Antonio Pizzinato: “Miei cari Max e Bersani, è tardi per uscire dal Pd”

antonio-pizzinatoEra il primo della fila ora – disciplinato – accetta di stare in coda. È stato segretario generale della Cgil, ora è membro del direttivo del suo circolo. Ha avuto potere, oggi è un felice nullatenente. Chi è abituato a immaginare la politica solo come comando vada a lezione da Antonio Pizzinato. Ottantacinque anni tra qualche mese. È stato garzone, poi operaio, quindi sindacalista. È stato segretario generale della Cgil, poi deputato e senatore. Oggi militante semplice.

Pizzinato, vogliamo ricordare quando la indicarono come successore di Luciano Lama?

Era il 1986. Ringraziai i compagni ma chiesi comprensione. Non ero preparato a quell’incarico e lo dissi: mi serve un po’ di tempo per formarmi meglio. Sa, un salto di quel genere. I compagni rifiutarono. Mi dissero che avrei dovuto accettare senza se e senza ma. E così feci.

A rileggere ora le sue preoccupazioni viene da sorridere.

E perché mai? Quel che manca alla sinistra è l’umiltà e la concretezza. Il potere per il comando è una traiettoria di vita che non ci appartiene. Anche per questo ho rifiutato di iscrivermi nel Pd. Non mi convinceva. Ho preso la tessera della Sinistra italiana.

Ma umiltà può anche significare modestia, assenza di talento.

Per fare politica ci vuole passione e poi talento. Se il talento manca nelle dosi giuste bisogna ricorrere a un impegno meticoloso. Bisogna prepararsi, leggere e studiare.

Quando era operaio della Borletti condusse una battaglia, che vinse, per la scuola serale.

Così si cambia la società. Noi volevamo imparare, eravamo a corto di studi e volevamo sopperire. Perciò facemmo una battaglia perché le aziende agevolassero il nostro compito e ottenemmo una piccola ma decisiva riduzione dell’orario di lavoro e il finanziamento dei corsi.

Oggi sarebbe incredibile, forse impossibile.

Partiamo dalla realtà, vediamo cosa dice alla sinistra questo dato. Solo nella mia Lombardia ci sono 343 sezioni aperte e attive dell’Anpi. E il 40 per cento degli iscritti ha un’età inferiore ai cinquant’anni. Non essendo un’associazione di reduci in procinto di essere tumulati, chiedo: esiste un altro partito o movimento che possa eguagliare queste cifre? E qual è il motivo di questo entusiasmo verso i partigiani? Rispondo: è la Costituzione. Hanno combattuto per dare all’Italia una carta di diritti che sollevasse l’ultimo dalla sua condizione. La stella polare è l’articolo 3: “…è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale e via dicendo…”.

Bastava che la sinistra la tenesse a mente.

Esatto. Prendere alla lettera il dettato costituzionale significa fare una rivoluzione nel costume, nei rapporti di forza sociali. Rimuovere gli ostacoli è un obiettivo tecnicamente rivoluzionario. Invece questi pensano solo a raggiungere il comando nel più breve tempo possibile.

Non apprezza la scelta di Bersani e D’Alema di lasciare il Pd?

Troppo tardi. E sono stati inerti troppo a lungo. In questi tre anni di governo Renzi cosa hanno fatto?

Ha ricevuto quindici giorni fa dalla Camuso la tessera numero 1 della Cgil.

A quindici anni presi la prima, a 85 ho in tasca l’ultima. Vede quanto tempo è passato? Altro che velocità, la politica ha bisogno di assecondare la vita, darle qualità e sviluppo.

Come quando il Pci la mandò in Unione sovietica a studiare.

Quattro anni, tra il ‘58 e il ‘61. Era una scuola superiore di politica. Trovavi cinesi e americani, africani e scandinavi. Mi mandarono in Cecenia e in Siberia a vedere cosa fosse il mondo. Lasciamo stare per un momento il contesto, parliamo del merito: c’è una scuola di politica in Italia? Una scuola seria dove devi studiare e pure a lungo? Se la sinistra perde il pensiero, cioè la traiettoria della sua azione, non è per caso che nessuno studia più?

Tutti comandano, ma nessuno sa.

Sono stato sottosegretario al Lavoro. Il primo giorno che presi possesso dell’ufficio trovai in agenda due telefonate: una del presidente della Repubblica, allora era Cossiga, l’altra del presidente del Consiglio. Volevano parlarmi e desideravano che io illustrassi le mie idee. Secondo lei Renzi a chi ha telefonato?

Parlarsi.

No: la parola magica della sinistra è partecipazione. Se tu escludi, chiudi la tua porta, corri al riparo dei vetri oscurati della tua auto di Stato chi mai conoscerai, cosa saprai della vita?

Abbiamo detto che la sua dose principale è l’umiltà.

Conoscere i propri limiti è una grande virtù. Non fui riconfermato sottosegretario e mi mandarono al Senato in commissione Bilancio. Lì trovai un capogruppo preparato, Enrico Morando, che mi insegnò un sacco di cose. Per me è stata una ricchezza apprendere e trovare un compagno disponibile a rendermi agevole quel nuovo compito.

Oggi chi insegna?

Tutti autodidatti. È un armata Brancaleone. Se il Parlamento scade a livello di bar sport, quale sarà la qualità delle sue leggi, dove troverà le competenze per scorgere nelle pieghe di un codicillo una ingiustizia o un favore?

Non tutti sono Pizzinato, da Sesto San Giovanni.

Ho vissuto sempre qui, nel cuore di quella che era la fabbrica, il motore umano del Novecento.

Da: Il Fatto Quotidiano, 27 febbraio 2017

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