Tour de France, sputi ai nemici inglesi. L’odio arriva nel ciclismo

Poteva l’odio garantire zone franche? Poteva l’invidia non esondare e allagare anche quei campi rimasti all’asciutto di contumelie? Così pure il ciclismo, l’ultimo spettacolo che si guarda senza dover pagare il biglietto, la strada è il campo di gioco, subisce il destino di questo tempo.

Il Tour de France è la gara a tappe più famosa e più seguita al mondo. Lungo la strada migliaia di appassionati (all’Alpe du Huez un milione di persone erano sul ciglio dei dodici chilometri più impegnativi, una scalata memorabile) attendono ore se non giorni pur di guadagnare le migliori posizioni. E da sempre solo applausi di incoraggiamento, tranne trascurabili episodi di incontinenza.

Quest’anno però sono comparsi i fumogeni, che è veleno puro per chi è già in debito d’ossigeno e sta scalando una montagna, poi secchiate d’acqua gelida e cattiva, o spintoni, oppure ostruzioni (il nostro Nibali, il miglior corridore italiano, si è dovuto ritirare finendo in ospedale) o infine sputi.

Lo sputo è il nuovo biglietto da visita. Lo sputo al nemico, in questo caso il team britannico Sky e i suoi campioni, Geraint Thomas e Chris Froome, rispettivamente primo e secondo in classifica, è il modo in cui si evolve tristemente il rispetto di un tempo verso il più forte, lo sputo è il marchio di fabbrica dell’invidia sociale, lo sputo, che sui social si esprime con le parole-rutto, al Tour si manifesta con il corpo.

Finora mai, nemmeno quando alcuni corridori come Froome, sospettati di aver fatto uso di farmaci vietati, ci si era spinti a tanto.

Ma il vento dell’odio spira forte, e legittimato anzi sostenuto dalla classe dirigente che invece di trovare risposte ai nostri bisogni ogni giorno indica nuovi nemici alle nostre ansie, avanza in territori proibiti.

Il fumogeno velenoso, le secchiate d’acqua cattiva, lo spintone, la parolaccia, infine lo sputo. È l’azione ascendente di chi odia: prima lo manifesta con i simboli dello sfregio, poi adotta il vocabolario dell’ingiuria, infine mette il proprio corpo al servizio contundente.

E non si ferma mai, non si ferma più.

da: ilfattoquotidiano.it

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