Il dirigente tiene famiglia: dà 54 appalti senza gara. Al fratello

Sotto soglia, sotto copertura, sotto traccia, sotto sopra. Cinquantaquattro appalti, da fratello a fratello.

Molti modi ci sono per fare il furbacchione, il primo dei quali per Stefano Miola, dirigente agli Affari generali del Comune di Saonara, diecimila abitanti in provincia di Padova, era di provvedere anche alla cura del fratello Filippo, proponendogli appalti pubblici senza le asprezze di una competizione troppo serrata con altre aziende. In questo caso, secondo le prime notizie, tutto avveniva in famiglia con reciproca soddisfazione. Essendo l’appalto di un valore inferiore ai 40 mila euro, Stefano agiva sotto soglia: valutava personalmente la meglio ditta attrezzata per dare al Comune di cui è dirigente, appunto Saonara, il servizio che necessitava.

Stefano Miola per cinquantaquattro volte (54, in cifra) ha scelto la Array System di Filippo Miola, appunto il fratello. Il top. Esperto in informatica, responsabile del settore digitale di Confindustria Vicenza di cui è vicepresidente, Filippo fatturava poi al Comune ciò che Stefano chiedeva nella modalità “sotto soglia”.

Bello così. Stefano ha appaltato a Filippo cinque lavori nel 2015, sei nel 2016, sette nell’anno successivo. Nel 2019 gli affidamenti intuitus personae sono stati cinque, nel 2020 sono balzati a dodici, nel 2021 si sono ridotti a otto.

In tutto cinquantaquattro volte Filippo, cinquantaquattro appalti vinti e soprattutto aggiudicati senza il batticuore della gara, l’ansia da prestazione, la paura di non farcela. È purtroppo accaduto che alcuni invidiosi abbiano segnalato alla procura questa particolare fratellanza. La procura si è fatta mandare le carte e Stefano, il dante causa, è finito nei guai. Pensiamo che anche Filippo, il ricevente, potrà avere qualche problemino e pure Confindustria d’ora in avanti a spiegare com’è bella la concorrenza!

da: Il Fatto Quotidiano, venerdì 27 maggio 2022

Ecco il “Teorema Bolle”: all’inferno i senza colpa

Roberto Bolle non inviterà danzatori russi nel suo spettacolo. Anche se non sono correi di Putin, anche se non sono corifei del regime. Anche “se sono senza colpa”. Essere incolpati della propria innocenza, se non ho capito male. Perché Bolle pensa che sia giusto “in un momento come questo, fare pressione sulla Russia anche in questo modo”. Persino nella danza, che è la più formidabile arte con cui il corpo si eleva e diviene suono, disegno, immagine, e a opera di uno dei suoi interpreti più illustri al mondo, la retrocessione tra gli indegni è processo inappellabile. Il salto all’ingiù verso l’abisso della discriminazione razziale (senza per questo ridurre di un grammo il peso dei crimini del governo russo) è appunto che non si discrimina in ragione del tasso di putinismo a cui imputare a ciascuno la ragione dell’esclu – sione, ma del fatto di essere russi. Perché – spiega Bolle – questo momento storico induce a fare pressioni anche di questo tipo. Se Bolle ci avesse pensato ancora un po’ si sarebbe accorto che l’estensione del suo principio produrrebbe la migrazione verso l’inferno di una moltitudine di incolpevoli. Quanti siriani, vittime di Assad, dovrebbero pagare per Assad? E quanti libici, umiliati dai ras locali, sarebbero additati come amici oggettivi dei criminali che gestiscono per mare il mercato dei profughi? E gli egiziani piegati da Al Sisi li trascineremmo sul banco degli imputati accusandoli di non aver fatto abbastanza per battere Al Sisi? E i turchi per Erdogan? Ci dica Bolle chi avrebbe potuto inv i t a r e a l s u o grande spettacolo degli Arcimboldi prossimo venturo. Un danzatore cinese, per caso? Uno coreano? Un filippino, un sudanese? Chi? Troppi sarebbero gli incolpevoli a cui dare una colpa. Una e purchessia.

da: Il Fatto Quotidiano, martedì 2 maggio 2022