Chi ha voluto il Rosatellum? Il Pd, Forza Italia e la Lega. Cos’è il Rosatellum? Una legge elettorale per tre quarti proporzionale più un blando correttivo maggioritario. Cosa aveva invece proposto il M5S? La legge elettorale tedesca fondamentalmente proporzionale con un appena più accentuato correttivo maggioritario. Tutti dunque tenevano al proporzionale. Ma nessuno aveva badato alle conseguenze tipiche dell’effetto ottico. Il proporzionale è infatti un sistema capace di farti perdere anche se vinci oppure, e peggio, riesce a far credere a tanti di essere maggioranza fin quando non fanno di conto e scoprono di essere minoranza. Per cui, invocati dall’emergenza, al capezzale della legislatura giunge infine un largo schieramento trasversale di sconfitti che, pur di tenerla in vita, guadagnano la maggioranza: il cosiddetto partito del cucù.
Francesco Fabbrizzi: “Renzi è la nostra luce. Il M5S ci tenta? Il nome del premier lo facciamo noi”
“Il fegato, i reni. Soprattutto il cuore. Sono renzianissimo dentro, e il dispiacere di non aver conosciuto Matteo si aggiunge alla delusione che gli italiani non hanno capito la modernità della sua politica”. Francesco Fabbrizzi è il sindaco di Radicofani, la rocca della cintura senese che fu casa e rifugio del brigante Ghino di Tacco, personaggio di cui si infatuò Bettino Craxi. Ghino di Tacco fu lo pseudonimo col quale il leader del Psi dominò la scena politica facendo pesare il suo piccolo bottino elettorale oltre il possibile.
Renzi potrebbe essere il nuovo Ghino di Tacco, e lei il sindaco del suo fortino.
I tempi sono cambiati e non credo che a Matteo possa riuscire quel che Craxi fece.
Fabbrizzi, lei è innamorato della politica e del suo partito, il Pd.
A 16 anni ero iscritto ai Ds, a 19 consigliere comunale, a 24 vicesindaco, a 29 sindaco. Per dire che la mia vita – ora di anni ne ho solo 33 – è stata una dedizione assoluta.
Renzi è la sua luce.
Senza di lui cosa rimane? Senza il suo piglio, la sua energia, la forza e la tenacia con la quale ha disegnato il percorso cosa c’è?
Ma proprio grazie al suo disegno avete avuto batoste inenarrabili.
Nessuno può convincermi che gli 80 euro non fossero un aiuto ai ceti più popolari del Paese. Anch’io per un anno ne ho goduto.
Un anno solo?
Poi in verità me li hanno tolti.
Che lavoro fa?
Operatore del servizio Acquedotti.Continue reading
Milano, le mazzette tra l’anca e l’esofago
Dove c’è un ospedale c’è una tangente. E’ sempre così, è quasi ovunque così. Che sia sanità disastrosa (Calabria) o eccellente (Lombardia) il pizzo, il pegno, il dazio risultano oramai un obbligo ineliminabile, una consuetudine assoluta, una tappa suggerita ai frequentatori di questi luoghi.
Di qualche ora fa la notizia di quattro primari arrestati a Milano. Corrotti, secondo l’accusa, da chi confeziona e vende le protesi mediche.
L’uomo sarà anche peccatore, ma è insopportabile che ogni peccato si consumi prevalentemente dove il dolore chiede di essere alleviato.
Oramai i partiti sono estinti, tranne che nelle corsie degli ospedali. E anche i sindacati, resi un corpo tumefatto e immobile, vivono una vita effervescente solo in quelle stanze.
In un ospedale si avrebbe da chiedere umanità, pietà, competenza e anche pazienza. Invece ci ritroviamo sempre a far di conto con il solito pugno di mazzette sparse tra l’anca e l’esofago, il cuore e i polmoni.
