figli della stessa madre

E’ la stessa città a far vergognare e ad inorgoglire l’Italia. Arruffona e rigorosa, vile e onestà, scellerata e responsabile.
Nelle ripetute telefonate tra il comandante della Capitaneria di porto di Livorno, il napoletano Gregorio De Falco, e il comandante della Costa crociera, il napoletano Gennaro Schettino, si ritrovano gli opposti: scelleratezza omicida e grandissimo rigore, devastante panico e commovente sangue freddo. Viltà e coraggio.
Sono gli opposti in cui versa, da decenni, un’intera città: affamata dalle malversazioni eppure orgogliosa, ridotta dalla corruzione a un cumulo di rifiuti ma capace di scatti di civiltà. Solidale, viva, ottimista sempre.
Napoli offre all’Italia, che paga davanti al mondo, l’immagine del comandante che scappa, dell’uomo irresponsabile, temerario oltre ogni possibile limite.
Nella stessa scena Napoli però propone al Paese servitori dello Stato integri, gente perbene, funzionari di grande livello, di elevata capacità e specializzazione.
Sono figli della stessa madre, e non è una coincidenza.

da Repubblica Sera

era di maggio

E’ maggio il mese del giro d’Italia. Nelle prime giornate di corsa il gruppo si tiene unito sulle bici, strade dritte e umore giusto. A Mario Monti la fatica è comparsa all’improvviso, come quei passisti che di colpo si trovano impegnati in una tappa dolomitica e ogni pedalata diventa una fatica, a ogni sforzo corrisponde un colpo di tosse. Aveva preventivato per l’estate uno spread a 250 e se lo ritrova a 400 (fanno 15 miliardi di ulteriore buco di bilancio), aveva immaginato Berlusconi nascondersi dietro il bancone del governo e se lo ritrova fuori di casa, compagno squinternato e vagabondo. Casini, il suo moltiplicatore centrista, è di colpo appiedato, sepolto dalle macerie elettorali, e Bersani inizia a protestare e a farsi due conti. Conviene Monti?
Tutto gira storto e persino le parole cominciano a produrre guai. I suicidi degli imprenditori? “Colpa di quegli altri”. Cioè di Berlusconi. Conferma? Smentisce? Smentisce.
Era bello quando Monti parlava e tutti ascoltavano silenziosi. Oggi è diverso, le sue parole sono coperte da un sottofondo disordinato di richieste e di rimproveri. Era il professore, sta divenendo uno scolaro. Uno di noi, dicono a Montecitorio.
Tutto si fa più pesante (“longer, much longer”), la linea dell’orizzonte si perde alla vista, la crescita sprofonda in un tic televisivo.
Giunto al sesto mese di governo, sotto questo cielo e davanti a questo mare di problemi, le idee si sono trasformate in propositi, le certezze in possibilità, gli amici in nemici. E i tecnici stanno per essere restituiti alla condizione inselvatichita di politici incompetenti. Dei politici qualunque, come tutti noi.
Era di maggio, rosa appassita.

da Repubblica Sera

crisi di nervi

Quando i tecnici chiamano a far di conto un supertecnico mostrano l’esatto punto di caduta in cui l’Italia si trova.
Un malato che ha bisogno, ogni settimana che passa, di cure sempre più invasive e invalidanti.
Il dottor Bondi, chiamato a controllare i conti e soffocare gli sprechi, assume il ruolo della Ragioneria generale dello Stato, commissariata. E il controllo incrociato delle spese pazze dei Comuni e delle Asl diviene l’ultima spiaggia. Doveva essere invece la prima.
Era chiaro, lucente come il sole d’agosto, che la quantità di euro che girano indisturbati, le vagonate di appalti illogici, fuori contesto e fuori misura, gli acquisti a prezzi fraudolenti, le sovrapposizioni di funzioni, la sequela di nomine di livello intermedio, producono spesa clientelare e inefficienza, allargano la voragine dei conti pubblici e strozzano il Paese, cancellano il futuro.
Procedere solo oggi è la colpa più grave e insieme il sintomo più acuto di come la irresponsabilità ci abbia condotto, come all’ormai ex allenatore della Fiorentina Delio Rossi che ha scazzottato in panchina con un suo calciatore pigro, in una profonda crisi di nervi.

da Repubblica Sera