Erri De Luca “Avanza un esercito di ex ammutoliti”

LO SCRITTORE, EX OPERAIO DI SINISTRA, ELOGIA LA POVERTÀ: “PROMUOVE ENERGIE POSITIVE, ALIMENTA LA NECESSITÀ DI RICONOSCERSI E DI RISCOPRIRE IL RUOLO NELLA SOCIETÀ”
Il calendario non ha barato questa volta. La primavera si apre davanti alla casa di Erri De Luca, superato Bracciano se provenite dal lago o appena dopo il cemento della Cassia se uscite da Roma. Vive da solo e vive qui, in questa abitazione ricavata da una stalla, “me la sono fatta con le mie mani e ne conosco ogni segreto”. Dietro questi mandorli in fiore vedi l’Italia. “Sono un osservatore del piano terra e certo annoto”. Iniziamo? “Ormai è molto tempo che il potere politico aizza sentimenti di spavento. Per un mucchio di anni siamo stati spaventati dal terrorismo, poi spaventati dalle azioni militari all’estero. Poi la criminalità comune, poi il pericolo dei migranti, dei diversi. Si è giunti a definire terrorismo i fischi in piazza”. Perché dovrebbe convenire al potere spaventare la gente? “Per ridurre le libertà del cittadino”.
LA POVERTÀ è un grande ma vero spavento. “Aspetta: ora lo spavento si chiama crisi economica. E il cittadino è stato trasformato in cliente. Se ha i soldi può ottenere i servizi pubblici, anche quelli che eravamo abituati a ritenere essenziali e universali, altrimenti si fotte. Si vive nell’idolatria dell’economia. Infatti gli italiani, anche quelli più poveri, si sono rivolti a un miliardario per risolvere le loro questioni. E lui ha ridotto il governo a un consiglio di amministrazione e il conflitto di interessi a una perfetta sinergia economica. Ti ricordo che nominammo presidente della Repubblica il governatore della Banca d’Italia e il capo dell’opposizione era un professore di economia”. Cioè Prodi contro Berlusconi. “Non pronuncio mai quel nome per una forma di igiene orale (aiuta a prevenire la carie). Ma qual è la cosa grande che è accaduta? Il terrorismo della crisi economica, farci prendere spavento perchè stiamo finendo in povertà, non è stato così efficace, non è riuscito a mortificare il dissenso. Innanzi tutto da un punto di vista della contabilità è un trucco presto smascherato: non hai soldi e spendi 41 miliardi nel bilancio militare? Non hai soldi e acquisti F-35 taroccati e sommergibili per 15 miliardi? Allora non ti credo”. Quindi gli italiani incupiti ma non spaventati hanno iniziato a resistere. “C’è stata una reazione igienica. Quando metti il disinfettante sulla ferita vedi le bollicine apparire sulla pelle. Il voto al Movimento 5 Stelle equivale a quelle bollicine. La gente ha iniziato a bisbigliare, borbottare, anche maledire: adesso sembra che sia possibile fare qualcosa. C’è una sorta di vuoto attivo”. Tu hai votato Grillo? “So – no un non votante, però ero in piazza San Giovanni a osservare quella gente”. Cosa hai visto? “Erano gli ammutoliti, quelli dei supermercati che si vergognano della loro improvvisa indigenza, che davanti a una confezione di caffè indugiano. Quelli che se si sentono osservati imbustano per finta il pacco pur di deviare la tua attenzione”. Spaventati abbastanza però e anche abbastanza poveri. “Abbastanza poveri, ma silenziosi. In piazza non c’erano striscioni a ricordare lotte organizzate ma un mucchio di ammutoliti che avevano trovato uno che alzava la voce per loro. La chiamerei la nuova maggioranza silenziosa. Hanno votato uno che scassava il sistema e si sono riconosciuti attraverso la rete. La rete collega solitudini”.
E QUINDI hanno preso coraggio. “Hanno iniziato a bisbigliare, e saranno sempre di più. Se si faranno nuove elezioni, e io penso di sì, vedrai che si sgarrupa ancora di più il sistema. Lo spavento della crisi non è servito”. Ad ascoltarti sembrerebbe una fortuna questa crisi economica così feroce e così improvvisa. “Beh, stiamo riscoprendo parole antiche e scoprendone di nuove: il risparmio, la coscienza dei rifiuti, l’acqua come bene comune. A Roma si circola meglio perché si utilizzano di più i mezzi pubblici. In regime di compressione dei costi, siamo costretti a ingegnarci, si fa di nuovo società, si creano i gruppi di acquisto. E questo è un bene”. Sembri entusiasta: “La crisi ci obbliga a comportamenti virtuosi. La solidarietà e la fraternità sono comportamenti anzitutto utili. Stare più uniti in tempi di bisogno è utile, in tempi di crisi il generoso sopravvive, il rattrappito no. A Napoli si dice: chi tenev fuoc campai; chi tenette pan murette. Sopravvive chi ha l’argilla dell’intelligenza. Il pane non basta, ti fa morire. C’è uno scambio di energia tra le persone. Questo è positivo”. Ma chi ha paura perché è povero diviene ansioso non generoso. È l’ansia che fa da tiranno, poi segue la depressione. “Chi è povero vive in modo disgraziato perché la povertà non è una condizione minima garantita. Puoi scivolare nella miseria”. Vedi che spavento? “Vabbè ci stanno facendo spaventare anche per Cipro e prendere la cartina geografica per capire dov’è. Ma Cipro è al centro di una buona parola: reciprocità. Dobbiamo lottare per stare tra eguali, riconoscerci eguali nel bisogno”. Siamo soli, più poveri e più spaventati. Io la penso così. “Non contraddico l’affermazione, ma noto con piacere che il sistema sta crollando, che grazie a questa condizione stiamo iniziando a borbottare e non la finiremo più di alzare la testa”. Se dovessi proporre un nome per il prossimo presidente della Repubblica. “Mai uno del Parlamento. Magari un operaio, uno scrittore, un filosofo, un attore”. E una soluzione per la tua città, Napoli. “Mah, lì siamo all’autolesionismo. Riusciamo a farci del male come nessun esercito nemico riuscirebbe a fare. Ma è un luogo invincibile, indipendente, fuori schema, fuori classifica”. La ami però te ne sei andato: “Me ne sono andato irreparabilmente. Sai il dente che si cava da una mascella? Non c’è più radice, non è più possibile che rispunti dall’osso”.

da: Il Fatto Quotidiano, 22 marzo 2013

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