Il fatturato dell’onestà

Esiste solo ciò che appare. E quel che appare, per una fetta oramai ragguardevole di italiani, è che in tanti, troppi, utilizzano le funzioni pubbliche a fini privati e pochi rifiutano questo sistema. Perciò il valore primordiale dell’onestà, che in questo caso assume il significato di disinteresse al proprio successo economico, assume un valore assoluto e supera, nel giudizio di merito, quello altrettanto rilevante della competenza. I cinquestelle fatturano politicamente l’esubero della richiesta di onestà, anzi la trasformano in una rendita parassitaria avendo al cospetto un sistema di partiti che non solo non trova necessario contrastarli su questo terreno ma li lascia monopolisti assoluti di tale offerta. Cosicché l’incompetenza, acclarata o meno, la confusione di ruoli, l’iniquità della selezione della classe dirigente, l’accrocchio con cui si sono composte le liste elettorali, il velleitarismo col quale si affrontano problemi molto più che complicati, perdono – nel confronto costi-benefici – il valore che pure dovrebbero avere. Avendo il sistema tradizionale dei partiti rinunciato, in forme invero variabili, alla reputazione, lasciato colpevolmente cadere ogni credito di far bene per il bene di tutti, la scelta, banale e approssimata ma sincera e perfino comprensibile, ritorna al suo stadio primitivo: l’onestà. E chi la sfodera, esibendola attraverso anche forme minime com’è quella della restituzione di parte dell’indennità parlamentare, trova un compenso, in moneta elettorale, molto più alto di quel che gli altri competitori si attenderebbero. Per questo, io penso, il clamore suscitato dai furbetti del bonifico non avrà riscontro nelle urne. Loro, i cinquestelle, se rubano, rubano a se stessi. Gli altri no. E questo assunto, per colpa degli altri, diviene totem.

da: ilfattoquotidiano.it

I Cinquestelle e l’intramontabile Totò: è la somma che fa il totale

Questa rubrica arriva fuori orario perché, volendo scrivere dei bonifici a cinquestelle, mi sono detto: meglio aspettare un po’, vuoi vedere che quel milione di euro che manca al totale lievita ancora? A quest’ora il milione è superato di 400mila euro perché sul conto per le piccole imprese alimentato – come sostenuto – esclusivamente dai parlamentari, il totale versato (23 milioni di euro sui 23,5 milioni di euro dichiarati) comprenderebbe anche 900mila euro donati da consiglieri regionali del movimento e perfino da ex deputati e senatori espulsi.

La questione è chiara e la trascrivo come l’ho letta da un amico di Facebook. Se revochi in dubbio la moralità altrui è prevedibile e perfino sensato che gli altri ti rendano la pariglia. Perciò: dopo averci sbomballato per anni con la restituzione delle indennità a favore della microimpresa, per favore amici grillini tenetevi le contestazioni e fate autocritica. Non vale l’argomento: quanta caciara per un piccolo errore. La caciara l’avete seminata da soli. È ora di crescere.

da: ilfattoquotidiano.it

Aiutiamoli a casa loro

L’Occidente è invaso. Aiutiamoli a casa loro. Delinquono. Rimandiamoli a casa loro. Sbarcano. Restituiamoli ai loro Paesi d’origine. Infatti stiamo aumentando gli aiuti ma li affidiamo a governi corrotti che continuano ad affamare gli affamati ma ci permettono anche di far fruttare gli investimenti (petrolio, oro, gas, terre vergini, etc.) che altrimenti non ci sarebbero concessi. Risultato: l’Occidente farà profitti ma continuerà ad essere invaso. E un giorno, visto che chi ha fame non si decide a morire in casa sua, arriveremo alla soluzione finale: spararli noi, magari per legittima difesa, che è pure una giusta causa.

da: ilfattoquotidiano.it

Siccità, l’acqua non c’è più ma la politica non ne parla

Provate a non bere. Solo per mezza giornata. O provate a non lavarvi per due giorni interi. Questo inverno ha piovuto la metà di quel che attendevamo e se tutto dovesse andare per il verso sbagliato l’emergenza siccità inizierà molto prima dell’estate. A Palermo già hanno iniziato a prevedere il razionamento. L’acqua è l’oro blu. L’acqua è la nostra vita. E’ come l’aria. Dovremmo riparare in fretta la nostra rete idrica che è un colabrodo, e costruire invasi per non disperdere quel po’ di pioggia che cade, e imparare a consumare meglio, a ridurre ogni spreco.

