Pasta, sugo e una spolverata di diossina

granoMARCO MORELLO

A vederlo il paesaggio è di quelli che lasciano senza fiato: un trionfo di spighe gialle e altissime stipate in un’area di ventisette ettari dentro il parco di Veio, a due passi da Roma. Belle, bellissime, ma potenzialmente pericolose, perché cresciute su un terreno sequestrato tre anni fa dalla procura, una volta accertata la presenza di numerose sostanze tossiche. Qualcuno, infischiandosene del divieto, ha però rotto i sigilli seminando in lungo e in largo. E ora, con l’arrivo dell’estate, potrebbe raccogliere i frutti del suo lavoro e vendere quel grano sul mercato, con il rischio ragionevole che finisca sulle nostre tavole.
A sentirla la storia ha dell’incredibile: tutto ha inizio nel 2004, quando una partita di 1.300 quintali di grano duro contaminato, coltivato all’interno di Formello, entra nei circuiti tradizionali di distribuzione, viene trasformato in farina prima e in pasta poi. Solo dopo il clamore suscitato da uno scandalo giornalistico l’Istituto superiore della Sanità svolge delle indagini e riscontra la presenza di diossina e materiali pesanti come cromo, mercurio e zinco sul terreno d’origine. A quel punto, è il 29 maggio del 2005, la procura di Tivoli non ha scelta e deve sequestrare l’intera zona, affidandone la custodia giudiziaria al proprietario, il Comune. Che, a quanto pare, non avrebbe mai provveduto a effettuare la bonifica dei ventisette ettari o, almeno, a sorvegliarli adeguatamente. Così, nuovi oscuri interessi si sarebbero potuti concentrare nell’area, mettendo a serio rischio la salute pubblica.Continue reading