Smotta la Seconda Repubblica e Grillo attacca i magistrati

Doveva capitare che Berlusconi e Grillo iniziassero a competere nella speciale classifica dei “perseguitati” dalla giustizia proprio durante la tramortente settimana delle mazzette, sequel che incrocia e riassume i destini della classe politica e di quella imprenditoriale in un mesto epilogo criminale. Merito di Grillo, questa volta, che da Ivrea si abbandona ad enumerare i processi pendenti sul suo capo: “Sono ottanta e Berlusconi da presidente del Consiglio ne ha 22 meno di me”. Il Cavaliere, sensibilissimo al tema, è scattato: “Non dica sciocchezze, ho 2700 udienze sulle spalle. Nessuno più di me”. Ecco fatto: primo e secondo. Grillo ieri ha aggiunto: “La magistratura fa paura”. Stessa frase che a scadenza regolare l’ex premier non ha mai mancato di pronunciare. Certo i due sono agli opposti e magari la prosa grillina, così densa di approssimazioni, era diretta a contestare questo modello di Stato, implacabile con i deboli ma distratto con i forti. Magari il comico spesso tramortisce anche oltre la propria volontà. Gli accade in ogni comizio, per via di un utilizzo smodato dell’iperbole. Grillo pratica la disinibizione verbale al punto di mettersi fuori anche dalla logica delle cose. Attacca la magistratura allo stesso modo di coloro che dice di combattere. È solo una coincidenza, ma c’è e da sola basta a far presagire un futuro pericoloso corto circuito.
PERCHÉ IN QUESTO cattivo tempo si sovrappongono, in un format oramai indistinguibile, volti di finanzieri arrembanti e capitani d’industria, politici di lungo corso e cravattari di periferia, banchieri collaudati e servi di Cristo. Milano, Siena, Roma, Bari: un tour delle manette segna i giorni che ci separano dalle urne. Questo enorme e diffuso deficit di legalità si somma però a una drammatica crisi economica e si espone a una ferocia di massa finora sconosciuta. La recessione ha condotto migliaia di cittadini a trovare insopportabile quel che fino ad oggi si sono rifiutati di considerare come tale. È quella stessa società immortalata negli anni del berlusconismo che si ribella. Oggi è rivolta. “Il Nord est non esiste più” dice Luca Zaia, presidente leghista del Veneto. Significa che lo smottamento di un intero popolo è in atto e si dirige prevalentemente verso il voto a Beppe Grillo, colui che più chiaramente coniuga alterità al potere, determinazione nella protesta e capacità pervasiva della rivolta sociale. Il ciak dalle piazze è già impressionante: a est come ad ovest è tutto un fuggi fuggi. Corrono da quale disgrazia? E soprattutto verso quale approdo? Sembra pacifico: fuggono via da uno Stato esattore e corrotto, sentono il peso dello spreco e dell’in giustizia sociale come una bomba ambientale che mina la loro vita e quella delle proprie famiglie. Contestano l’immoralità della classe politica. È il peso dell’illegalità a condurli verso Grillo. Invece ieri il leader del Movimento 5 Stelle riposiziona il suo popolo e lo mette in marcia contro i palazzi di Giustizia.
DOPO IL VOTO cambieranno volti e biografie di decine e decine di parlamentari. Palazzo Madama e Montecitorio saranno abitati da inquilini che non avranno esperienze politiche. Sarà cospicuo il numero degli esordienti che gli studiosi di flussi elettorali illustrano come trasversali e mobili nella loro dislocazione ideale. Chi viene da sinistra, chi da destra. Chi è imprenditore e chi studente. Molte donne, molti giovani, molti laureati, secondo le analisi sulle candidature selezionate. L’ingresso di tanti cittadini senza potere nel palazzo del Potere promuove un cambio d’aria benefico per la democrazia, perchè trova persone libere e non già soggiogate dagli apparati e dalle gerarchie. Serviranno però idee da coniugare alla libertà e soprattutto servirà che il leader non eletto (Grillo ha scelto di non candidarsi) abbia chiaro che il suo potere già ora è tale da avergli cambiato i connotati sociali: da uomo comune, benché famoso, a potente. E ieri, magari sovrappensiero, ha appunto fatto un discorso tipico della famiglia allargata dei potenti: guarda che ci sono anch’io, e non permetterti di toccarmi…


da: Il Fatto Quotidiano, 16 febbraio 2013