Di ragù si può morire, se l’idiozia diventa questione di massa
Una signora modenese di 47 anni minaccia sua madre settantenne con un coltello. Motivo: mamma sta preparando il ragù e la figliola – vegana – reagisce all’affronto con l’arma finale. Concordo con voi: la questione dovrebbe essere devoluta a un bravo psichiatra. Prima dello psichiatra c’è però un elemento su cui riflettere: le passioni, le scelte di vita, sempre più spesso si trasformano in ossessione e non sembra esserci cura. La politica, il calcio, gli animali. Adesso persino il cibo. E la passione si trasforma in ossessione appena il tema diviene televisivo, assurge a stile di vita, a questione popolare, e non c’è modo per contenere la smodatezza dei comportamenti, l’esondazione del pensiero in filippica quanto non in gesti violenti. Siamo riusciti a realizzare un fronte di guerra persino sulla vaccinazione, illustrando (e le librerie sono purtroppo piene di tomi esplicativi) conflitti armati tra pro vax e no vax.
L’idiozia dovrebbe essere selettiva. Ma se diviene di massa?
I due Matteo: Salvini A non sa o non ricorda cosa fa Salvini B
C’è un Salvini A e un Salvini B. Un Matteo di diritto e un Matteo di rovescio. E la cosa stupefacente è che il primo Salvini non sa che combina il secondo. Matteo, per esempio, non sa o non ricorda che il Rosatellum, questa immonda legge elettorale, è anche opera sua. Anzi, per dirla tutta, dobbiamo ringraziare lui se è stata approvata. I due Matteo infatti non si parlano, e quindi il primo non sa nemmeno che il secondo ha ottenuto, durante la campagna elettorale, un aiutino, qualche migliaio di voti, da Giuseppe Scopelliti, ex sindaco di Reggio Calabria ed ex governatore della Regione, da ieri costretto al fermo tecnico in carcere per averfalsificato i bilanci della sua città, oggi in dissesto, al tempo in cui la sgovernava. E Scopelliti insieme a Gianni Alemanno, inquisito per finanziamento illecito e incappato nelle maglie dell’inchiesta su Roma Capitale – aveva fondato il movimento per la sovranità. Quella che tanto piace a Salvini, il primo dei due.
E Matteo, il primo Matteo, neanche sa o ricorda che il suo alter ego si era fatto ritrarre in una bella foto al mare con Alessandro Pagano, a cui ha concesso l’onore di guidare il movimento in Sicilia, con un bel curriculum politico alle spalle: una sorta di re del trasformismo. Ai domiciliari per voto di scambio sono finiti in questi giorni il coordinatore palermitano Salvino Caputo e suo fratello, candidato non eletto alle regionali.
Se Matteo sapesse, altro che ruspa…
DINASTIE. Orgoglio da metalmezzadri: “Ma si lavora e si muore di più”
PIETRANGELO BUTTAFUOCO E ANTONELLO CAPORALE inviati a Terni
Generazione Acciaio. Roberto, Fabrizio e Juri. Come nonno, figlio e nipote, come una vita lunga un secolo e un quarto, come la tuta, perenne quanto il fumo in cielo e la polvere nei polmoni. Come Terni, centro di gravità permanente del laminatoio. Metalmeccanici altrove, metalmezzadri qui, e presto capiremo il perché.
Dei suoi 32 anni passati lì dentro ricorda la felicità esagerata, quell’euforia incontenibile dovuta all’arruolamento nella fabbrica che era come un matrimonio. La sposa perfetta era la tuta, compagna di vita, amore indiscutibile. Il laminatoio, il forno, la polvere, il rumore del martello. Roberto Marroni ora ne ha ottanta di anni e tiene il conto della gioia che gli ha fatto vivere la sua fatica, l’onore di essere operaio come gli altri, come tutti. “Si andava al sindacato che ti procurava il lavoro e la fabbrica era il nostro destino da conquistare a tutti i costi, l’aggiudicazione di uno status sociale, la fatica benedetta di ogni giorno quanto una fortuna, quanto il nostro piacere. La fabbrica insomma era il nostro Sol dell’avvenire”.
