL CUORE DI UNA CAMPANIA ALLA RICERCA DI UN RISCATTO IMPOSSIBILE, MENTRE GLI UNICI SUCCESSI SONO QUELLI DEL NAPOLI DI BENITEZvivalitalia
Fuma la terra lungo le curve che da Agnano portano a Fuorigrotta. Si alzano colonnine nere come fossero figlie di un arrosto di catrame all’altezza dell’edificio che gli americani hanno abbandonato (era la vecchia sede della Nato). Chi vuole entra nel palazzone e sporca, strazia, struscia, rompe o solo lo sfiora incolonnato in auto nell’attesa di arrivare allo stadio. Il calcio è l’unica impresa che funziona a Napoli e dai tempi di Maradona il catino dove l’allenatore Benitez schiera i suoi uomini non appariva il covo di felicità compulsiva che sazia al punto da arrivare fino alla bocca dello stomaco e poi eruttare. Felicità sgraziata, rumorosa, mediamente eccessiva. Anche il San Paolo, come quasi tutto a Napoli, poggia i piedi sul cratere e sebbene la Protezione civile abbia innalzato il livello di attenzione (secondo dei quattro gradi di pericolo previsti) le caldare dei campi flegrei si trasformano da pericolo immanente a falso storico, fonte di ispirazione creativa per gli ultras. Il Vesuvio erutta in curva, fuoco denso e rosso, tra le migliaia di comparse che costruiscono la sceneggiatura perfetta: il fuoco che allaga diviene rappresentazione di gioia pura, distillata, insuperabile. E poi sul fuoco e sui lapilli, sulla brace e sulla cenere, milanisti, interisti, juventini, romanisti quando trovano gli azzurri di fronte impegnano la loro voce: “Vesuvioooo, lavali con il fuocoooo”. I partenopei restituiscono le cortesie: “Alè Vesuvioooo, il Vesuvio è la terraaa che amiamooo, dell’eruzione ce ne freghiamooo”.Continue reading

Insulti, liti e sfottò Onorevole sfogatoio su psyco-Twitter

I POLITICI GIORNO E NOTTE SUI SOCIAL NETWORK PIÙ “CEFFONI DIGITALI” PRENDONO E PIÙ INSISTONO
Sono continue sputacchiate all’onor proprio, allusioni crudeli, accuse plateali. Su psycotwitter il potente trascina oltre la mente il proprio corpo nella consapevole quotidiana penitenza. La questione si fa perciò tremendamente psicopatologica. I social network divengono l’agorà dei flagellanti, misura contemporanea della loro fede nella redenzione, incessante prova che solo attraverso l’umiliazione si raggiunge la salvezza eterna. È dunque rito religioso al pari dei movimenti cristiani del Medioevo quello che va in scena a ogni ora del giorno e della notte. Non c’è altra possibile incoscienza. Mariastella Gelmini, ha prima pensato e poi scritto questo tweet: “Benedetta, 6 anni, e la sua mamma mi chiedono di comunicare al presidente Berlusconi solidarietà, affetto e stima”. È chiaro, cerca la forca. E la trova. Luca Canale domanda: “Per caso la mamma ha 23 anni?”; Gabriele: “Tornavano da Amsterdam, sicuro”. La Gelmini avrà pianto o sorriso? Avrà letto, avrà riflettuto?Continue reading

Il marketing Pomì e la coscienza sporca del passato

IL SAN MARZANO TRASLOCA NELLA PIANURA PADANA, AL SUD RESTANO LE CENERI
Persino il pomodoro è espiantato dalla sua terra, dirottato, evacuato dalla Campania verso il nord padano. Non c’è misura alla pena e alla rabbia che si nutre di questa infinita impotenza: vedere trasformata nel silenzio agnostico, in questa mortale indifferenza una terra fertile in pattumiera. È tutta la Campania a essere messa in un secchio e trattata come un liquame. I suoi tesori alimentari, prima la mozzarella poi il pomodoro, ridotti a teste d’accusa. Non c’è che dire a Pomì, l’azienda che ha scelto per i suoi clienti di estrarre il concentrato dalla pianura padana, di trasferire il San Marzano dalle parti Piacenza, di capovolgere la cartina geografica, sovvertire l’identità culturale, rendere neutro un prodotto tipico, anestetizzarlo pur di venderlo.Continue reading

Caro Gino Strada, apri un ospedale in Calabria

Se Gino Strada accettasse di realizzare un ospedale di Emergency a Praia a Mare, come implora una petizione popolare di cittadini calabresi lasciati senza difesa della propria vita, compirebbe un atto platealmente e letteralmente rivoluzionario. Riuscirebbe a dimostrare, e questa volta senza alcuna possibilità di equivoco, il grado di delinquenza di un intero sistema che macina soldi per sfornare corpi inanimati e persi nei corridoi delle case della salute. Quell’ospedale da campo sarebbe la migliore forma di resistenza civile, la testimonianza permanente della nullità dello Stato, ridotto a brandelli da bande criminali che lo uccidono ogni giorno dal suo interno. Chiamerebbe tutti noi a spalancare gli occhi davanti alla più crudele delle verità. Se la sanità sfascia i corpi invece che aggiustarli, è anche perché, prima ancora della politica, chi è chiamato a sorvegliare la nostra vita e rianimarla quando è in pericolo, sostenerla quando siamo più deboli e più soli, ritiene che questa sia oramai una sua mera facoltà, atto individuale possibile, sperabile, ma non certo, dovuto, obbligato. Continue reading

Politici che rubano sulle mense dei bambini

Riusciamo ad andare in galera o no?”. L’agghiacciante quesito è il fondale perfetto della gara di disumanità che si è tenuta a Verona, dove la sabbia, sì proprio la sabbia, è divenuta elemento qualificante del menu per i bimbi delle scuole pubbliche cittadine. Gli arresti, numerosi e importanti, all’interno dell’agenzia comunale chiamata a provvedere alle mense scolastiche, documentano una tragedia ancora più acuta e definitiva. Nella nostra testa abbiamo memoria di mazzette e di tangenti, gare truccate, limate, file sostituiti, inganni pianificati e perpetrati o anche solo ideati, nella continuità ideale di una devianza costituente, un morbo intraducibile e inestirpabile dell’identità dell’amministrazione pubblica. Il Sud è stato sempre un passo avanti nella gara alla furfanteria, ma in questo caso il Nord (pure leghista) della civile Verona, così tanto propagandata attraverso l’immagine del pragmatico sindaco Tosi, conferma il sospetto che non c’è limite al peggio e non c’è salvezza verso gli abissi. Continue reading