la rivoluzione di Petrosino alla conquista della dignità

IL SINDACO GIACALONE: “La Sicilia riparta dal decoro”


Esistono le capitali del cuore, esiste la forza del sentimento, esiste per fortuna anche il coraggio, la sfida per una nuova vita. Gaspare Giacalone è un siciliano del ritorno. Ha scelto la strada inversa, il viaggio capovolto. Parte da Londra e atterra a Petrosino, tra Marsala e Trapani. Lascia uno stipendio eccellente, un’ottima reputazione di analista finanziario, la carriera (benedetta carriera!), il mondo che conta, la banca che conta per sedersi sulla sedia sgangherata di sindaco del suo paesino.


A PETROSINO fanno un ottimo vino, il Grillo, un bianco secco. E poco altro. Hanno il mare, e quindi hanno tentativi anche riusciti di speculazione edilizia. Sono circondati dai capisaldi della mafia che qui diventa solo odore, arriva a folate. A volte si sente, a volte no. Petrosino non è un paese sciagurato, non è un paese dominato dai clan, non è un luogo invivibile. Campa secondo lo standard meridionale: clientele numerose, i soliti che si spartiscono le migliori commesse, i soliti che gestiscono i progetti, i soliti che fanno affari. Però c’è vita, c’è dibattito, c’è opposizione. C’è contestazione. “Da maggio è cambiata la mia vita. E quando cambia così radicalmente non hai parole per spiegarlo bene. Non avevo previsto tutto questo, non avevo calcolato questo bel botto che la mia vita avrebbe fatto. Non pensavo di stare al sole tanti mesi all’anno. La nebbia, ero certo che la nebbia mi avrebbe portato fortuna”, assicura Gaspare. É vero, le banche esistono nei luoghi in cui la nebbia è più fitta, la pioggia più insistente. La banca ha bisogno dell’abito e del soprabito, a Petrosino resiste invece la canottiera. Giacalone è funzionario della banca europea per gli investimenti, monumento sovranazionale della cooperazione finanziaria, quindi luogo terzo, apparentemente neutrale. “Sono stato coinvolto nell’estate dell’anno scorso dai miei amici siciliani nella battaglia sacrosanta di sventare la speculazione edilizia lungo la spiaggia più bella del mio paese”. Alla Torrazza, così si chiama il luogo, grandi manovre erano in atto. Le solite, cui tutto il sud assiste a volte inerte, scoraggiato, già piegato dalla prospettiva di perdere ancora una volta la battaglia. Giacalone termina le sue vacanze agostane e torna al suo ufficio, ai suoi dollari da sistemare. Arriva Natale, di nuovo è lì. “E quando torno il fuoco della lotta non s’è spento, anzi. Decidiamo di organizzare meglio le idee e le azioni”. Gaspare è già stato assessore negli anni dell’università. Antica militanza di sinistra (oggi è con Vendola). Poi ha lasciato. Il master, l’Europa, il primo ingaggio da business man a Londra. Per dodici anni ha risieduto stabilmente in Gran Bretagna. “Mi chiedono di candidarmi a sindaco. Penso, sono certo, che la banca avrebbe fatto problemi. Chiedo l’aspettativa per la campagna elettorale, sicuro del rifiuto che avrei ricevuto”. Invece acconsentono. A maggio di quest’anno il voto, poi la vittoria. Cambia Petrosino, chiedevano sui muri. Hanno cambiato per davvero. Ragazzi e ragazze, giovani più che anziani, un consiglio comunale colorato e volitivo. “Finora abbiamo evitato il dissesto del bilancio, e già mi sembra una buona cosa. Abbiamo quasi raddoppiato il numero delle persone che pagano le tasse, è aumentata del 50 per cento la base imponibile. E mi sembra una seconda buona cosa. Paga chi non pagava, abbiamo scovato evasori totali e parziali: un minimo criterio di equità ti conduce a dire che senza un atto di vera uguaglianza sociale nessun obiettivo potrà essere raggiunto”. Le tasche di Petrosino restano ancora bucate e vuote. Le casse comunali disperate, la infrastrutture urbane carenti. “Dare decoro al paese, anzitutto. Il decoro produce autostima ed emulazione positiva. Far resistere un’aiuola, un marciapiede, l’illuminazione pubblica. Ecco, iniziare dalla grammatica sociale, dall’idea che puoi vivere in povertà senza smarrire la dignità. Petrosino oggi è un paese che tiene al suo abito, che vuole mostrarsi pulito, ordinato, degno delle sue bellezze”.


SENZA SOLDI è difficile perfino fare un funerale, figurarsi aprire un cantiere. “Ci ha soccorso l’energia liberata, la voglia di cambiare comunque, il piacere di sfidare i nostri limiti e combatterli”. Quattromilacinquecento euro è costata una rassegna culturale zeppa di settanta eventi. Si può fare tanto con niente. Soccorre il talento, il volontariato, la speranza. Ci sono le rose, esistono anche le spine. “La cementificazione è in parte riuscita, la privatizzazione di aree marine pubbliche è andata a segno nonostante il nostro no. Le concessioni erano in regola, la firma del mio predecessore, un giorno prima che lasciasse il municipio, è una beffa amara. Ma quella firma c’è. Si consuma a mio parere una ingiustizia a norma di legge, e il paradosso entro il quale sono costretto a muovermi. E già esistono avvisaglie concrete di prossimi sbarchi di cemento. Faremo di tutto per azzerare intenti contrari al buonsenso e alle norme, sapendo che amministrare è un’attività complicata. Pensi di fare bene e poi ti accorgi di aver sbagliato. Pensi che tutti ti seguano e t’accorgi invece che qualcuno arretra. Ma io non ho bisogno di fare cose diverse da quelle in cui credo. Sono tornato da Londra e per cinque anni farò il sindaco qui. Guadagno tre volte in meno e lavoro tre volte in più. Ma vuoi mettere la soddisfazione?”.

da: Il Fatto Quotidiano, 19 ottobre 2012

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