La crisi e il partito del cucù

Chi ha voluto il Rosatellum? Il Pd, Forza Italia e la Lega. Cos’è il Rosatellum? Una legge elettorale per tre quarti proporzionale più un blando correttivo maggioritario. Cosa aveva invece proposto il M5S? La legge elettorale tedesca fondamentalmente proporzionale con un appena più accentuato correttivo maggioritario. Tutti dunque tenevano al proporzionale. Ma nessuno aveva badato alle conseguenze tipiche dell’effetto ottico. Il proporzionale è infatti un sistema capace di farti perdere anche se vinci oppure, e peggio, riesce a far credere a tanti di essere maggioranza fin quando non fanno di conto e scoprono di essere minoranza. Per cui, invocati dall’emergenza, al capezzale della legislatura giunge infine un largo schieramento trasversale di sconfitti che, pur di tenerla in vita, guadagnano la maggioranza: il cosiddetto partito del cucù.

da: ilfattoquotidiano.it

Milano, le mazzette tra l’anca e l’esofago

Dove c’è un ospedale c’è una tangente. E’ sempre così, è quasi ovunque così. Che sia sanità disastrosa (Calabria) o eccellente (Lombardia) il pizzo, il pegno, il dazio risultano oramai un obbligo ineliminabile, una consuetudine assoluta, una tappa suggerita ai frequentatori di questi luoghi.

Di qualche ora fa la notizia di quattro primari arrestati a Milano. Corrotti, secondo l’accusa, da chi confeziona e vende le protesi mediche.

L’uomo sarà anche peccatore, ma è insopportabile che ogni peccato si consumi prevalentemente dove il dolore chiede di essere alleviato.

Oramai i partiti sono estinti, tranne che nelle corsie degli ospedali. E anche i sindacati, resi un corpo tumefatto e immobile, vivono una vita effervescente solo in quelle stanze.

In un ospedale si avrebbe da chiedere umanità, pietà, competenza e anche pazienza. Invece ci ritroviamo sempre a far di conto con il solito pugno di mazzette sparse tra l’anca e l’esofago, il cuore e i polmoni.

da: ilfattoquotidiano.it

Di ragù si può morire, se l’idiozia diventa questione di massa

Una signora modenese di 47 anni minaccia sua madre settantenne con un coltello. Motivo: mamma sta preparando il ragù e la figliola – vegana – reagisce all’affronto con l’arma finale. Concordo con voi: la questione dovrebbe essere devoluta a un bravo psichiatra. Prima dello psichiatra c’è però un elemento su cui riflettere: le passioni, le scelte di vita, sempre più spesso si trasformano in ossessione e non sembra esserci cura. La politica, il calcio, gli animali. Adesso persino il cibo. E la passione si trasforma in ossessione appena il tema diviene televisivo, assurge a stile di vita, a questione popolare, e non c’è modo per contenere la smodatezza dei comportamenti, l’esondazione del pensiero in filippica quanto non in gesti violenti. Siamo riusciti a realizzare un fronte di guerra persino sulla vaccinazione, illustrando (e le librerie sono purtroppo piene di tomi esplicativi) conflitti armati tra pro vax e no vax.

L’idiozia dovrebbe essere selettiva. Ma se diviene di massa?

da: ilfattoquotidiano.it

I due Matteo: Salvini A non sa o non ricorda cosa fa Salvini B

C’è un Salvini A e un Salvini B. Un Matteo di diritto e un Matteo di rovescio. E la cosa stupefacente è che il primo Salvini non sa che combina il secondo. Matteo, per esempio, non sa o non ricorda che il Rosatellum, questa immonda legge elettorale, è anche opera sua. Anzi, per dirla tutta, dobbiamo ringraziare lui se è stata approvata. I due Matteo infatti non si parlano, e quindi il primo non sa nemmeno che il secondo ha ottenuto, durante la campagna elettorale, un aiutino, qualche migliaio di voti, da Giuseppe Scopelliti, ex sindaco di Reggio Calabria ed ex governatore della Regione, da ieri costretto al fermo tecnico in carcere per averfalsificato i bilanci della sua città, oggi in dissesto, al tempo in cui la sgovernava. E Scopelliti insieme a Gianni Alemanno, inquisito per finanziamento illecito e incappato nelle maglie dell’inchiesta su Roma Capitale – aveva fondato il movimento per la sovranità. Quella che tanto piace a Salvini, il primo dei due.

