Lo stipendio dei medici, più “l’altro” e la trasparenza fa trasparire molto poco

La legge Brunetta avrebbe imposto di mettere on line i redditi, ma un viaggio tra varie Asl rivela che su questo fronte ben poco è stato fatto. E quel che si può sapere suscita brutti pensieri: le prestazioni straordinarie gonfiano le retribuzioni.


Tu hai uno stipendio, e poi un altro. Altro è la formula con cui alcune aziende sanitarie raccontano le retribuzioni integrative dei propri medici. Altro non significa altro che il monte di ore straordinarie pagate ad alcuni per sopperire le carenze di personale, i vuoti in corsia e in laboratorio, in radiologia e in anestesia. Altro non è che un modo per illustrare quanto siano a volte iniqui i tagli, quanto spreco produca l’azzeramento di ogni ingresso negli organici della sanità. Altro non è che il fondale contro cui periscono i professionisti giovani e disoccupati, perennemente poveri. A fronte della ricchezza ulteriore di chi già gode di ottimi stipendi. La parola altro, in questo caso, conferma definitivamente che l’Italia è destinato a rimanere un Paese per vecchi. Non c’è speranza né futuro per chi sia all’inizio della carriera e non sia figlio di papà. Porte sbarrate.

Il dottor Gaetano P. (ospedale di Vallo della Lucania) gode di uno stipendio di circa 84mila euro lordi l’anno. Decente, quindi. Ma fa anche altro. Sopperisce ai vuoti di organico presso gli altri enti ospedalieri. Divide i giorni per tre, la settimana per cinque, corre qui e corre lì. L’altro gli rende 109mila euro in più all’anno. Totale lordo ai fini Irpef: 213mila euro. Il dottor Domenico P. (ospedale di Sapri) ha uno stipendio di 100 mila euro l’anno. Ma con l’altro che gli vale 250 mila euro, raggiunge la cifra di 364 mila euro. Ottimo e super abbondante. Inarrivabile, e qui ci vuole nome e cognome, il caso di Michele Verrioli, direttore del laboratorio di anatomia patologica dell’ospedale di Eboli: ha guadagnato 1700 euro lordi al giorno. Per i 365 giorni dell’anno scorso. Per un totale stratosferico di 657mila euro (107 mila di stipendio e 550 mila di altro). “Lavoro per dieci e non vado in ferie da tre anni”, ha detto al quotidiano Terra. I sindacati hanno ribattuto: “Nemmeno se un giorno avesse 72 ore!”.

Ancora troppo poco traspare dalle norme sulla trasparenza. E’ un bel guaio e un sicuro dispiacere per il ministro Brunetta, autore della legge che avrebbe dovuto garantire luce invece che buio sul giro vorticoso delle retribuzioni pubbliche. I medici ospedalieri, per esempio. Quanti sono e quanto guadagnano? Vivono bene o male? Si arricchiscono o sono costretti a turni massacranti e a stipendi di fame? Il loro lavoro è rispettato o oltraggiato?

Piacerebbe saperlo. S’era convenuto – anzi ordinato – di mettere on line stipendi e curricula di dirigenti amministrativi e medici. Rendere pubblico tutto ciò che è al servizio del pubblico e pagato dallo Stato. Chi sei, cosa hai fatto, quanto guadagni.

Scovare i dati, nell’acqua profonda delle decine di aziende sanitarie locali, è opera non semplice. E questo breve viaggio dimostra che la nebbia è fitta e la muraglia alta, quel che viene allo scoperto è un atto di resistenza, a volte di renitenza.

Avvertenza per chi prosegue la lettura: lo stipendio medio di un medico d’ospedale si ferma spesso sulla soglia degli ottantamila euro lordi. L’età, alcune indennità di risultato lo fanno puntare verso i centomila (lordi), senza che questo tetto sia spesso toccato. E questa è la norma, la generalità delle retribuzioni. Ma tutti i sistemi complessi esibiscono anomalie di funzionamento, favoritismi, iniquità, attribuzioni di competenze superiori al giusto e al possibile. E qui l’operazione trasparenza avrebbe dovuto mitigare le sperequazioni illuminando le zone grigie, scoperchiando le amicizie riservate, i cachet ad personam.

