Ceccarelli, un gufo con l’occhio di lince

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La sala della svolta del Pci, quella Bolognina dove Achille Occhetto ha fatto concludere il cammino dei comunisti italiani, oggi è divenuto un centro estetico. È il tempo che passa, ma spesso è la nostra memoria che si consuma come se la vita fosse un istant book. Ricordarsi che Daniela Santanchè ha una piscina tappezzata di vera madreperla, e i sanitari cromati in oro, e la vasca rivestita di mosaico platino aiuta più di ogni parola a identificare la signora e classificarla. Come è illuminante sapere che il cane di La Russa si chiama Fiamma. L’opera di decostruzione dell’apparente insignificante in una catena di simboli e allegorie della vita politica è merito di Filippo Ceccarelli, specialissimo rigattiere della cronaca minuta e fatiscente che compone e ricompone attraverso un sapiente riuso la storia della Repubblica. Ceccarelli, da grande e avveduto giornalista, sa che tra la polvere finiscono i monili più preziosi ed è la cantina il luogo che illumina di più gli abitanti della casa. Come un gufo tra le rovine (Feltrinelli) è appunto la ricerca, attraverso le minuzie quotidiane della cronaca, del senso compiuto della nostra storia così tragica e anche così comica. Tutto è successo, ma tra quel tutto, sono pepite d’oro i ritrovamenti che Filippo, come un costruttore quotidiano di mostri, espone nel suo libro. Si deve agli italiani se Silvio Berlusconi è stato premier. E si deve a Berlusconi se George Bush si è visto recapitare in mano il cd di Apicella, l’ex parcheggiatore abusivo divenuto cantastorie ufficiale della Repubblica. Sono i dettagli a raccontare, potenti oltre ogni possibile immaginazione, la nostra miserabile, pirotecnica realtà. “Italia Uno!” così i bambini rom della periferia romana salutarono il ministro Mara Carfagna, in apprensiva e solidaristica visita. Era stata valletta e loro lo sapevano! C’è sempre da imparare da ogni cosa: oggi si discorre delle finanze devastate del Montepaschi e si ricostruiscono le spese, forse le tangenti, le responsabilità e le irresponsabilità. E cosa vogliamo dire del comune di Alessandria, ora in bancarotta, che fa dono al premier di un tartufo del valore di 12mila euro? Pupazzi della storia. A proposito. “Vorrei legare un pupazzo di Superman ma con il mio volto a una fune agganciata a un elicottero come regalo di Natale ai miei nipotini”, spiegò Silvio. Tutto si tiene, scrive Ceccarelli, che infatti scova e riprende la proposta di Renato Brunetta di indagare, attraverso il berluscometro, “quanto c’è di B. in ognuno di noi”. Lui dichiarò di essere al 45/50%.
Dal berluscometro al redditometro
Queste sono le parole e i pensieri che inchiodano un uomo al suo passato, questa sarebbe la domanda oggi da porre a Brunetta: come va col berluscometro? Quanto resta ancora di B. nel suo corpo onorevole? Non si può immaginare la realtà se non attraverso gli sberleffi, lo sfregio alla ragione che ci ha procurato. Un giorno a Sassari il premier è accostato da un signore, un militante del popolo della libertà evidentemente, con un quesito vitale da porre: “p r esidente, mio figlio ha pochissimi capelli, come posso fare?”. Ceccarelli non annota la risposta dell’ex premier che forse ci sarà pure stata, inchioda noi all’imbarazzo e passa avanti. Avanti per esempio quando il colto cardinale Poupard, chiamato a celebrare le nozze vip tra Flavio Briatore ed Elisabetta Gregoraci, incentra l’omelia sull’indissolubilità del matrimonio. Briatore è al suo terzo passaggio. Ci sono cose che fanno ridere, cose che fanno piangere, e altre che spaventano. Come quando Don Verzè è chiamato da una commissione di potenti ecclesiastici a spiegare il progetto finanziario incentrato sul San Raffaele. Un arcivescovo, ricorda Don Verzè, dice: “Lei deve aver paura solo di fallire. Nel caso le do un consiglio: si compri una pistola e si spari”. Questi ritagli del nostro tempo, così curati nel loro carico tragicomico, servono a riempirci di stupore. Quel che ci è toccato in sorte non l’abbiamo chiesto né voluto: vero?

da: Il Fatto Quotidiano, 2 febbraio 2013

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