L’acqua sarebbe il tema politico per eccellenza. La questione aperta che divide il sud dal nord del mondo, l’elemento naturale della vita che porta ricchezza o conduce alla povertà. Avete sentito in tutti questi giorni non una soluzione possibile, ma una sillaba, una parola, un soffio di attenzione sul problema più grande della nostra civiltà dai partiti che si contendono il governo del Paese?

da: ilfattoquotidiano.it

Italo e Alitalia, trova le differenze

Italo è una gran bella storia di successo. Un gruppo di imprenditori ha scelto di investire nel trasporto ferroviario, grazie alla legge che toglieva al soggetto pubblico il monopolio, e in quattro anni di attività hanno fatto bingo. Ogni euro speso è rientrato e altri nove euro si sono aggiunti come premio. Due miliardi e 500 milioni il prezzo pagato da un fondo di investimenti americano. Sono i soldi del successo, il premio a chi vede lontano e rischia di suo.

Un altro gruppo di imprenditori ha scelto di investire sul trasporto aereo acquistando Alitalia. L’affare si è rivelato poco petaloso. I debiti sono cresciuti, le tratte sono diminuite, i conti sono saltati per aria. Cosicché gli imprenditori hanno salutato i dipendenti, lasciati all’imbarco, e se la sono data a gambe. Il governo sta provvedendo alla vendita, non prima di aver sganciato 600 milioni di euro, detti elegantemente prestito ponte, somma che poi è salita a 900 milioni di euro.

Morale: se l’affare è buono, l’imprenditore raccoglie i frutti e non divide il bottino con nessuno. Quando l’affare si rivela cattivo, un colpo di tosse, un passo di lato, e Dio provvede. Poi chiamalo capitalismo.

da: ilfattoquotidiano.it

La petizione, nuova forma di petulanza online

Sempre più spesso ci capita di essere coinvolti in una qualche petizione. E’ uno strumento utile e civile che con la digitalizzazione si va facendo sempre più frequente grazie a una piattaforma, Change.org, che raccoglie e organizza la raccolta di firme. E così, dopo essermi ritrovato destinatario di una richiesta di petizione per la fine della guerra in Congo, la libertà alle donne saudite, l’obbligo per le aziende di ridurre gli scarichi inquinanti, eccetera eccetera, mi è giunta quella di invitare Asia Argento a non ipotecare casa a Morgan, il suo ex marito che è indietro con gli obblighi di mantenimento della loro bambina. La casa no, Morgan ha difficoltà finanziarie e un tetto bisogna pur lasciarglielo altrimenti rischia di finire per strada e, preso dalla disperazione, anche di suicidarsi. Nella petizione infatti si fa pure riferimento a una legge recente, la cosiddetta “salva suicidi” che aiuta le persone in crisi.

Domanda: non sarebbe il caso di lasciare a tutti i Morgan viventi la scelta di decidere sul rispetto dei loro impegni, che tra parentesi saranno pure cavoli loro, e noi invece, sempre tra parentesi, dedicarci a quelli nostri che pure sono faticosi? Come per i farmaci, anche le petizioni hanno infatti effetti collaterali. In questo caso il famoso “ma i cavoli tuoi quando te li fai?” calza a pennello. Pensare di più, almeno tre volte al giorno, preferibilmente passeggiando e senza il contapassi del telefonino in mano.

da: ilfattoquotidiano.it

L’erba uguale per tutti

L’erba dev’essere uguale per tutti. Mediapro, la concessionaria dei diritti televisivi del calcio, ha una sua strategia per farci divertire come non mai e ha iniziato a porre le sue condizioni. Basta con il famoso detto: “L’erba del vicino è sempre più verde”. Il colore del prato, il verde, dev’essere della medesima intensità in tutti i campi di calcio. Basta col verde muschio, il verde pisello, il verde acquerello, il verde svogliato. Dev’esser verde prato per tutti. Stessa tonalità. E i fili d’erba dovranno avere la stessa altezza, si giochi a San Siro o a Palermo.

Per farci sentire ancora più coinvolti, noi telespettatori che abbiamo acquistato il pacchetto televisivo “più calcio più felicità”, non dobbiamo desolarci nel vedere tutto quell’orribile vuoto nelle tribune, sinonimo di disinteresse e pigrizia sociale. Mediapro prevede che tutti gli spazi inquadrati debbano essere occupati da tifosi, o in mancanza da figuranti o, in ulteriore assenza, da soggetti coscritti. Così, e non lo sapevamo, già fanno pure in Spagna e con ottimi risultati. Guardare la partita a spalti televisivamente pieni, con urla in play back, è molto più avvincente per lo spettatore casalingo. Mediapro infine, nel prontuario che ha messo a punto per far divenire la serie A famosa e bella come la Premier League inglese, chiede che i led che illuminano i tabelloni pubblicitari abbiano lo stesso colore. Pasta De Cecco o gomme Michelin ma nella tonalità giusta per dare uniformità visiva al messaggio.

