Sergio Pirozzi. Il sindaco tutto muscoli e “me ne frego”

sergio.pirozziMolti muscoli e niente paura. Bisogna dire che l’uomo è proprio di questo tempo: ama il calcio, ha il cranio rasato, indossa la felpa con su scritto il nome di Amatrice. Sergio Pirozzi, allenatore del Trastevere, sindaco e voce del terremoto amatriciano, sta nutrendo i telespettatori del suo slang rudimentale e super pop. Al microfono della Rai, nella sua prima intervista: “Barcollo ma non mollo”.

DA ALLORA l’eccitazione degli inviati per averlo in voce è salita di parecchio, cosicché anche la considerazione di Pirozzi per se medesimo è andata lievitando. “Il mio popolo sa che il suo capo è ferito, ma non cede né scappa”. Il Capo, cioè lui. Di più: “Ho detto a Renzi che sarebbe il caso di indossare una felpa con su scritto Italia”. Due sere fa al ministro dell’Interno. “Avete operato bene” e Angelino Alfano lo ha ringraziato con devoto sussiego. “Il popolo della felpa” si chiama il suo gruppo su Facebook e di destra sono le sue simpatie politiche. Gianni Alemanno gli è andato subito a far visita, Il Secolo d’Italia lo accudisce e Il Tempo ammonisce: Giù le mani da Pirozzi. Non c’è problema, il sindaco non tentenna: “Se mi arriva un avviso di garanzia? Atto dovuto, ma me ne frego”. Se ne frega. La ricostruzione deve passare per le sue mani e per quelle dell’ufficio tecnico. Il Comune di Amatrice si troverà a essere indagato e a indagare. Singolare condizione di ente propulsore e attuatore delle misure anti scossa e soggetto destinatario delle attenzioni della Procura per i mancati adeguamenti sismici. “Il Comune di Amatrice si costituirà parte civile perché è parte lesa”, ha detto e nel modo più sbrigativo possibile a proposito della scuola del paese alla quale 700 mila euro di finanziamento pubblico non sono bastati per restare in piedi. Non volendo perdere tempo e avere fastidio per domande inutilmente curiose, giacché “devo pensare ai miei fratelli e non rispondere ai magheggi, lei è un mago che sa cose che io non so”.Continue reading

I pericoli post-sisma: i costi che si gonfiano e i parenti dei tecnici

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A come Accumoli, Amatrice e Arquata. Nell’area più immediatamente vicina al l’epicentro la popolazione residente ammonta complessivamente a 4.495 abitanti. Nonostante in agosto i dimoranti facciano aumentare il numero di almeno cinque volte, è in assoluto il sisma che ha prodotto il minor numero di senzatetto (un cinquantesimo rispetto all’ultimo in ordine cronologico, quello de L’Aquila) e il maggior numero percentuale di vittime. A oggi, conto parziale, siamo a 290 morti.

P come Paradosso. Primo paradosso. La forza del sisma è stata del sesto grado della scala Richter anche se amplificata dal fatto che fosse molto superficiale. In Campania e Basilicata, 36 anni fa, il movimento tellurico fu stimato di 6.9 gradi Richter e si abbatté su costruzioni assai più fatiscenti e povere, senza alcuna cultura della prevenzione e senza alcuna norma di rafforzamento statico degli edifici. Eppure il grado distruttivo, comparando aree omogenee rispetto alla loro distanza dall’epicentro e alla loro popolazione, è pressoché simile. Questo è il punto da cui partire. E sarà questo il primo livello di considerazioni da cui la Procura di Rieti affronterà i quesiti sul disastro, partendo dalla terribile e sorprendente caratura che ha avuto specialmente in Amatrice.

