Sindaci a 5 Stelle: il ragazzo, il poliziotto e l’avvocato

sindaci_m5sNettuno, sul litorale laziale, che ha conosciuto la ‘ndrangheta dei Gallace e la camorra dei Casalesi, il sindaco è un ex poliziotto e il suo vice pure. Salendo verso i Castelli, a Genzano, la piccola Mosca, il nuovo primo cittadino è un ragazzo di 28 anni condotto per mano al municipio da elettori orfani del loro passato, il Pci, e del loro condottiero, l’amatissimo Gino Cesaroni. Dodici chilometri verso la Capitale e s’incontrano le vigne di Marino, la città reduce da un’inchiesta giudiziaria che ha azzerato i vertici dell’amministrazione comunale e ha spalancato le porte a un avvocato di 43 anni, ex militante di Alleanza nazionale.

Tre identità, un solo simbolo Tre sindaci, tre identità, ma un solo simbolo: Cinque Stelle. Il movimento grillino sbaraglia destra e sinistra, avanza sul litorale, dove si dice pronto alle prossime conquiste, Anzio e Ardea, e occupa il crinale compreso tra i due pilastri della scuola della sinistra italiana: quella della Cgil ad Ariccia e la capitale del comunismo italiano, Frattocchie, frazione, appunto, di Marino. E la cosa stupefacente è che in ogni luogo il Movimento offre al mercato politico l’uomo giusto, il colore giusto, il profilo giusto.

L’uomo d’ordine è stato candidato a Nettuno dove l’ex vicequestore Angelo Casto ha sbaragliato gli avversari e ridotto al lumicino il Pd che, come a Roma, era corso dal notaio per sfiduciare il suo sindaco, incappato in guai giudiziari e in una tignosa inchiesta della Procura della Corte dei conti che gli imputa danni erariali, indagine poi sfociata nel sequestro conservativo dei beni immobili dello sfiduciato. La prima misura, nelle ore immediatamente successive all’elezione, del neo sindaco grillino è stata quella di far spegnere le luci e i condizionatori in municipio e avanzare ai responsabili degli uffici comunali una domanda: come pensi di poter lavorare meglio? Cosa serve alla tua città? Cosa c’è che non va nei tuoi uffici?

Pragmatismo a livello principiante eppure schiaffo salutare e applaudito in una città di 47 mila abitanti in cui le malversazioni si sono ripetute innalzando sempre l’asticella del fantasy: per esempio l’appalto per la nuova nomenclatura di strade e piazza, ma soprattutto l’indicizzazione dei numeri civici. Un appalto da un milione e mezzo di euro a cui i cittadini sono stati chiamati a dar corso col proprio portafoglio: a ogni piastrella di ceramica col nuovo numero civico apposto sul portone di casa è corrisposta una tassa di 54 euro. Sono seguiti tumulti verbali nei bar, bestemmie pesantissime e proteste megagalattiche, tipo questa: “Nel mio condominio c’è un solo portone e un solo numero civico, ma sono giunti 52 bollettini di pagamento. Uno per ogni condomino. Ahò, ma quanto ci costa sta piastrella?”.

Le 12 sfide e i 7 ballottaggi vinti I grillini nel Lazio hanno vinto sette dei dodici ballottaggi, e naturalmente nei sette c’è quello maestoso di Roma. Non è chiaro se sia stata l’onda lunga della Capitale, “tutti parlano di questa onda lunga, ma noi a Genzano abbiamo vinto per la particolare radice popolare del Movimento”, dice la senatrice Elena Fattori, genzanese, una delle più votate in Italia dalla base, al tempo della consultazione in Rete per le candidature in Parlamento. “Genzano ha una forte identità di sinistra, da noi il partito al governo è stato sempre il Pci e i suoi eredi, io sono stata sposata da Gino Cesaroni, il sindaco più amato in assoluto”, ricorda la Fattori. Genzano, la piccola Mosca, ha ospitato gli Inti Illimani al tempo in cui il gruppo fuggì dal Cile barbarico di Pinochet, ha conosciuto le lotte bracciantili, le campagne per l’acqua pubblica, i beni comuni, le pari opportunità. “La nostra gente si è ribellata alla progressiva opacità della sua classe dirigente e con noi è voluta tornare alle origini”, continua la Fattori. Le battaglie per l’abolizione dell’Imu agricola, qui sentita come un’offesa gravissima dai compagni in pensione, ciascuno con la propria vigna e il piccolo orto, per l’ambiente, per il ciclo dei rifiuti senza inceneritori, hanno avuto ragione su una nomenclatura asfittica, oramai sazia ereditiera di antenati ricchi di voti. “Ci hanno votato giovani e anziani”, ricorda la senatrice. Un ragazzo di 28 anni, laureato in Giurisprudenza ma istruttore di nuoto, Daniele Lorenzon, ha fatto bingo: al ballottaggio non c’è stata storia e lui ora è sindaco. Rigenerazione, palingenesi, approccio volontaristico alla politica. Daniele per adesso tiene il diario delle cose che fa su Facebook. Come in una diretta live ha dato conto di un incendio che ha colpito l’impianto di tritovagliatura di Roncigliano nelle prime ore del suo mandato. Commenti entusiastici per questa prova di fact checking istituzionali.

Casse vuote e porte spalancate Ai Castelli non c’è Virginia Raggi, non sono presenti, o almeno non appaiono nella loro virulenza, le lotte fratricide in seno al direttorio e per fortuna non esistono i problemi che ha Roma. Giunte praticamente tutte completate e lavoro già avviato. “Sono ore faticose, però ho trovato i conti in ordine nel mio Comune anche se le casse sono vuote”. Il 43enne Carlo Colizza è il nuovo sindaco di Marino. Anche qui porte spalancate da arresti e inchieste: l’ex sindaco (del centrodestra) arrestato per mazzette, la giunta sbaragliata, la classe dirigente messa in fuga dalla rivolta popolare. Dice il sindaco: “Perché non hanno premiato il Pd? Il guaio l’aveva combinato il centrodestra eppure tutti hanno percepito che solo i Cinque Stelle avrebbero potuto portare il cambiamento. Io ho un passato, seppur lontano, nel centrodestra, ma questa eterogeneità di presenze significa una cosa sola: non esistono più destra e sinistra. Esiste un modo di governare, un’idea di sviluppo, la forza che noi mettiamo per dare attuazione alla trasparenza, non lasciare da soli gli ultimi e dire no ai poteri forti. Il mio primo no è pronto: negherò la cementificazione di cento ettari, un milione e duecentomila metri quadrati di nuove costruzioni. Non ce n’è bisogno, Marino è piena di case invendute, di vani sfitti, di locali vuoti. Si riparte da lì”.

Da: Il Fatto Quotidiano, 10 luglio 2016

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