Trova le risposte

A che serve avere le mani pulite se si tengono in tasca? domandava don Lorenzo Milani.

Domanda porta domanda.

“A che serve essere Vittorio Sgarbi se poi finisci come Vittorio Sgarbi a pietire posti in lista, assessorati ovunque e divenire un questuante politico petulante e ossessivo?”.

“A che serve essere Carlo Cracco e poi fare la pubblicità alle patatine Pai?”

“A che serve fare il prete e poi chiudere la chiesa alle 13, come don Michele Babuin, parroco della Santa Maria della Pace a Torino, “perché qui rubano anche le candele”?”

“A che serve essere Padre Pio e poi ricevere la visita di ringraziamento di Clemente Mastella perché sua moglie Sandra Lonardo è stata ricandidata in Forza Italia?”.

Allungate a vostro piacimento la lista delle domande.

Se non ve la sentite, provate con le risposte.

da: ilfattoquotidiano.it

Homo homini Lupi, la legge spiegata a chi l’ha scritta

C’è sempre bisogno di spiegare la legge, soprattutto a chi la scrive. Pensate a come deve sentirsi oggi l’onorevole Maurizio Lupi, il cui entusiasmo nel ritrovare l’indirizzo di Berlusconi, per sbaglio dimenticato in un cassetto del ministero delle Infrastrutture al tempo del suo governo con Renzi, è stato davvero fuori dal comune. Lupi oggi è un cencio,  sconvolto da un adempimento di una norma della legge elettorale, il Rosatellum, a cui lui stesso aveva fattivamente contribuito, che lo mette momentaneamente fuori dalla campagna elettorale.

Diciassette candidati lombardi cassati da un giudice perché non hanno rispettato le regole sull’apparentamento. “Abbiamo anche chiesto agli uffici del ministero dell’Interno preventivamente cosa fare”, ha detto parecchio incavolato. La cocente amarezza di Lupi, a cui auguriamo ogni fortuna, deve aprire finalmente uno squarcio di verità sul diritto e sul rovescio. Per esempio: siamo così sicuri che il Jobs act abolisca l’articolo 18 dello statuto dei lavoratori? Potrebbe darsi bene che lo stesso Lupi, o magari un suo collega legislatore, dichiari di non ricordare. E se il legislatore non sa o non ricorda, la legge resta valida o si prosegue in deroga?

Badate che non è la prima volta che accade il qui pro quo: ai tempi del suo primo ministero il leghista e statista Bobo Maroni confessò di aver approvato nel consiglio dei ministri una legge contro i magistrati a sua totale insaputa. Nel senso che aveva letto e non aveva capito. E se Maroni, che è un’aquila, non capì allora, perché pretendiamo che Lupi capisca adesso che diavolo ha combinato col Rosatellum? E se Lupi, che pure è di pronta intelligenza, non domina quel che è nel suo talento, perché far credere a Renzi e a tutti gli altri che questa legge elettorale ci porterà all’inciucio? Per caso c’è scritto inciucio? E come dar torto, volendo spaccare il capello in quattro, ai volenterosi giovani, alcuni fascisti anche embè? e un po’ razzisti, embè? di CasaPound, che la Costituzione condanna sia il fascismo che il razzismo? A parte che i Costituenti sono tutti o quasi scomparsi e pace all’anima loro. C’è per caso un ufficio del ministero dell’Interno che spiega la Costituzione a Casa Pound? E c’è un ufficio che spiega al candidato Paolo Siani, fratello dell’indimenticato Giancarlo, vittima della camorra, che gli “impresentabili” contro cui giustamente s’accanisce sono collegati al suo nome, nella stessa lista di cui egli fa parte, nella stessa città dove egli abita?

La legge, prima di interpretarla, andrebbe spiegata innanzitutto a chi l’ha scritta.

da: ilfattoquotidiano.it

Alessia, la candidata e la querelle sul suffisso: staffista, stagista, sciampista?

La signorina Alessia D’Alessandro vive a Berlino ma è di Agropoli, provincia di Salerno, e si candida con i Cinquestelle nel collegio uninominale del Cilento. Ha ventotto anni, un’ottima laurea e un master, conosce le lingue, lavora in un ufficio studi collegato alla Cdu, il partito di Angela Merkel. Al Movimento, sempre in debito di competenze alte, non è parso vero di lavorare con la fantasia e portarla di peso nell’ufficio della Merkel. Così Alessia è divenuta “staffista” della Cancelliera, cioè figurativamente membro dello staff . Quelli del Pd, ugualmente in debito di competenze alte per il fatto che il candidato designato nel collegio è Franco Alfieri, noto alle cronache per essere il re delle fritture di pesce (fritturista?) si sono rasserenati quando hanno saputo che la D’Alessandro più che un’economista è un’addetta al marketing, quindi non staffista ma forse addirittura stagista.