Sono pochi obiettivi, ma chiari. Non è comunque specificato se l’erba, di identica tonalità e medesima lunghezza, possa poi venire calpestata dai calciatori. In ogni caso, per evitare fraintendimenti e nel caso il campo da calcio non fosse calpestabile per non rovinare la ricrescita dell’erba, ci sarà lo speaker suggeritore che utilizzerà l’Inno alla gioia come base e l’incitamento pre registrato che Fiorello ha appena portato al festival di Sanremo: “Su le mani! Giù le mani!”. Noi da casa potremo esultare seguendo il ritmo.

da: ilfattoquotidiano.it

I piedi al posto della testa, la logica inversa

Lasciamo cascare dalla tavola 1,3 miliardi di tonnellate di cibo acquistato, magari anche cotto ma non consumato. Grazie ai soldi spesi, alcuni miliardi di euro, trasferiamo il cibo che abbiamo comprato nella busta dei rifiuti. Spenderemo un altro pacco di soldi per portarli al termovalorizzatore. Che brucia ma inquina. Per difenderci dall’inquinamento prodotto dai gas derivati dalla bruciatura del cibo che abbiamo acquistato, forse anche preparato ma non consumato, dovremo investire un altro bel po’ di pacchi di euro.

Usando i piedi al posto della testa possiamo allargare il perimetro del nostro pensiero: se c’è più mafia o anche solo criminalità comune, ci saranno più occupati nelle forze dell’ordine, e quindi più sicurezza.

La logica non fa una piega.

Finora nessuno ha detto che non siamo noi ad essere razzisti ma loro a essere neri. Ma non c’è da disperare.

da: ilfattoquotidiano.it

Macerata e la paura della paura

La mia paura è giungere – per paura – al punto in cui è precipitato quel cittadino bianco di Macerata, il luogo del raid razzista, che a Goffredo Buccini del Corriere della Sera ha dichiarato: “Non si spara così, poteva piglia’ qualcuno”.

L’abisso dei sentimenti si raggiunge in un tempo più breve di quanto possiamo prevedere o augurarci. E’ spinto dall’ignoranza che genera la paura, dalle parole che producono ignoranza e dalle decisioni pubbliche che investono sull’ignoranza e sulla paura per profittarne.

Si fa profitto se la grande migrazione, a sua volta figlia della paura (della guerra, della fame, della violenza), invece che essere accompagnata da azioni positive è lasciata molto spesso nelle mani di organizzazioni ugualmente illegali perché il destino degli ospiti (39 euro al giorno) non è controllato, governato, gestito. Lasciarli bivaccare per strada o accompagnarli nell’impegno di un qualche servizio sociale, non è un obbligo né un obiettivo. Come non lo è trasmettere il sapere, che non è solo la conoscenza della lingua italiana ma anche l’alfabetizzazione sui diritti e sui doveri. Il fatturato si espande quando questa gente, più esposta a ogni tipo di richiesta anche illecita, viene lasciata senza alcun controllo e la sanzione della legge verso chi delinque si assottiglia fino a divenire invisibile.

Coloro che legiferano, organizzano e dispongono riutilizzano le loro inadempienze a fini elettorali. La destra, per esempio, ha governato almeno la metà nell’ultimo ventennio, e sulla paura, che ha prodotto ha poi fatto profitto elettorale.

Essendo la paura contagiosa, più paura significa più voti. Il contagio è come un chicco di grano. Il seme va in terra e poi si fa spiga.

Dobbiamo avere paura della nostra paura, perché l’abisso razzista è a un passo da tutti noi.

da: ilfattoquotidiano.it

Trova le risposte

A che serve avere le mani pulite se si tengono in tasca? domandava don Lorenzo Milani.

Domanda porta domanda.

“A che serve essere Vittorio Sgarbi se poi finisci come Vittorio Sgarbi a pietire posti in lista, assessorati ovunque e divenire un questuante politico petulante e ossessivo?”.

“A che serve essere Carlo Cracco e poi fare la pubblicità alle patatine Pai?”

“A che serve fare il prete e poi chiudere la chiesa alle 13, come don Michele Babuin, parroco della Santa Maria della Pace a Torino, “perché qui rubano anche le candele”?”

“A che serve essere Padre Pio e poi ricevere la visita di ringraziamento di Clemente Mastella perché sua moglie Sandra Lonardo è stata ricandidata in Forza Italia?”.

Allungate a vostro piacimento la lista delle domande.

Se non ve la sentite, provate con le risposte.

da: ilfattoquotidiano.it