Pescara: il monsignore specula, la banca affonda

Per i Giochi del Mediterraneo del 2009 la Curia guidatada Cuccarese investe in case, poi gira il bidone a un imprenditore

pescara

Un finanziamento milionario in yen giapponesi, moneta con la quale un arcivescovo finisce per bruciarsi le dita. Un sindaco coinvolto suo malgrado nel salvataggio del vicario di Cristo dalla possibile bancarotta. Un imprenditore che fiuta l’affare, si accolla i pagherò della Curia ma finisce per strada. Una banca che sprofonda, ghigliottinata dai debiti dei suoi debitori. Una città che dorme.

In nomine Patris è la trama pescarese e di questa storia italiana. Tonache e cemento, preghiere e derivati, carità e affari. Nel fiume esondato dei soldi che la Cassa di Risparmio di Chieti ha dilapidato con operazioni oversize, la quarta delle banche italiane attualmente sul letto di morte, i quattrini fatti fluire nel portafoglio del vicario di Cristo a Pescara rientrano nella casistica del fantasy estremo.

PESCARA GIÀ CONOSCE l’operato di monsignor Francesco Cuccarese, arcivescovo fino al 2005 ora canonico della basilica di San Pietro in Vaticano. Profilo spinto del manager ad alto rischio, noto alle cronache per una imputazione di truffa alla Regione (reato prescritto) e attore non protagonista di un gigantesco giro di titoli di Stato contraffatti, presentati a garanzia di un prestito allo Ior, ricompare nelle carte della locale Procura della Repubblica dopo qualche anno di letargo. Insieme a lui il nome e l’attività di Luciano D’Alfonso, oggi presidente della Regione ma ieri sindaco di Pescara, esperienza che finì traumaticamente per guai giudiziari da cui l’uomo politico del Pd è stato però assolto con formula piena.

Il merito o la colpa se questa storia si conosce è del signor Andrea Repetto, imprenditore edile di Bolzano, giunto qualche tempo fa nella città di D’Annunzio per fare affari e finito sul lastrico. I suoi 69 appartamenti, i 69 garage, le 14 cantine sono ultimati, realizzati con gli ingredienti più nobili dell’arte edilizia (Classe A Casaclima), pronti per la consegna. Però non sono vendibili perchè il suo creditore la banca di Chieti che l’ha finanziato ha pignorato tutto. Il filo della storia – sbrindellata e perfino un po’ comica è bene riavvolgerlo da questo complesso immobiliare alle porte di Pescara, in via Salara Vecchia, dove oggi Repetto è barricato: “I miei appartamenti sono bellissimi e stanno marcendo perchè la banca non mi permette di venderli. Ma se non li vendo cosa posso restituire alla banca? Niente. Fallisco io e il mio fallimento contribuisce a inguaiare la banca. Commissariata anche in ragione, scrivono gli ispettori di Bankitalia, degli affidamenti dati a me. Da mesi che tento di offrire una soluzione, ma nessuno mi riceve. Per questo mi sono rivolto alla magistratura”.

Repetto arriva a Pescara nel 2005 ingolosito dall’affare del secolo. Finora aveva costruito case a Bolzano, nulla in confronto di quel che gli aspetta in Abruzzo. La città è fiorente, devota agli affari e a Gesù. Pingue grazie ai traffici che sviluppa sull’Adriatico, tra mare e terra, piatta e grassa come una donna di Botero, arraffa occasioni e spende grazie al suo sindaco D’Alfonso, democristiano esuberante – il proprio ardore in iniziative ad alto impatto.

PESCARA DEVE OSPITARE i Giochi del Mediterraneo nel 2009 e per l’occasione l’arcivescovo ha fatto un pensierino: dare una casa agli atleti, un villaggio olimpico alla città. Ma il presule pensa ai ricchi come ai poveri, perciò in cantiere, nel vescovado trasformato in betoniera, pianifica un intervento urbanistico per costruire anche la “Cittadella della Carità”. I poveri, gli infermi, i migranti, i rifugiati avrebbero dato frutto e speranza alla lottizzazione. Purtroppo i piani non vanno come previsto e il monsignore deve rinunciare al progetto. Sul quale ha investito molti soldi, soldi che sono della Carichieti. Urgono salvatori, e uno di questi è Repetto. Potrà fare ottimi affari se rileverà i debiti che la Fondazione In Veritate e Charitate – il braccio operativo e finanziario dell’arcivescovo ha con CariChieti. Lo conduce per mano nella Chiesa pescarese, così scrive Repetto nell’esposto consegnato ai magistrati, l’allora sindaco D’Alfonso: “Dobbiamo sollevare dall’imbarazzo il vicario di Cristo”, mi dice quando lo incontro”. Il vice Gesù, monsignor Cuccarese, del resto gli aveva confidato: “Lavorare per la fondazione significa avere il passaporto per il mondo”. Monsignor Cuccarese vive i suoi 85 anni nel ritiro spirituale permanente, dentro le mura del Vaticano, in silenzio. D’Alfonso no. È sempre operativo e anzi di più. Guida col piglio manageriale che gli si riconosce (un fantuttone doc) la regione Abruzzo. Oggi non ricorda di aver mai stretto la mano a Repetto: “Questo signore non lo conosco” fa dire al suo portavoce. Quindi inverosimile, anzi falso che abbia potuto confidare pensieri e parole, falso che abbia fatto da mediatore istituzionale per dare uno sbocco a una situazione incresciosa. Prendiamo atto. “Non mi conosce? L’avrò incontrato in almeno sei occasioni e ho i testimoni. Se il magistrato me lo chiederà posso provare ogni sillaba”, replica l’imprenditore. Comunque sia è un fatto che Repetto giunge a Pescara e nel giro di pochi mesi ottiene i titoli per costruire appartamenti di lusso. Non carità né sport. Solo case. È un fatto che i terreni glieli cede la Fondazione che fa capo all’arcivescovo, ed è un fatto che l’imprenditore si accolla il rischioso finanziamento che la banca aveva corrisposto al vicario di Cristo. Un multicurrency da 28 milioni di euro, uno strumento finanziario ad alto rischio, il top della speculazione per i divi della finanza, che giocava sul rialzo e il ribasso dello yen giapponese con l’euro. I 28 milioni rappresentavano una parte dell’affidamento che CariChieti aveva concesso alla Fondazione In Veritate e Charitate sempre con questa formula di avanzata speculazione, per un totale di 60 milioni di euro.

PUÒ UNA BANCA di provincia fare questo? Può un vescovo ottenere tanti soldi senza giustificazione alcuna, spiegando allegramente che la Fondazione voleva procedere “a un programma di investimenti”. Era una onlus, non una Spa. E – in nomine patris – quali investimenti? L’imprenditore Repetto, che per lo sbarco a Pescara aveva costruito una società ad hoc, la Pescara Project, è rimasto infilzato dal multicurrency. Accusa la banca di averlo traviato, sedotto e infine espropriato della sua capacità di gestire il contante e oggi di vendere il costruito. Bankitalia negli ultimi anni ha promosso quattro ispezioni. Ha visionato e censurato. Ma le censure sono apparse carezze se poi lo sporco è rimasto tal quale. Siamo ad oggi: la banca è sul ciglio del burrone. L’imprenditore impreca, il monsignore prega, la politica non ricorda, e anche la città ha un vuoto di memoria.

Da: Il Fatto Quotidiano, 8 novembre 2015

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