olimpiadi

La rovina di Atene, intesa come l’ultimo sbuffo di una gestione irresponsabile delle risorse pubbliche, inizia con gli sprechi dell’Olimpiade che la capitale greca giustamente invocò per sé e poi sciaguratamente realizzò.
L’industria dei grandi eventi, al pari di un’altra grande industria, quella dell’emergenza, gode di moltissimi sostenitori anche in Italia. Finora è sempre stata un cratere dentro cui infilare ogni tipo di progetto, facendo falò di miliardi di euro.
Roma ancora subisce la vergogna di vedere chiuse le palestre e le piscine costruite dalla Protezione civile (sic!) al tempo dei mondiali di nuoto e già, affamata, assapora la ricca pietanza delle Olimpiadi del 2020, il piatto prelibato per i venditori di cemento. La lettura della cifra preventivata conduce di diritto all’incubo dell’ennesima prova d’orchestra. Spreco su spreco.
C’è solo da augurarsi che Monti chieda agli italiani un ultimo sacrificio compensato da una promessa: rinunciare alle Olimpiadi e in cambio vedere finanziate per non più della metà della spesa risparmiata le migliaia di piccole opere decisive per la messa in sicurezza del nostro territorio.
Sarebbero soldi finalmente ben spesi e l’Italia si ritroverebbe non solo più sicura, ma anche più ricca e – forse – più unita.

da Repubblica Sera