Clic, “nemici” e infiltrati: la roulette dell’uno vale uno

i-protagonistiUno vale ancora uno, oppure vale mezzo, o in certi casi vale due? La democrazia del clic, la perfezione del mondo degli assoluti pari di Gianroberto Casaleggio non ha sentimento, non ha passione, è inodore e insapore come l’acqua del rubinetto. E a volte è traditrice. Come è potuto accadere, per esempio, che a Salerno il candidato alla carica di sindaco sia un giovanissimo che ha conosciuto il movimento dopo essere stato ammaliato dal carisma di Vincenzo De Luca, il nemico indelebile del grillismo? E ha forse ammirato il progetto del Crescent, il mostro in riva al mare sul quale i grillini hanno avanzato una battaglia campale, prima di fare dietrofront? Eppure è successo. A Salerno il candidato più votato è come l’ovetto di Pasqua: sorpresa! Il giovane Dante Santoro sconfigge il veterano Oreste Agosto. La base tumulta, si spacca e poi si arrende alla crisi di identità. Risultato congelato, sospetti deflagrati sui media locali. “Non si parla di progetto politico ma di nomi, proprio come fanno gli altri. E la ragione di vita diviene candidarsi, o candidare l’amico e il parente”, dice Antonio Barresi, un candidato che si ritira e accusa. Vattelapesca come finirà.

La friggitrice dei meet-up

L’arcobaleno di clic è una friggitoria di risultati diversi che nel vuoto di regole ciascuno inventa e dopo averle inventate vi deroga. A Salerno hanno scelto di far votare gli iscritti, a patto che fisicamente andassero alle urne e coloro, non iscritti, che per almeno una volta avessero frequentato il meet up. Un po’ e un po’. Chissà come hanno fatto a Gela, o come faranno a Roma, oppure a Milano e nelle decine e decine di città e paesi chiamati al turno delle amministrative. Da Torino, armato del suo unico clic disponibile, la chat del sito di Beppe Grillo, il militante Giovanni Barroso considera che le cose non stanno messe proprio benissimo: “Insisto sulle questioni specifiche che però diventano generali: come scegliere la classe dirigente, chi decide le dimissioni e come si decidono le scelte politiche. Bisogna trovare una strada e una sola e al più presto!”.

Il caso di Quarto è fiamma ardente, ansia ricorrente e spettro di una confusione e di una degenerazione progressiva. C’è la nebbia oltre il maledetto clic. Luigi Di Maio inciampa su Quarto e si ferisce: “Questo episodio mi ha fatto male all’anima” dice. Poi pubblica su Facebook il comunicato di Grillo e annota, tentando con mestizia di chiuderla lì: “Lui è il nostro garante”. Invece no, Salvatore Lucignano obietta con qualche ragionevolezza: “È il leader o il garante? E se è il garante quali regole ha violato Rosa, il sindaco contestato?”.

Non c’è la regola, non esiste un codice e si ritorna sempre al principio dell’uno che vale l’altro. E sono tutti uguali, sia nella gioia che nel dolore. Fino ad oggi purtroppo i dolori hanno superato di gran lunga le gioie. Cosa resta del clic?

A Quarto, l’infiltrato De Robbio quasi butta giù una giunta. La senatrice Anna Nugnes: “Io avrei atteso perché lei è parte lesa, non inquisita”. I grillini sembrano trascinati nel girone infernale del sospetto, sul quale hanno conquistato un capitale politico, e rotolano verso l’estensione dell’uno periodico della malvagità: da personale il male diviene collettivo. Uno è uguale a uno soprattutto nel male. Per la proprietà transitiva: cattivo il consigliere, cattivo anche il sindaco.

“Mai cedere il passo a chi porta solo consensi”

Perciò da casa i grillini s’arruffano, contestano, accusano: “Se basta un infiltrato a Napoli e al sud non presentiamoci proprio!”, scrive Paola Giros. E sempre si ritorna al punto: la parità di partenza che fino a ieri sembrava il sol dell’avvenire sta divenendo un incubo. Leggiamo cosa invece detta ai suoi amici la giovane deputata Vega Colonnese: “Mai cedere il passo a chi porta consensi, a chi si pavoneggia, a chi conosce”. Colonnese è napoletana e sa, appunto, che nel paradiso del mondo dei pari, i dispari spesso hanno la meglio. Una giovane e appassionata candidata in una città del sud, chiede di non vedere il suo nome sul giornale ma spiega: “Non possiamo essere tutti uguali, non abbiamo lo stesso talento e la stessa storia. I meet up stanno divenendo un luogo di sognatori o di perditempo, a volte di eccellenti, altre di bifolchi o di ambiziosi. L’uno vale uno si sta rivelando una fortuna per gli invidiosi e gli arrivisti. I nostri parlamentari sono spesso zittiti, mi riferisco a quelli meno noti, magari umili ma che insomma stanno dando prova di saperci fare. Non possono aprir bocca che c’è sempre qualcuno che si alza e dice: zitto, tu sei pari a me. L’irriconoscenza porta a far scappare i più bravi. La teoria dell’uguaglianza è una misura con dentro un palmo di ipocrisia. Perché poi si decide ma senza regole. Così perdiamo i migliori e ci teniamo gli ossessivi o imediocri. Oppure, come nel caso di Quarto, gli spicciafaccende”.

I parlamentari campani sono i più colpiti e giustamente disorientati. Se Carlo Sibilia non fiata, anzi non scrive il post di commento, il collega Luigi Gallo si espone: “Non condivido la posizione di Grillo. A oggi risultano tutti parti lese”. Anna, militante di Quarto, si consola: “Sei uno dei pochi che sta ragionando”.

Da: Il Fatto Quotidiano, 12 gennaio 2016

Share Button