Palazzo Mariuccia, il Parlamento pieno di matricole e novizi

Lui, il piccolo, con la camicia bianca chiusa in gola da un farfallino esausto: “Mamma, ho da fare la pipì”. Lei, allarmatissima moglie del neosenatore: “Non lo dire neanche per scherzo. Ma non vedi dove siamo?”. Siamo nel corridoio che conduce all’aula di Palazzo Madama, oggi zeppa di congiunti inorgogliti che conducono a fatica i propri corpi e quelli della prole verso il fatidico passaggio di babbo o mamma sulle poltrone di velluto rosso antico, da legislatore della Terza Repubblica.

È QUESTO un Senato formato junior, più sprintoso che mai. Signore ma giovani, alcune ancora con l’aria di ragazze attardate, come Gabriella Giammanco. Berlusconi l’ha voluta deputata nel pieno dello splendore e ora l’ha trascinata qui, l’ha resa senatrice: “Devo ancora abituarmi a questo luogo. Mi sembra tutto così strano”. Maria Rosaria Rossi, non per niente soprannominata “la badante” ai tempi in cui organizzava l’agenda e la vita dell’ex Cavaliere, è lì vicino a soccorrerla.

Strano, forse stranissimo questo tempo e questo luogo anche per Sabrina Ricciardi, rigorosa in un abito di sartoria, dai tratti delicati, lo sguardo un po’ frastornato ma cosciente, consapevole dell’impegno. Lei rappresenta la seconda ondata grillina, la maturità raggiunta e anche una certa classe, una compostezza, e anche uno status da nuovo potente, che cinque anni fa sembravano sconosciuti. “Piacere, sono la senatrice De Lucia”. Si danno il lei e c’è un perché. La dirimpettaia chi è? Giornalista o collega, amica di gruppo o nemica?

“Scusa, sai dov’è il bagno?”, interroga una signora in tailleur e scarpe rosse vive, leghista di sicuro che chiede al compagno di cordata, Roberto Calderoli, un’indicazione utile.

Non è attesa tremante questa, ma momento lieto, ozio proficuo, sorriso ascendente. Ecco Daniela Santanchè in versione Fratelli d’Italia dopo essere stata la pitonessa del Cavaliere. Trasferita da Montecitorio e più custodita oggi rispetto a ieri. In effetti il centrodestra si distingue per mise: più approssimato e casual quello leghista, ricercato, a volte sfarzoso quello forzista. In mezzo, né pitone né jeans, la Meloni, tutta di bianco bestita, la voce flebile del centrodestra e, a vederla come alza gli occhi al cielo, anche la meno pronta a spiegare le mosse che verranno.

SE SEI DI FRATELLI d’Italia il Lazio è la regione d’elezione. Parli Lega? Allora Veneto e Lombardia. Grillini del sud invece: siciliani, calabresi, pugliesi. I dialetti si sentono e i gruppi si ricompongono per geolocalizzazione. “Io? Sono la senatrice Toffanin, da Rovigo”. Giuliva, veramente felice, la signora è coccolata dalla famiglia, i figlioli sono emozionati e anche lei tantissimo. Come la moglie di Domenico De Siano, boss forzista di Ischia, transformers isolano, accumulatore di poltrone (sindaco, consigliere provinciale, regionale). Oggi qui, finalmente. La sua signora: “Contentissima”. E contento è Luigi Cesaro, conosciuto come Giggino ’a purpetta, per via dell’identità popolare, della grammatica faticosa e delle amicizie, a volte non specchiatissime. Sono due forzisti del sud sopravvissuti all’onda anomala.

UN TERZO debuttante e è emiliano. “Noi eravamo fritti in partenza, il vento ci era contro e portava verso quelli lì”, indica col dito Vasco Errani, che mai avrebbe immaginato che la sinistra finisse in friggitoria e che, dopo un quarantennio nel partito Stato, si ritrovasse a galoppare in Senato nella scuderia di Liberi e Uguali, fanalino di coda dei partiti in campo, piccolo e quasi inutile purtroppo, già da rifondare.

Chi si è salvato, per un soffio o poco più, comprende che la mestizia è problema di altri. “Ho schivato la ghigliottina, vorrei vedere!”, dice Gianfranco Rotondi, intramontabile e inimitabile democristiano avellinese da trent’anni aggregato in solitaria al carro berlusconiano. Fabrizio Cicchitto non è riuscitio nell’impresa pluridecennale di farsi candidare ed eleggere. Oggi è qui, perché casa sua è Montecitorio. Però lontano dall’emiciclo, fuori dai giochi, dai vertici, dallo straordinario teatrone della politica.

E lui Bruno Marton da Milano oggi è venuto a vedere per l’ultima volta com’è fatto il Senato. Un grillino non rieletto, una scalogna cosmica, impossibile nemmeno a pensarsi: “Ero candidato a Milano, collegio faticosissimo. Comunque è stato bello”. Il suo gruppo si è gonfiato così tanto da arrivare a quota centodieci. Tutti dentro ma lui no: “Con la politica ho smesso a meno che non mi chiederanno di fare qualcosa che abbia un senso. Ho ripreso le redini della mia società, torno a fare quel che ho sempre fatto”.

TORNA A CASA mentre qui la festa è appena iniziata, la buvette è zeppa di corpi, i panini si dileguano in mille mani, il rito si consuma tra le crocchette fredde. Da qui chi si muove? “Quando vedranno il primo stipendio penseranno a uno scherzo, quando giungerà il secondo invece capiranno che tutto è vero. Il Paradiso è qua”, dice il forzista Paolo Russo.

Il paradiso. Una signora leopardata, super sorridente e super soddisfatta, avanza a Montecitorio. Eletta all’estero, Nord America. Tra il Quebec e l’Ontario ha ritrovatro l’Italia e oggi si gode l’elezione. Biglietti da visita già fatti, e tanta voglia in borsa. “Mi chiamo Francesca La Marca, piacere”.

Da: Il Fatto Quotidiano, 24 marzo 2018

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