CARLO TECCE
Non si scrive in prima persona. Non si deve confondere il giornalismo con il protagonismo. E’ successo a me, però. Devo raccontare. Mi scuso. Dicevo: è successo a me, sarà successo a centinaia, migliaia di persone. Sabato sera sono andato al ristorante. Il sabato al ristorante è una tradizione, più forte della recessione reale o finanziaria (che prima o poi sarà pure reale). Il locale è pieno, stretto, invaso da odori della vicina cucina, minuscola e più affollata della sala. Non ho mai fatto ristorazione né il commerciante, ma scommetto che questa osteria – esclusiva, sempre stracolma – incassa migliaia di euro al giorno. Non fa la fattura, non fa lo scontrino. Niente. Ti presenta un conto su foglio bianco, paghi e alla prossima. Lunedì è stato sciopero dei trasporti. I taxi sono felici, dovrebbero baciare le licenze, se non le hanno già trasformate in reliquie da venerare, visto che un foglio del genere ti cambia la vita ormai. Dieci metri prima dell’arrivo, guardo il contatore: dice 5 euro e 70 centesimi.Continue reading
FRANCESCA SAVINO
MARCO MORELLO
MARCO MORELLO
Andare da un pizzo all’altro. E andarci comodi, quasi in carrozza. Grazie al pizzo, allo spuntone di roccia che maestoso separa il borgo dalla marina, Pizzo Calabro è diventuto un luogo famoso, visitato, segnalato in tutta Italia. Il suo mare turchese, la costa stupefacente, i vicoli e i profumi inconfondibili. Nel 1984 il sindaco ebbe un’idea grandiosa: se bucassimo il pizzo, se gli facessimo un foro interno invisibile, come usano i pasticcieri col panettone riempito di crema chantilly, avremmo la possibilità di installare un ascensore. Riparato dagli occhi ma vicino al cuore (e alle gambe) di tutti coloro che si risparmiano gli scalini e il sudore dell’arrampicata.