Terni era la fabbrica, le case subivano il ritmo di espansione dei reparti: più acciaio più camere da letto, più comodità, più acqua calda. Più polvere, più orti. Più scorie nell’aria, più insalata a terra. Perché Terni ha anche prodotto la figura del metalmezzadro, metà giornata in fabbrica e metà nei campi. Sicuramente operai ma ancora contadini: falce e martello, appunto.Continue reading
Polveri di Terni. Il partito della salute contro il potere d’acciaio
PIETRANGELO BUTTAFUOCO E ANTONELLO CAPORALE inviati a Terni
Quel che si ama, rimane. Il resto, per dirla col Poeta, è scorie. È una pappa di cromo e nichel, quel miasma. E siccome tutto ciò che è solido, come ricorda Karl Marx, si dissolve nell’aria, ecco che le scorie, nella dispersione incontrollata dei fumi, diventano pulviscolo. E sono fiocchi di un guano spettrale che va a spalmarsi sui tettucci delle automobili, sulle spalle dei passanti, mischiata alla forfora, e così tra le zolle dei terreni intorno ai camini operosi di quella che comunque è in rapporto alla popolazione – e con ben 18 multinazionali operanti in città – il secondo polo industriale d’Italia.
TERNI È LA TERZA città d’Italia con oltre centomila abitanti a essere andata in bancarotta. È stata città Stato, città cellula, pupilla dell’occhio vigile del Partito Comunista, poi laboratorio delle trasformazioni della sinistra, oggi prossima a diventare grillina o più coerentemente – e si dovrà trovare il perché – leghista. Tra qualche settimana si vota e i risultati del 4 marzo non danno scampo. Nessun sogno, nessun onore al Pd schiantato dalla fatica di essere l’erede di un potere immanente e affluente, luogo di scambio di favori o bisogni: il lavoro in fabbrica attraverso il sindacato oppure a libro paga nei servizi assolti dalle cooperative, una per tutte la Actl, la padrona della città: mense, assistenza ai malati, diagnostica, tempo libero e pure la gestione delle cascate delle Marmore. Tutto affidato in una connessione sistemica, quasi sentimentale. A volte persino superando il diritto, sopravanzandolo con il principio di realtà. Inchieste e veleni. Anche qui scorie.Continue reading
Frizzi e la scoperta della gentilezza: parola antica ma trascurata
Un grande poeta italiano e mio caro amico, Pierluigi Cappello, scomparso pochi mesi fa, era spesso chiamato il poeta della gentilezza. Per la capacità dei suoi versi di trasformarsi in carezza, per lo lo sguardo dolce e mite del suo pensiero, il seme della conoscenza.
E gentilezza è la parola che oggi si unisce a un’altra persona molto popolare che è andata via: quella di Fabrizio Frizzi. Non c’è confronto culturale tra i due personaggi, ma non è questo che ora conta. Vale di più, forse, il fatto che la morte di Frizzi ci abbia costretto a riaprire il vocabolario e rileggere questa parola così antica, bella ma trascurata: la gentilezza.
VIAGGIO – Chi ride, chi piange (tipo Bossi)
Iniziamo da chi ha vinto. Per esempio Elio Lannutti, il senatore Cinquestelle sempre dalla parte dei cittadini: “Non si digerisce, per inghiottirla ho dovuto chiudere gli occhi e pregare che il mio stomaco fosse compassionevole”. È alla buvette ma non parla del salmone andato a male. Il bocconcino storto, amarissimo si chiama Elisabetta Casellati, la pretoriana di Berlusconi, l’avvocatessa delle leggi ad personam. Lui l’ha dovuta votare e Andrea Cioffi, della stessa squadra pentastellata, fa training autogeno: “Ma chi ha cacciato Berlusconi da questa Aula? Chi se non noi?”. Tolto il reflusso gastrico, che pure è stato potente per alcuni, la partita doppia ieri non ha avuto storia. E il silenzio col quale il Transatlantico di palazzo Madama ha accolto il passaggio di Matteo Salvini verso l’Aula, con una deferenza che neanche a De Gasperi fu riservata, marchia a fuoco il senso della svolta.