Forse ci siamo sbagliati e abbiamo cliccato dove non avremmo dovuto, ma l’Asl di Reggio Calabria, nella sua home page, non conduce esattamente il visitatore al centro del problema. “Spiacente, nessun risultato”, comunica anche l’Asl Napoli 1. Anche qui sarà colpa del cattivo puntamento del mouse. E’ come una caccia al tesoro ed è indubitabile che il tesoro sia ben nascosto. Occhi di aquila ci vogliono e nervi saldi. Ad Ancona l’Asl sembra offrire i curricula ma non le retribuzioni. A Firenze anche quelli scarseggiano. In tre su parecchie decine di medici hanno depositato il corso personale degli studi e delle esperienze lavorative.

Sarà che ciascuno tiene famiglia e sarà anche che l’obbligo alla trasparenza – se maneggiato con eccessivo scrupolo – produce imbarazzi e qualche piccolo guaio. Il dirigente della sanità cilentana che raccoglie cinque piccoli ospedali della provincia di Salerno (Polla, Roccadaspide, Vallo della Lucania, Agropoli, Sapri), non propriamente il cuore dell’eccellenza italiana, ha voluto fare le cose in grande e segnalare, con implacabile determinazione, voci e sviluppi delle locali carriere. Ne è venuto fuori un quadro fosforescente, stipendi ineguagliabili. Sono decine i medici locali che scavalcano il tornante dei centomila euro annui. A fronte di uno stipendio che si situa tra i settanta e gli ottanta mila euro, la voce “altro” per le prestazioni straordinarie rese in convenzione presso gli altri ospedali della zona, innalza in modo mostruoso i redditi. Come abbiamo visto. Con il paradosso che una sanità al collasso come quella campana sforna premi a gogò.

Ad Alessandria le punte massime toccano i 171 mila euro. Di Milano non si sa, quel che traspare è nebbia fitta. Magari un navigatore più esperto saprà scovare quel che non appare neanche a Campobasso, ma che è chiaro a Bari. Dove i redditi, senza la pignoleria del commissario della Asl Sa3, sono bene in vista e in via decrescente. Si parte dal dottor Michele B. (315 mila euro) si scende a 223 mila (la dottoressa Antonietta A.) e poi via via si cala: 200, 190, 170, 140. Non male. Il grosso della truppa è fermo ai sessantacinquemila, la retroguardia non giunge a 45mila. Traspare poco dalla trasparenza, come detto. Ma quel po’ svelato già basta e mette brutti pensieri.

da www.repubblica.it – 14 agosto 2010

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1 Comment

  1. Sgomento sarebbe l’unico commento. Dopo anni di lavoro senza orari, migliaia di ore di straordinario non pagato, ferie non usufruite, tutto per coprire esigenza di servizio ordinarie, leggo che Cota giudica che noi medici ospedalieri non lavoriamo abbastanza.
    Promette ai cittadini riduzione dei tempi d’attesa, orari lunghi per le prestazioni ambulatoriali, aumento delle prestazioni erogate.
    Al contempo però la Regione invita le Aziende ospedaliere e sanitarie a ridurre i costi, le sedute operatorie, la spesa per il materiale di consumo ed il passivo derivante dalle ferie non usufruite dal personale.
    Siamo stati infatti formalmente invitati dalla nostra Direzione ad esaurire in tempi brevi decine di giorni di ferie aggravando la già cronica carenza di organico, che è poi il motivo per cui non si riesce ad usufruire delle ferie (lo straordinario può aumentare, tanto non è retribuito) e a ridurre il numero di prestazioni “costose” limitando il numero di pazienti candidati agli interventi; per essere sicuri di ottenere lo scopo sono stati chiusi posti letto ordinari e di terapia intensiva.
    La domanda è: ci sono meno malati anche se aumenta l’età media della popolazione?
    Se è così posso tranquillamente prendere le 6 settimane di ferie che mi avanzano senza preoccuparmi dei malati o dei colleghi: sono tutti guariti!

    Sono un medico specialista ospedaliero e lavoro a Torino…
    FB

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