E Matteo, il primo Matteo, neanche sa o ricorda che il suo alter ego si era fatto ritrarre in una bella foto al mare con Alessandro Pagano, a cui ha concesso l’onore di guidare il movimento in Sicilia, con un bel curriculum politico alle spalle: una sorta di re del trasformismo. Ai domiciliari per voto di scambio sono finiti in questi giorni il coordinatore palermitano Salvino Caputo e suo fratello, candidato non eletto alle regionali.
Se Matteo sapesse, altro che ruspa…

da: ilfattoquotidiano.it

Frizzi e la scoperta della gentilezza: parola antica ma trascurata

Un grande poeta italiano e mio caro amico, Pierluigi Cappello, scomparso pochi mesi fa, era spesso chiamato il poeta della gentilezza. Per la capacità dei suoi versi di trasformarsi in carezza, per lo lo sguardo dolce e mite del suo pensiero, il seme della conoscenza.

E gentilezza è la parola che oggi si unisce a un’altra persona molto popolare che è andata via: quella di Fabrizio Frizzi. Non c’è confronto culturale tra i due personaggi, ma non è questo che ora conta. Vale di più, forse, il fatto che la morte di Frizzi ci abbia costretto a riaprire il vocabolario e rileggere questa parola così antica, bella ma trascurata: la gentilezza.

da: ilfattoquotidiano.it

Beppe Grillo tra il sogno di una società più giusta e il guaio di aver marchiato a fuoco tutti i giornalisti

Tra le cose buone che ha fatto Beppe Grillo, che è pur sempre un comico, è aver dato a tanti italiani una direzione alla propria passione, un’idea alla vita e anche un conforto a quella che oggi sembra purtroppo solo una suggestione: una società un po’ più giusta, meno potenti sul calesse, meno poveri in giro. Ha combinato anche guai e tra questi il più cattivo è aver marchiato a fuoco sotto il timbro della indegnità, del leccaculismo, della viltà una intera categoria di lavoratori che sono i giornalisti. Intendiamoci: i giornalisti sono come i tubisti, i dentisti, gli elettricisti e quel che vi pare a voi. Bravi e meno bravi, coraggiosi e vili, di potere o di piazza, onesti o manipolatori. Nessuna novità al riguardo. E truffatori, cannibali, fancazzisti, idioti o geniali si ritrovano in ogni arte e mestiere.

Averli trasformati tutti in una accolita di pennivendoli ha permesso la più odiosa delle accuse: colpevole per razza. Sei giornalista? Dunque sei venduto, oppure rappresenti qualcuno, portavoce o meglio portaordini. E così è successo che ieri, invitato a un dibattito al Tg3, abbia dovuto ascoltare un deputato di Forza Italia, Francesco Paolo Sisto, replicare a una mia breve e piuttosto scontata analisi sul tramonto del berlusconismo come fossi il rappresentante dei grillini: “Voi zitti eccetera eccetera”. Eh sì. Essendo giornalista del Fatto Quotidiano potrei mai scrivere e pensare in libertà, secondo quel che mi frulla in testa? E il mio giornale può mai rappresentare le proprie idee come ritiene giusto? Dev’essere per forza apparentato con qualcuno, finanziato da qualcuno, cooperante o cospirante con qualcuno.

E così il comico Beppe Grillo, che ha dato passione a tanta gente, ha ridotto un pezzo della società in schiavitù e ora si ritrova, perché la storia ricambia sempre le cortesie, ad essere lui il potente di turno e lo schiavista di Palazzo. Ha dato a noi giornalisti l’etichetta di pennivendoli, in modo che voi lettori simpatizzanti del movimento poteste sentirvi autorizzati a coprire di insulti chiunque e ora si ritrova, per il principio del contrappasso, tante penne catalogate – a sua insaputa – come già vendute a lui in modo che voi lettori antipatizzanti del movimento possiate sentirvi autorizzati a coprire di insulti chiunque abbia idee che non collimano con le vostre.

Buone contumelie a tutti.

da: ilfattoquotidiano.it

Breve storia dell’hastag #senzadime e quelle incaute lezioni di Casaleggio

Se i partiti sono finiti la democrazia digitale, quella che piace tanto a Casaleggio (al padre come al figlio), è così pubblicamente perforabile, manipolabile, riconducibile a una volontà esterna che fa sorridere o allarmare, a seconda dei casi, la fede assoluta nel clic. L’ultima prova a Davide Casaleggio e a tutti noi è consegnata su un piatto d’argento da ciò che ha costruito sul web il Pd per convalidare il no renziano a qualunque accordo governativo con i Cinquestelle. Il sito thevision.com ha ficcato il naso su come è nata e si è sviluppata su twitter la campagna #senzadime, l’hashtag col quale gli elettori del Pd rifiutavano qualunque intesa con Di Maio e soci. Su twitter è stato un plebiscito di no e dal momento che ogni cosa che accade lì giunge nelle pagine dei giornali, quel no si è trasformato in vistosi titoli (“L’urlo collettivo del popolo del web ha decretato che l’alleanza non si deve fare”, così La Repubblica).

