M5S, vietato pensare da soli

Beppe Grillo usa il mercurocromo con il suo movimento. Lo disinfetta da ogni possibile contaminazione, lo pulisce dalle abrasioni e dalle passioni della politica svuotando periodicamente (come fosse una bacinella piena d’acqua) la sua rappresentanza parlamentare di ogni senso politico. Da deputati portavoce a cittadini portaordini. Da attuatori ed elaboratori di un programma comune a esecutori muti del disegno d’origine. Succede sempre, ed è successo anche ieri quando Grillo, leggendo forse i giornali, ha scoperto che i suoi senatori erano riusciti per la prima volta a imporre a tutta la politica di interrogarsi se la questione del secolo, il flusso dei migranti dal sud al nord del mondo, potesse essere gestita solo con il codice penale e un variegato bouquet di misure di pubblica sicurezza. Proponendo l’abrogazione del reato di immigrazione clandestina (l’emendamento approvato così statuisce) il Parlamento si sarebbe trovato nella necessità di indicare e promuovere misure alternative e sperabilmente più efficaci di quel colabrodo che oggi è la legislazione di emergenza. Grillo ha allora preso in mano il mercurocromo e disinfettato la ferita provocata dagli incapaci senatori: il tema non è nel nostro programma, non è stato discusso, dunque è fuori dal codice di comportamento dei 5Stelle. Perciò l’emendamento è nullo. La firma congiunta con Casaleggio al post ha alzato il livello di apprensione tra i parlamentari e indicato la strada, la via maestra. Cioè il dietro-front.Continue reading

Faccia a faccia con il degrado

alemannocasaleMARCO MORELLO

Sono passati quasi cinque giorni, ma il degrado è ancora il sovrano assoluto nel casale lungo la Portuense dove venerdì notte sono stati aggrediti i due turisti olandesi. Ci sono vetri di bottiglie rotte e barattoli arrugginiti che emergono dalla sterpaglia, in ogni angolo escrementi di animali e preservativi usati pronti ad attaccarsi alle scarpe. All’interno, nell’edificio pericolante, un divano consumato dal tempo, tende-coperte di fortuna e un materasso sdrucito, di fronte al quale un cane bianco e smunto fa la guardia immobile. «È un’area privata, non potevamo intervenire più di tanto», afferma a voce bassa un carabiniere della vicina stazione di Ponte Galeria, quasi giustificandosi. Ma nessuno ha da muovere accuse: in attesa dell’arrivo del sindaco per un sopralluogo, qualcosa di importante si è già mosso. La Protezione Civile è già al lavoro per recintare i 400 metri dell’area e, a quanto pare, «stanno procedendo a tempi di record, finiranno stasera quando in genere per questo tipo di interventi ci vuole una settimana». Lo dice distrattamente un vigile urbano mentre si affanna a regolare il flusso dei veicoli che spuntano da ogni parte. Perché in un luogo così isolato, sospeso a mezz’aria tra la stazione di Ponte Galeria e i palazzoni minacciosi di Corviale, così tanta gente non si era mai vista.
«Abbiamo diffidato la proprietà di questo stabile – dice Alemanno mentre si avvicina al casale – affinché entro cinque giorni lo metta in sicurezza murandolo o abbattendolo». Non c’è «la padrona di casa» ad accogliere il primo cittadino, «è una signora anziana», spiegano alcuni residenti. Al suo posto ecco invece il fattore, che porta il sindaco a fare un giro approfondito dell’area: lui si informa, vuole sapere esattamente che cosa è successo in quel luogo «dimenticato da dio e dagli uomini», poi si indigna e bolla i due pastori come «bestie che non meritano perdono». In fondo, per dargli ragione, «basta vedere quello che hanno fatto».Continue reading

