Grande spreco, piccola reazione

In Italia ogni emergenza si fa industria. Oggi i migranti, ieri gli alluvionati o i terremotati. Abbiamo sperimentato l’emergenza per la munnezza a Napoli (circa sei miliardi di euro il totale fatturato), e prima ancora per il traffico di Roma, per le gondole di Venezia. Finanche i campionati di ciclismo a Varese e la processione del Papa a Loreto furono gestite con i fondi della Protezione civile. Emergenza significa urgenza che vuol dire deroga e poteri speciali. Cioè appalti senza gara, affidamenti senza prove, lavori senza collaudi. Cioè la cuccagna perfetta per i professionisti dello spreco, l’attività collaterale e indistinguibile di ogni buona emergenza che si riconosca. Così la disperazione umana, la migrazione dal sud al nord del mondo è divenuta presto un business, e l’accoglienza un esercizio contabile. Il migrante da disperato si è trasformato nella percezione pubblica, grazie a una propaganda colpevole e collusa, in un succhiasoldi, uno scansafatiche, un renitente alla civiltà. Sono nati, nella fantasia coltivata su internet o in tv, colonie di migranti che a spese della collettività soggiornano in hotel a quattro stelle. Nessuno, fino a quando non è scoppiato il bubbone di Mafia Capitale, ha elencato la banale, elementare realtà: i migranti sono divenuti lo scudo umano, il chiavistello perfetto per organizzare, sulla loro pelle, una gigantesca frode pubblica. Attrezzare stamberghe, trasformarle in centri di accoglienza e succhiare soldi.Continue reading

olimpiadi

La rovina di Atene, intesa come l’ultimo sbuffo di una gestione irresponsabile delle risorse pubbliche, inizia con gli sprechi dell’Olimpiade che la capitale greca giustamente invocò per sé e poi sciaguratamente realizzò.
L’industria dei grandi eventi, al pari di un’altra grande industria, quella dell’emergenza, gode di moltissimi sostenitori anche in Italia. Finora è sempre stata un cratere dentro cui infilare ogni tipo di progetto, facendo falò di miliardi di euro.
Roma ancora subisce la vergogna di vedere chiuse le palestre e le piscine costruite dalla Protezione civile (sic!) al tempo dei mondiali di nuoto e già, affamata, assapora la ricca pietanza delle Olimpiadi del 2020, il piatto prelibato per i venditori di cemento. La lettura della cifra preventivata conduce di diritto all’incubo dell’ennesima prova d’orchestra. Spreco su spreco.
C’è solo da augurarsi che Monti chieda agli italiani un ultimo sacrificio compensato da una promessa: rinunciare alle Olimpiadi e in cambio vedere finanziate per non più della metà della spesa risparmiata le migliaia di piccole opere decisive per la messa in sicurezza del nostro territorio.
Sarebbero soldi finalmente ben spesi e l’Italia si ritroverebbe non solo più sicura, ma anche più ricca e – forse – più unita.

da Repubblica Sera

L’oro blu e il colabrodo della rete idrica nazionale

acquaorobluSABRINA PINDO

Qualche anno fa alcuni personaggi che a molti saranno sembrati allora dei ‘visionari’ dissero che l’emergenza del nuovo millennio non sarebbe stata la mancanza del petrolio come sbandierato da tutti sino a quel momento, ma quella dell’acqua. Mediaticamente era una notizia bomba. La chiamarono “l’oro blu” e i giornalisti giù a scrivere articoli e servizi per le televisioni, le riviste e i quotidiani. “Oddio, l’acqua finirà” campeggiava un giorno sì e un giorno sì in tutte le prime pagine e copertine.
Poi più nulla. Nessun provvedimento a livello globale o locale per risolvere il problema: né nel nostro orticello italiano, né nel giardino europeo , né tantomeno nel grande parco mondiale.
I giorni sono passati e i media si sono dimenticati che prima o poi saremmo stati a secco. Ma tutto d’un tratto ecco che le borse crollano, il sistema va in tilt, tutto il nostro benessere sembra ad un passo dalla sparizione. Siccome le cattive notizie non arrivano mai da sole, eccoci di nuovo a parlare dell’acqua. Questa antipatica che ha pensato bene di rimanere una risorsa scarsa proprio ora che i problemi ci arrivano fino al collo.
Altro che scarsa, l’acqua per i media di colpo è tornata ad essere una rarità.
Millimesimata direi, come il buon vino.Continue reading

Bianco che più bianco non si può

mastrolindoSABRINA PINDO

A Napoli il problema rifiuti è risolto. Pulita, limpida, la città partenopea è tornata in forma smagliante. Niente più maleodoranti sacchetti di plastica abbandonati per la strada. Dell’orribile munnezza accatastata ai margini della città nemmeno il ricordo.
Sicuri? Sicuri, sicuri? Ma certo! Lo ha detto anche il tg e ce l’ha pure mostrato. Le telecamere diligenti delle reti private sono corse a controllare, a dimostrare, a far vedere la Verità. Coscienza a posto quindi, andiamo pure al mare tranquilli.
In questa calda giornata estiva penso a quanti vivono vicino alle discariche, all’odore che sentono svegliandosi al mattino. In questa torrida domenica mi viene in mente che, se per caso non fosse come ci hanno detto i tg, se assurdamente la munnezza fosse ancora buttata là nei quartieri periferici, la gente di Napoli starebbe morendo per la puzza, sarebbe preoccupata per la propria salute. Già, uno scenario agghiacciante, anche a fine luglio. Mi permetto di segnalarvi queste fotografie scattate il 17 luglio, giovedì scorso. Rinfrescano l’animo.