I colleghi di thevision, incuriositi, hanno iniziato a indagare l’identità di quei tweet, la corrispondenza tra il nickname e una persona fisica. Una ricerca persino banale. Hanno scoperto che i primi mille tweet (necessari a far entrare l’hastag nel trend topic, la classifica dei temi più seguiti e dibattuti) più della metà (519) provenivano dallo stesso account e uno di questi (@Monica64512055) era stato creato alle 2,26 a.m. del 7 marzo e in una stessa giornata aveva twittato 1080 volte. In quattro giorni Monica twitta con l’hastag @senzadime o @senzadinoi 985 volte. Ricordarsi che si ritiene fasullo l’account se il numero dei tweet in un giorno supera i 50.

Questo è quel che è successo. Ma il Pd ha fatto quel che fanno tutti sul web: se i partiti sono morti, e non si può dar torto a Casaleggio, coloro che li guidano sono vivi e vegeti e hanno capito che il web è come una grande friggitoria: butti nell’olio bollente qualunque cosa e ti esce fritta a puntino, dall’aspetto dorato. Poi la assaggi e ti vien voglia di vomitarla.

da: ilfattoquotidiano.it

Firenze, Rokhaya e i suoi due mariti uccisi perché neri

Rokhaya Mbengue abita a Pontedera ma è nata a Morola, in Senegal. Ed era nel suo paese quando, il 13 dicembre 2011, seppe che suo marito, Samb Modou, un venditore ambulante che offriva le sue chincaglierie ai turisti di Firenze, era stato ucciso da Gianluca Casseri, un militante di CasaPound. L’uomo bianco aveva vendicato la sua razza freddando anche un altro compagno di lavoro nero, pure lui senegalese.

Qualche anno dopo la donna si risposa e accetta l’invito del suo secondo marito, Idy Diene, di venire in Italia. Fa la badante. Ha una figlia, nata dalle nozze di primo letto, da mantenere. Idy, anch’egli senegalese, vendeva ombrelli per i turisti in visita a Firenze, fino a quando, qualche giorno fa, non ha incontrato sulla sua strada (in verità è comparso alle sue spalle), un altro uomo bianco, Roberto Pirrone, tipografo che senza un perché gli ha scaricato contro tre colpi di pistola e l’ha ucciso.

da: ilfattoquotidiano.it

La lezione di quella mamma che non perdona il proprio figlio

Un figlio viene come vuole lui. Cresce storto o dritto, come le piante, e tu non ci puoi fare niente”. È il papà di uno dei tre ragazzi che hanno ucciso a bastonate una guardia giurata intenta a compiere l’ultimo atto del suo lavoro quotidiano: chiudere i cancelli della metro a Piscinola, periferia est di Napoli, disgraziata e degradata.

Un figlio cresce e vede, emula e impara. Impara a fare il barbiere oppure il rapinatore. Può il destino essere l’unico arbitro della nostra vita? Quel papà pensa che il destino sia tutto, e non trova – perché forse neanche la cerca – la propria responsabilità. Sua moglie invece, proprio in nome della responsabilità e non del destino, è implacabile: “Non lo perdonerò mai, mio figlio non mi vedrà mai più”. Il papà ha assistito inerme che quella vita crescesse storta. Si giustifica e un po’ si perdona. La mamma invece ha fatto ogni cosa possibile per raddrizzare la pianta. Non ci è riuscita e sente di dover pagare il pegno della sua colpa con la più dura delle sanzioni. Infatti dove c’è responsabilità non c’è perdono.

da: ilfattoquotidiano.it

L’oro d’Italia

Un cargo russo in fase di decollo da un aeroporto siberiano ha fatto scivolare sulla pista, per un guasto al portellone, circa 3,5 tonnellate di lingotti d’oro. Non si sa se siano stati recuperati tutti oppure qualche chilo sia sfuggito, né si conosce la proprietà di tutti quei lingotti a quale magnate appartengano. La Banca d’Italia nei suoi caveau conserva circa 90 miliardi di euro in oro. Tonnellate e tonnellate di lingotti, una riserva aurea cospicua e abbagliante. E’ così tanto l’oro che possediamo che risulta invendibile. Infatti gli economisti ci ricordano che scaricare sul mercato anche solo poche quantità (che comunque sarebbero nell’ordine di decine di tonnellate) provocherebbe un crollo dei prezzi e l’oro si trasformerebbe in rame. Così qualche anno fa è successo alla Banca d’Inghilterra, impegnata a vendere i suoi lingotti e poi, vista l’aria, obbligata a fare marcia indietro. “Non lo vendo neanche per tutto l’oro del mondo”, usiamo dire per definire quel che abbiamo di più prezioso e intoccabile. Ora sappiamo che seppure lo avessimo quell’oro non varrebbe più oro. Se la ricchezza si fa smodata perde di valore, diviene visione e abbaglio, e accade che per spenderla (succede agli emiri, ai grandi criminali e pure alla famiglia Trump), si è costretti a disseminarla fino alla toilette, nei dintorni della tavoletta del water.

da: ilfattoquotidiano.it