Miss clandestina

missclandestinaMANUELA CAVALIERI

“Solo la miseria è senza invidia”
Giovanni Boccaccio

Vent’anni. Curve sinuose, sorriso seducente. Bellissima. Ha un sogno: diventare Miss Muretto. Poi, chissà? Beatrice quest’estate ha incantato giurie e sbaragliato avversarie. Dopo essere stata eletta miss Optex a Pontebba e Miss Biopoint a Lignano, si è qualificata per la semifinale di Miss Muretto 2008. Giovedì è al villaggio olimpico del Sestriere con le altre finaliste. Scelgono il trucco, provano gli abiti. D’un tratto un suono sordo interrompe le risate, due carabinieri bussano alla porta della camera A32. La ragazza li guarda e in un istante capisce che tutto è perduto. L’illusione si sbriciola pietosamente. Non è più la bella e affascinante Beatrice, per i carabinieri è solo Mame Diarra Bousso Ramatu Ndiaye: senegalese e clandestina. Sulla scrivania della questura di Udine c’è una lettera, ovviamente anonima; racconta meticolosamente la vicenda, il vero nome, l’irregolarità, il decreto di espulsione. Povera Mame! Forse una sera hai sommessamente sussurrato a qualcuno la tua storia. Volevi alleggerire per un attimo il peso che ti gravava sul cuore, augurandoti di avere presto tra le mani quel maledetto permesso di soggiorno, passaporto per la felicità. Ma l’invidia è stata più forte. La miss non c’è più. Avanti la prossima.

La foto dello scandalo

fotoprostitutaMANUELA CAVALIERI

“Via del Campo c’è una graziosa
gli occhi grandi color di foglia
tutta notte sta sulla soglia
vende a tutti la stessa rosa.

Ama e ridi se amor risponde
piangi forte se non ti sente
dai diamanti non nasce niente
dal letame nascono i fior”

Fabrizio De Andrè , “Via del Campo” 1967

La pelle d’ebano, sporca di polvere. Lei è lì distesa, innaturale, scomposta. Non ha voglia di lottare. Si è dibattuta come una leonessa. Ora non più. Le forze già l’abbandonano. Piange sommessamente rabbia e tristezza. Pensa alle sue ibej, accoccolate sul comodino, accanto alla branda. Le aveva comprate al mercato di Abuja prima di venire in Europa. “Portano fortuna!” diceva la vecchia nonna. La fortuna, però, non ha solcato con lei il Mediterraneo. È ancora lì, nel canto juju della sua terra lontana.

Lessico da immigrazione e lunghe incomprensioni

legalitaeimmigrazioneSERENELLA MATTERA

Sbarchi, campi rom, viaggi della speranza, gommoni, barconi, clandestini, impronte, Cpt, identificazioni, espulsioni, ricongiungimenti familiari, caporali, scafisti, trafficanti, badanti, sanatorie, permessi. Compongono il lessico dell’immigrazione. Un lessico ormai quotidiano, alimentato da paure e cronaca, tragedie in mare e delitti, nomi e numeri.
Il ministro dell’Interno ha dichiarato lo Stato di emergenza in tutta Italia, per fronteggiare la «eccezionale pressione» esercitata sulla penisola dal flusso migratorio degli ultimi mesi. Nel primo semestre 2008 le persone sbarcate in Sicilia, Calabria, Puglia e Sardegna sono state 10.611. Erano la metà, 5.380, nello stesso periodo del 2007. «Se questo trend sarà confermato – ha detto Roberto Maroni – si arriverà a circa 30 mila arrivi entro la fine dell’anno».
Solo le cattive condizioni del mare fermano, a volte, la conta. Nel canale di Sicilia i pescherecci si sono ormai arresi a pescare uomini. Il 29 luglio ne hanno salvati 21 su 28. «Abbiamo visto dei cadaveri galleggiare – ha spiegato il capitano dell’Arias, che ha sette uomini di equipaggio – ma non eravamo attrezzati per riuscire a ripescarli. E poi dovevamo pensare ai superstiti». Nello stesso giorno in Sardegna sbarcavano 48 immigrati, 16 la sera prima.Continue reading