D come danno. Nei prossimi giorni avrà inizio l’accertamento del danno. È la fase più delicata e quella più problematica, durante la quale in genere si verificano operazioni arbitrarie quando non dolose di abbattimento ed eliminazione di elementi significativi per accertare responsabilità penali (concessioni edilizie in aree di vincolo assoluto, autorizzazione di superfetazioni, costruzioni semplicemente abusive, qualità dei materiali usati, coefficienti di armatura etc). Con lo stato di emergenza il governo autorizza spese di prima necessità. Una di esse è l’ingaggio di un numero congruo di tecnici accertatori da parte dei Comuni. In questo caso, il Comune di Amatrice si troverà a essere insieme ente accertatore e propulsore della ricostruzione e oggetto delle indagini giudiziarie. È il secondo paradosso. Sarà opportuno affidare a quegli stessi uffici tecnici la stima del danno e la guida della ricostruzione?Continue reading

L’ITALIA DEI CROLLI. Catastrofi termometro del Paese

terremotiCon il terremoto dell’Irpinia nasce lo spreco come teoria e prassi di governo e la Lega come movimento di opposizione. Quello de L’Aquila si ricorderà per le risate al telefono, di San Giuliano di Puglia si avranno in mente i 27 bambini sepolti a scuola. In quarant’anni sei terremoti distruttivi, quasi cinquemila morti e quasi quindicimila feriti, quasi cinquecentomila case andate perdute e un mucchio indefinibile di quattrini, un fiume che ha allagato fin quasi a sommergere l’Italia.

LA STORIA contemporanea è composta da un’unica, interminabile sequela di scosse, cronaca di banditi e di eroi, figuranti acchiappavoti, ingegneri acchiappa appalti. Solo il Friuli, che pure mette a frutto più di quindicimila miliardi di vecchie lire, si salva dal repertorio delle truffe: 990 morti, centomila senzatetto da quel rombo del 6 maggio 1976. 6,4 della scala Richter, epicentro dietro Udine ma corpi ovunque. Gemona è trafitta dalle pietre, e pure Venzone, Chiusaforte, Tricesimo. I friulani numerano mattoni e portali che diverranno la più possente e filologica opera collettiva e popolare di ricostruzione, con scandali ridotti al minimo.

Scosse di minore intensità e durata separano la ricostruzione di Gemona da quella irpina. Sono Messina e la Valnerina umbra (quest’ultima il 9 settembre 1979, cinque morti) a fare da intermezzo. Perché il 23 novembre 1980, 30 chilometri a est di Eboli, la scala Richter schizza a 6.9. Sarà un’ecatombe. Morti accertati 2735, feriti almeno ottomila, distrutti totalmente 31 paesi, parzialmente un altro centinaio. I senzatetto ammontano a 362 mila. Gli ultimi convogli dell’esercito giungeranno a destinazione anche dopo dodici giorni, vagando per campagne sconosciute e misere. La solidarietà è così potente che da ogni luogo della terra giungono aiuti e promesse. Anche Saddam Hussein, il dittatore che noi occidentali un bel po’di anni dopo porteremo all’impiccagione, stacca un assegno di 500 mila dollari. Angeli ed eroi a mani nude svuotano quel che resta delle case per salvare quel che resta delle vite. Il Comune di Laviano, poco più di 1200 residenti, perde quasi un terzo dei suoi abitanti. Il telegiornale manda il filmato dell’apocalisse: le bare sono così tante che occupano i due lati della strada piegata dai tornanti per quasi un chilometro. Eppure i morti sono di più delle bare. Per gli animali si procede alle fosse comuni, alla calce tirata addosso ai cani e ai gatti. È tutto un tanfo, un odore inimmaginabile, una visione inimmaginabile e un dolore inimmaginabile. Scriveranno dell’Irpinia Sciascia e Moravia, scriveranno i grandi letterati. Si allargano i cordoni della borsa, i morti chiamano i vivi al banchetto. Gli industriali del Nord fanno cordate, tecnici sono convocati da ogni parte di Italia. Confindustria ottiene dal governo la possibilità di far impiantare ai suoi soci aziende con un finanziamento al 100 per cento senza contropartita. Nessun impegno sulla qualità del lavoro, dell’occupazione, del mercato.Continue reading