
Può San Matteo, con tutto il rispetto e anche con la simpatia che si deve a un santo di così alto lignaggio, rifiutare di inginocchiarsi davanti a Vincenzo De Luca? È la domanda che corre a Salerno, ancora incredula davanti alla scelta del vescovo Luigi Moretti di evitare che il patrono della città, nel giorno della sua ricorrenza (21 settembre) facesse visita a palazzo di Città, sede del governo cittadino. Per il secondo anno consecutivo si è ripetuto lo sgarbo e benché De Luca oggi governi la Campania, Salerno resta la sua patria, la sua casa, il suo trastullo quotidiano. E così il sindaco pro tempore, Vincenzo Napoli, secondo cittadino essendo il primo reggente sia in corpo che in spirito, ha deciso di rifiutare la festa per il patrono e togliere la voce al vescovo.
Gli ha staccato i fili degli altoparlanti che avrebbero portato la parola di Cristo in città, ritenuti illegali. Di più: sia il primo cittadino spirituale (De Luca senior), sia il secondo pro tempore (Vincenzo Napoli) sia il terzo futuro (Roberto De Luca, figlio del primo e nella qualità anagrafica assessore al Bilancio) hanno disertato la cerimonia. E così tutti i restanti componenti della maggioranza consiliare hanno rifiutato di presenziare al vilipendio indossando la fascia tricolore. Anche la Provincia di Salerno si è unita al comune sentimento di riprovazione e ha ritirato il gonfalone dalla celebrazione statuendo la profondissima crisi di fiducia tra lo Stato salernitano e la Chiesa.
enza fuochi d’artificio, senza festa e soprattutto senza voce. Ridotto in miseria, San Matteo, al quale comunque è stato assicurato il portamento a spalla dai fedelissimi di Gesù, è riuscito a completare la processione, seguito dal vescovo Luigi Moretti, teorico del minimalismo religioso, al quale la comunità salernitana guarda però con un segno di cristiana diffidenza per gli eccessi integralisti.Continue reading
“Appena l’avrò in mano risponderò. Posso però già adesso dire una cosa: è uno schifo. E a quanto vedo solo io sto parlando…”. Sono le 17 e nello studio del ministro della Giustizia a via Arenula è appena giunta la notizia che alla Camera sta per essere depositata una interrogazione parlamentare sottoscritta da Arturo Scotto, il capogruppo di Sel, che ritiene di inquadrare alcuni angoli oscuri dei territori conquistati o aggrediti da Vincenzo De Luca, prima populista, poi leghista del Sud, sindaco sceriffo e infine governatore. Uomo del fare, del dire e forse ancora di più, a leggere il contenuto del testo firmato da Scotto. “Sembrerebbe che il magistrato dell’appello nel processo per abuso d’ufficio nel quale De Luca, com’è noto, è stato condannato a un anno e ha subìto gli effetti della legge Severino sia il dottor Michelangelo Russo”. Questo giudice fu destinatario di un procedimento disciplinare che portò il Csm a trasferirlo dalla procura della Repubblica del tribunale di Salerno,“per aver tentato di accedere al computer del tribunale salernitano al fine di verificare se fossero in corso procedimenti giudiziari a carico di Vincenzo De Luca, quando pm era la dottoressa Gabriella Nuzzi (magistrato che emise un mandato di cattura contro De Luca che il Gip rigettò, ndr), e il procuratore capo Luigi Apicella”. Oggi Russo è ritornato a Salerno e lì presiede la sezione della Corte d’Appello. E lui, scrive ancora Scotto, “che qualche anno fa aveva cercato di adoperarsi a favore di De Luca”, oggi “sembrerebbe incaricato di giudicare la stessa persona per la quale si adoperò illegalmente”. Seguono le richieste di rito: il ministro Andrea Orlando venga in aula, riferisca e valuti.