Fine di una… Love Story

MANUELA CAVALIERIcuorespezzato

Si chiama Love Story, come il polpettone romantico di Arthur Hiller.
È un noto bar salernitano in via Dei Principati. L’insegna ritrae due languidi amorini raffaelliani.
Ma è bene non lasciarsi intenerire dal nome e dall’iconografia.
Proprio lì, infatti, lo scorso 6 luglio, ordinarono qualche drink di troppo i rumeni ubriachi che uccisero un ragazzo investendolo con la loro auto in pieno centro.
La vicenda sconvolse la città, alimentando diffidenze e intolleranza.
A distanza di qualche settimana, il sindaco De Luca sembra aver trovato la soluzione ai disagi dell’immigrazione: chiudere i bar conniventi con gli stranieri.
“Ci sono alcuni bar – tuona – diventati covi di extracomunitari e comunitari, rumeni, albanesi, polacchi. Come il Love Story, dove alle 5 del pomeriggio ci sono rumeni già ubriachi che bivaccano vicino alla fontana del Trincerone. Questi bar li chiuderemo o ridurremo la loro attività ”.
L’idea del primo cittadino, al solito equilibrata e democratica, non poteva che essere accolta dal convinto plauso generale.
Ma a questo punto perché non collocare all’ingresso dei bar un piccolo ufficio mobile del comune con un addetto al controllo delle generalità?
Se il tutto risultasse eccessivamente dispendioso, basterebbe far indossare agli stranieri una simpatica stellina distintiva da apporre al petto.
In questo modo i baristi italici provvederebbero all’espulsione immediata dello slavo di turno e l’integrità della razza indigena sarebbe preservata da inopportune contaminazioni.

Fair trade

fairtradeFRANCESCA SAVINO

È una piccola storia, fatta di definizioni. L’assessore comunale al commercio di Trieste la chiama riqualificazione. I quindici venditori ambulanti senegalesi che hanno perso il posto per le loro bancarelle in piazza Ponterosso ritengono che sfratto sia una definizione più accurata. Sono bastate comunque poche lettere a cambiare le carte e scompaginare il mercato: dal primo luglio da rionale si è trasformato in settoriale e non c’è più spazio per tutti. Adesso, in vendita ci sono solo prodotti biologici: frutta e fiori, piante e verdure, miele e vino, pesce e olio. Tutto quello che lì, da anni, vendevano gli italiani. Via le quindici bancarelle su cui c’erano borse, occhiali, vestiti e cinture, gestite dagli altri ambulanti autorizzati, tutti nati in Senegal. Possono spostarsi su altre piazze o cambiare prodotti secondo l’amministrazione comunale. Pazienza per la clientela costruita in dieci anni, si fa sempre in tempo a ricominciare. Mentre i cittadini e i venditori triestini e friulani rimasti a ridosso del Canal grande solidarizzano, quasi tutti, con gli sfrattati, il Comune difende la riqualificazione. E chiama faziosa la propaganda politica di chi si è schierato al fianco dei senegalesi. Qualcuno (centinaia di persone, in realtà) su iniziativa dell’associazione Razzismo stop, a sostegno del vecchio mercato e del miscuglio di prodotti ci ha messo invece la sua firma. Senza ulteriori definizioni.

Prima le donne e i bambini

maroniFRANCESCA SAVINO

«Il diverso è reciproco»
Stefano Benni

Ci ha rassicurato subito, Roberto Maroni. Nella nave dell’accoglienza che affonda, la precedenza va alle donne e ai bambini. Il capolavoro comunicativo presentato dal ministro dell’Interno nell’audizione davanti alla commissione Affari costituzionali della Camera fa risuonare le note dei migliori spartiti padani. Respinta l’idea di dare permessi alle donne “irregolari” impiegate come badanti per gli anziani, Maroni rilancia. Infilando nel suo pacchetto sicurezza non soltanto i sentimenti, il cuore impaurito del Paese. Ma anche i numeri: quelli in cui incanalare gli “stranieri”, o presunti tali. Obbligo di iscrizione all’anagrafe, censimenti, creazione di banche dati del dna e delle impronte digitali. Si parte dai campi nomadi: per proteggere i bambini, si prenderanno anche le loro impronte, almeno dai sei anni in poi*. Per non farli convivere con i topi, si butterà fuori chi, anche da cittadino di uno stato membro dell’Unione europea, vive in precarie condizioni igienico sanitarie. Per tutelare la nazione, spunta anche il reato di immigrazione clandestina.Continue reading