Promossi e bocciati. I protagonisti della battaglia referendaria

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MATTEO RENZI. Vince il referendum sulle trivelle, ma fa la figura di chi aspetta l’ultima partita di campionato prima di dichiarare per quale squadra tifa. Spiega che il quesito è una bufala ma fa spendere trecento milioni di euro pur di non accorparlo alle comunali e assicurarsi così in anticipo il suo fallimento. Il carattere non lo fa vivere senza avere un nemico da battere. Invece di starsene in silenzio sceglie di promuovere, da presidente di tutti gli italiani, la diserzione di massa. Qualcuno glielo ricorderà quando a giugno dovrà chiedere di non andare al mare e dire che alle urne è bello. Poteva però andargli molto peggio se i votanti avessero raggiunto non dico il quorum, ma almeno la soglia del 40 per cento. Voto 6 IPERFURBO

MICHELE EMILIANO. Nelle mani del governatore della Puglia cascano i due milioni di voti di simpatizzanti del Pd che, secondo i sondaggisti, hanno contravvenuto all’ordine renziano. Utilizza l’isolamento nel quale lo cacciano i suoi otto colleghi presidenti di Regione che se la sono date a gambe un minuto dopo il diktat del premier, per rappresentare da solo l’opposizione a Matteo. Il quale, imputandogli la sconfitta, gli riconosce paradossalmente una leadership che nessuno gli voleva assegnare. Se è scaltro può intestarsi la guida di un nuovo ambientalismo, sentimento antico che oggi diviene urgenza assoluta, paura quotidiana. Voto 7 AUDACE

SERGIO MATTARELLA. Ancora non si è capito se è il presidente della Repubblica o un turista al Quirinale. Sceglie la terza età come categoria permanente della sua interlocuzione quotidiana. Dà consapevolmente alle fiamme ogni ipotesi di presenza attiva sulla scena politica fino ad attendere il buio delle tenebre per andare a votare. Incontestabili il rigore e l’onestà di una vita pubblica lunga e fruttuosa, resta il quesito di fondo: parlerà mai? La terzietà è una virtù ma deve essere esercitata altrimenti diviene inconsistenza e si trasforma in vizio. Voto 5 SENZA VALUTAZIONE

LUIGI DI MAIO. La morte di Gianroberto Casaleggio è troppo recente per non farsi sentire sullo stato di forma dei 5Stelle. Fuori sincrono durante tutta la partita referendaria, i grillini hanno sprecato occasioni da gol per stare in campo da protagonisti. Luigi Di Maio ha accettato di correre per la leadership però ha dimenticato – per esempio – che il Movimento aveva la presidenza della commissione di Vigilanza sulla Rai e poteva contrastare con ben altra vigorìa l’ostracismo e la disinformazione della tv di Stato sul quesito. Troppo tempo su Twitter e Facebook; troppo poco a girare l’Italia. Voto 5,5 LEGNOSO

GIORGIO NAPOLITANO. È lui l’ideologo del renzismo. Ha difeso ciò che ieri avrebbe attaccato spiegando a Matteo come si fa a fare il contrario di ciò che si dice. Il presidente emerito non perde occasione per mettere in difficoltà il suo successore al Quirinale e da ex padre della Patria si candida nei fatti a coordinatore della segreteria del Pd. Ispiratore dell’Italicum e della riforma costituzionale, ogni giorno che passa fa un passo in avanti verso l’agone politico. Non resta purtroppo che attendersi qualche comizio in piazza nelle amministrative di giugno. A Napoli, la sua città, e magari a Salerno a fianco del patriota Vincenzo De Luca. Voto 4 SPREGIUDICATO

Da: Il Fatto Quotidiano, 19 aprile 2016