Basilicata. Voto senza data nel feudo dei Pittellas in disarmo

Tu sei al servizio delle lobby e dei potenti”. “E io ti querelo”. “E non voglio gentaglia, e poi Salvini ha scelto me per rappresentare la Lega”. “Anch’io sto con Salvini e dico solo che se me lo chiede io sarei disposto anche a fare il candidato governatore”.

Gli stralci della spassosissima lite tra il segretario lucano dei leghisti, Antonio Cappiello, e l’unico senatore che a oggi rappresenta Salvini in Parlamento, Pasquale Pepe, su chi già debba comandare in quel che appare come il feudo in disarmo dei fratelli Pittella, Marcello e Gianni, stabilisce in modo incontrovertibile che al fondo non c’è fondo.

Ricapitoliamo: la Basilicata sarebbe dovuta andare al voto in ottobre per rinnovare il consiglio regionale e il suo presidente. Terra monocolore del centrosinistra, perno sul Pd, e da circa un ventennio, per delega o in via diretta, detenuta dai Pittellas. Gianni senior a capo del gruppo socialdemocratico europeo, Marcello junior governatore al primo mandato. A giugno – dopo la legnata che fa retrocedere Gianni senior dai fasti di Strasburgo alla condizione umile di deputato nazionale ripescato – con un mezzo plebiscito il Pd conferma Marcello e lo ricandida. Passano alcune settimane e Marcello finisce agli arresti domiciliari: accusato di aver raccomandato troppo, oltre i limiti della decenza. Con il governatore inchiodato nel salotto, la Regione ritrova incredibile smalto e capacità di decisione. Il 20 agosto promulga con i soli voti della maggioranza la legge che cambia il sistema elettorale. Non più voto disgiunto, non più listino del presidente, alternanza di genere. Cambia la legge e saltano i tempi di voto. La prima data utile diviene dicembre. Ma in Lucania col freddo che fa? Allora gennaio. Ma il gelo insiste, la neve copre i paesi di montagna e si scioglie a primavera.

La magia sta per dare i suoi frutti: se tutto andrà come si spera, le elezioni arriveranno insieme alle rondini. “Io dico che avremo il tempo per valutare il da farsi con Marcello, che sicuramente sarà tornato libero”, dice Mauro Polese, il segretario regionale del Pd.

NELLA TRAGICA sospensione da ogni certezza si sviluppa la spassosa seppur sanguinosa lotta fratricida leghista, il cavallo vincente del centrodestra. Sono in due a contendersi lo scettro del comando. Uno è deputato mancato, l’altro senatore eletto. Ambedue esibiscono certificazioni di autenticità salviniane. Il ministro dell’Interno celebrerà il 29 settembre a Matera, durante la festa nazionale della Lega, lo scontro e poi l’incontro. Matera, affogata dai soldi, zeppa fino al collo di euro per via della elezione a capitale della Cultura per il 2019, tenta disperatamente di appaltare qualcosa dei novanta milioni che ha in cassaforte. Non si trovano progetti esecutivi, e i pochissimi già definiti, produrranno opere che non riusciranno a vedere la luce prima che la città diventi capitale.

La Basilicata è così. Ha il petrolio, che sputa soldi e fiamme nella conca inquinata di Viaggiano, ma conserva il reddito più basso dei suoi abitanti. Ha i Sassi, che il mondo ci invidia, ma non riesce a trasferire ricchezza al resto della regione.

Perciò in molti si stanno adoperando per la svolta. Oltre a Salvini, una new entry da riferire è quella di Carmen Lasorella, giornalista Rai che i più anziani ricordano per la voce vellutata e densa. Adesso intende affrontare il problema dei problemi: fare ricca una regione povera. “Nella vita ho sempre accettato le sfide ambiziose. Sono a Potenza per organizzare un grande movimento civico. Ma il mio interesse è quello di governare. Come cambi se non governi? Quindi se il mio nome può essere utilizzato da collante… Sono sempre rimasta fuori, ho difeso con intransigenza la mia identità”.

IL NOME? Il collante? La prendono a ridere quelli del Pd. “Non è un nome rilevantissimo, né mi sembra che abbia segnato una vita fuori dal collateralismo con certi ambienti”, dice il segretario regionale. E chi salverà allora la Lucania? I Cinquestelle, è chiaro. Sono gli unici che hanno un candidato, Antonio Mattia, un piccolo imprenditore che ha vinto la lotteria delle regionarie, il sistema interno di selezione a forza di clic al computer. Primo partito, vessillo della rivoluzione. Solo che non si è capito se sia già tutto finito e il bottino lo abbia trafugato in queste settimane l’alleato furbastro, il prode Salvini.

Il quale ora ricorda di essere un alleato di centrodestra e pretende che l’anima morta di Forza Italia, che qui è davvero assemblaggio di vecchie cariatidi, sottoscriva la delega in silenzio e con tutta la felicità possibile. “Con la nuova legge elettorale il presidente comanda poco, tutto sarà nelle mani degli assessori. Con l’eliminazione del voto disgiunto hanno fatto una cattiveria perché qui in Basilicata il voto è diretto, si dà intuitus personae, quindi è geneticamente disgiunto. Lo ricongiungono per tenere unito il partito in sfacelo”, dice Lasorella.

ALLORA, e per concludere. La Basilicata va al voto, ma forse no. La prima data utile è l’inverno ma forse no. Il candidato governatore del Pd è Marcello Pittella, ma forse no. “Non mi permetto, per rispetto della magistratura e per il dolore di sapere mio fratello privato della sua libertà, di commentare un solo atto di questa vicenda. Dico solo che davanti a un quadro così demoralizzante di pretese e pretendenti, ritengo che il meglio che si può avere e desiderare era e resta quel che c’era”. È l’analisi e la speranza di Gianni Pittella, il dominus superstite o forse no.

Da: Il Fatto Quotidiano, 13 settembre 2018

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