IL FORZISTA Renato Brunetta, che nei momenti di calma è ipercinetico, ieri era letteralmente in fiamme. Avvolto da lingue di fuoco, da una rabbia nero fumo, procedeva al telefono sviluppando cerchi concentrici. Non ha mai smesso di girare in tondo per una buona mezz’ora, e mai ha staccato dalle orecchie lo smartphone: “Pe-ri-co-lo-so”. “Non sarò più capogruppo, è un mestiere troppo pericoloso”. Infuriato per la piega degli eventi e per il sopruso col quale Salvini ha steso il titolare della ditta, e l’irrisione di cui ha poi dato prova dopo essere uscito da palazzo Grazioli: “Gli ho portato un gelato”. Sottinteso: al vecchio. E grassa, pingue, sonora la risata di Toninelli, la gioia con la quale lui e Di Maio hanno salutato Fico sullo scranno di presidente della Camera, come lieve, di circostanza, ridotta a un puro esercizio muscolare quella di Luigi Zanda, capogruppo in uscita di un Pd in disarmo: “Mamma mia, meglio non pensare a quel che abbiamo fatto. Anzi, a quel che non abbiamo fatto. Ma vedo che quello parla, parla”.Continue reading
Beppe Grillo tra il sogno di una società più giusta e il guaio di aver marchiato a fuoco tutti i giornalisti
Tra le cose buone che ha fatto Beppe Grillo, che è pur sempre un comico, è aver dato a tanti italiani una direzione alla propria passione, un’idea alla vita e anche un conforto a quella che oggi sembra purtroppo solo una suggestione: una società un po’ più giusta, meno potenti sul calesse, meno poveri in giro. Ha combinato anche guai e tra questi il più cattivo è aver marchiato a fuoco sotto il timbro della indegnità, del leccaculismo, della viltà una intera categoria di lavoratori che sono i giornalisti. Intendiamoci: i giornalisti sono come i tubisti, i dentisti, gli elettricisti e quel che vi pare a voi. Bravi e meno bravi, coraggiosi e vili, di potere o di piazza, onesti o manipolatori. Nessuna novità al riguardo. E truffatori, cannibali, fancazzisti, idioti o geniali si ritrovano in ogni arte e mestiere.
Averli trasformati tutti in una accolita di pennivendoli ha permesso la più odiosa delle accuse: colpevole per razza. Sei giornalista? Dunque sei venduto, oppure rappresenti qualcuno, portavoce o meglio portaordini. E così è successo che ieri, invitato a un dibattito al Tg3, abbia dovuto ascoltare un deputato di Forza Italia, Francesco Paolo Sisto, replicare a una mia breve e piuttosto scontata analisi sul tramonto del berlusconismo come fossi il rappresentante dei grillini: “Voi zitti eccetera eccetera”. Eh sì. Essendo giornalista del Fatto Quotidiano potrei mai scrivere e pensare in libertà, secondo quel che mi frulla in testa? E il mio giornale può mai rappresentare le proprie idee come ritiene giusto? Dev’essere per forza apparentato con qualcuno, finanziato da qualcuno, cooperante o cospirante con qualcuno.
E così il comico Beppe Grillo, che ha dato passione a tanta gente, ha ridotto un pezzo della società in schiavitù e ora si ritrova, perché la storia ricambia sempre le cortesie, ad essere lui il potente di turno e lo schiavista di Palazzo. Ha dato a noi giornalisti l’etichetta di pennivendoli, in modo che voi lettori simpatizzanti del movimento poteste sentirvi autorizzati a coprire di insulti chiunque e ora si ritrova, per il principio del contrappasso, tante penne catalogate – a sua insaputa – come già vendute a lui in modo che voi lettori antipatizzanti del movimento possiate sentirvi autorizzati a coprire di insulti chiunque abbia idee che non collimano con le vostre.
Buone contumelie a tutti.