I senatori in fila al patibolo: omaggio a Silvio & Matteo

NESSUN VINCITORE, SOLO ATTORI CHE TEMONO DI PERDERE IL POSTO DOPO AVER AFFOSSATO IL SEGGIO SU CUI SIEDONO. E FORMIGONI SPERA DI STRAPPARE UN POSTO ALLA CAMERA
Il patibolo è in fondo al salone, dietro quella porta di castagno che conduce al seggio di velluto. Entrano per pigiare con l’indice il pulsante della resa. Si vota in aula la sottomissione a Renzi e Berlusconi, più al secondo che al primo. B. è il segno di un potere intramontabile ed effettivamente invincibile. Mario Mauro aveva lasciato Forza Italia pensando che fosse fallita. Era riuscito persino a essere ministro della Difesa di Enrico Letta. Ora è pronto a rimediare: “In fondo in quell’area stavo e lì resto”. Josefa Idem ha capito che la politica è uno sport pericoloso. Aveva annunciato il no a Renzi e la sua adesione alla linea di Miguel Gotor, conducator perdente, ma poi, albeggiando il nuovo giorno, ha scelto di dire di sì al capo. Abbiamo paura e abbiamo famiglia. Domani il Senato non ci sarà più e l’Italicum consegna al capo il potere assoluto di nomina. La fedeltà diviene virtù dell’intelletto. “Io sono uno pratico, e in Parlamento servirà sempre uno pratico”, garantisce Maurizio Gasparri. E servirà anche il pragmatismo di Laura Puppato. Sua la giravolta in limine mortis. Scurdammuce o’ passato.
La smemoratezza, persi gli argini di prudenza, tracima perfino in baldanza. Il senatore Stefano Esposito sarà noto per aver legato mani e piedi ai suoi compagni di cella prima di scappare nelle braccia di Renzi, il carceriere buono. Come quel reporter occidentale che ha concesso ai suoi sequestratori il volto e la voce per illustrare le meraviglie dello Stato islamico, così Esposito, da Torino, dopo aver combattuto a fianco di Cuperlo la battaglia congressuale contro Matteo Renzi, ha firmato l’emendamento che condanna a morte i suoi fratelli. “Ho fatto tutto da me”, assicura dopo aver definito “parassiti” i suoi ex amici.
Corsini: “Ci sono elementi di psicopatologia”
Non c’è memoria, nemmeno ricordo, neanche un filo di imbarazzo. Luigi Zanda nella scorsa legislatura era un fervente antiberlusconiano. Cambiano i tempi e –miracolo! – da feldmaresciallo renziano è pronto ad accogliere il nemico nella sua casa: “Ho la coscienza a posto e non ho nulla di cui pentirmi. Poi con i colleghi di Forza Italia ho sempre conservato un buon rapporto e ritengo che la legge elettorale sia materia da larghe intese”.
Questo palazzo scomparirà tra meno di tre anni. E i 315 senatori dovranno trovar casa nell’unica aula disponibile: la Camera. “Ci sono elementi di psicopatologia della politica, ambizioni nascoste, timori legittimi. Ma ci sono anche ricatti, ritorsioni, avvertimenti crudeli”, dice il senatore Paolo Corsini nella veste di profeta di sventura. “Finisce il bipolarismo e il bipartitismo.
Quelli che difesoro l’ex Cav. adesso non sanno che fare
Questa legge trasformerà il Pd in un grande listone centrale condannato al governo perpetuo e ai suoi margini una destra di impronta lepenista, un movimento vociante come quello di Grillo e una sinistra estrema e irrilevante”. Una nuova balena al centro, che acchiappa tutti, da Renzi a Berlusconi.
Eppure il corpo di B., il suo doppiopetto Caraceni, la corte di reggitori che scandivano l’andatura, erano stati espulsi da questo Palazzo nel novembre del 2013. Cacciati per indegnità.
Oggi il suo sorriso beffardo è stampato sulla bocca di Denis Verdini, il cui prestigio aumenta con il lievitare delle rogne giudiziarie (dalla bancarotta al concorso in corruzione, alla truffa).
D’Anna: “A forza di fare inchini si vede il culo”
Verdini è condotto alla buvette, per una rassegna dei sottoposti che aspettano di omaggiarlo, da Ugo Sposetti, ex ragazzo di Botteghe oscure, e da tesoriere teorico inflessibile del potere supremo dei soldi. Conta chi ha la borsa. Il resto è noia. La destra e la sinistra, ammesso che siano mai esistite, sono morte oggi, insieme a questo Senato destinato tra tre anni a ritrovo infrasettimanale dei consiglieri regionali, frattaglie di potere collaterale, affluente ma non essenziale. Con l’Italicum chi vince prende tutto, e Renzi può star tranquillo. E chi perde? Anche lui tranquillo. Roberto Formigoni sa che all’Ncd, partito di latta, toccheranno, se i sondaggi resteranno quelli di oggi, circa 18 deputati. Saranno tutti nominati. E lui ci sarà. “È una buona legge”, spiega. Non dubitiamo. A chi interessano le motivazioni con cui la Consulta ha bocciato la vecchia legge elettorale? Scurdammoce ‘o passato e brindiamo. “Finisce un anno e inizia l’altro. Come a scuola”, sorride il lucano Guido Viceconte. “A forza di fare inchini si vede il culo”, urla in aula Vincenzo D’Anna, un senatore oramai trapassato. Scurrile ma efficace. “Non credevo che si arrivasse a tanto”, dice Paola De Pin, che ha patito l’espulsione dal Movimento di Grillo, e non le resta che rassettare la scrivania, spegnere la luce e fare ciao ciao con la manina a Roma.
da: Il Fatto Quotidiano 22 gennaio 2015

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