Nel prosieguo dell’esame della biografia della candidata c’è stato pure chi s’è chiesto – forse perché un competitor milanese del centrosinistra, Mattia Mor, è stato tronista: e se fosse solo una sciampista?

Della vicenda l’unico che ne esce bene è il suffisso: statista, stagista, sciampista, tronista, forse elettricista, ferrista, schiavista, razzista o anche dentista. Il resto della questione (è per caso comunista, socialista, centrista, fascista, populista, qualunquista?) è noia.

da: ilfattoquotidiano.it

ORA IL M5S HA PIÙ “COMPETENTI” DI CHI LO ACCUSA DI INCOMPETENZA

Certo, l’ammiraglio già affondato fa storia a sé, rientra di diritto nel meglio che lo spassoso teatro della politica potesse offrire a noi spettatori. Come la sposa sull’altare, Rinaldo Veri, stratega militare già in forza alla Nato, si è ricordato di essere consigliere comunale nella sua Ortona per un partito diverso dai 5stelle un minuto dopo aver annunciato la sua candidatura al Parlamento con i 5stelle. Il fantastico dietrofront allunga la sfortunata casistica di quella che a Roma si chiama pischellaggine, forma mediana tra ingenuità e incapacità di cui Luigi Di Maio sembrerebbe portatore sano.

Bisogna pure annotare, tra le bizzarrie, che a Firenze, contrapposto a Renzi, viene schierato l’avvocato Nicola Cecchi, fino a un anno fa non solo del Pd ma sostenitore determinato e pubblico del Sì al referendum costituzionale renziano: “Sono stufo del no, del niet, del non si può fare”, scriveva il nostro.

Eppure i naïf a Cinquestelle hanno fatto un lavoro di scavo nella società civile più accurato dei loro competitori. E la partita tra dilettanti e professionisti, tra urlatori e competenti, sembra incredibilmente a favore dei primi.Continue reading

Potere al popolo e alla suola della scarpa

Trova le differenze. Quali sono, per esempio, quelle tra Potere al popolo ed Emma Bonino? Facile: i primi sono rivoluzionari e di sinistra, la seconda è leader di un movimento radicale e liberale. I primi non si sono coalizzati, la seconda invece ha scelto di allearsi col Pd. I primi sono quasi sconosciuti, senza radicamento sociale se non in alcuni settori, modesti, della società; la seconda è tra i volti più popolari d’Italia, apprezzata per le sue battaglie civili e politiche. Non parliamo poi delle differenze dei nostri concittadini militanti comunisti con Beatrice Lorenzin, ministra della Salute e condottiera del Fiore petaloso, il simbolo di Civica Popolare, il nuovo raggruppamento, moderato ed equilibrato che tiene legato ai valori centristi il carro del Pd. Inutile poi illustrare quelle tra i compagni rivoluzionari e Denis Verdini, leader di Ala, o Roberto Formigoni e Maurizio Lupi, di Alternativa Popolare, eccetera eccetera.

L’ultima delle differenze che separa Potere al popolo con tutti gli altri candidati è però la più rilevante: i primi hanno raccolto le firme per presentare la propria lista e gli altri no. “Un numero mostruoso” disse la Bonino denunciando l’inghippo antidemocratico che avrebbe costretto lei a non essere presente sulla scheda elettorale. “Addirittura ora servono il doppio delle firme rispetto alle scorse elezioni, fissate a 25mila”. Fu scandalo nazionale e grazie alla generosità di Bruno Tabacci, democristiano altruista e detentore di un simbolo in Parlamento che lo autorizzava all’esenzione della raccolta, la nostra eccellente, popolarissima Emma, e con lei esponenti di ogni altra risma politica, sono oggi presenti sulle schede elettorali al pari di Potere al popolo che ha dovuto trovare 52mila sottoscrittori, e autenticare con un notaio, collegio per collegio, l’identità di ciascuno di essi.

Potere al popolo è riuscito dunque dove altri non hanno nemmeno immaginato di tentare.

In questa orrida democrazia del clic rendiamo onore al potere della passione, della militanza, della suola della scarpa.

da: ilfattoquotidiano.it

Barbara D’Urso e il giornalismo posturale

Chi non conosce Barbara D’Urso? Il suo salotto televisivo è così ambito che non c’è personaggio o personalità da rifiutare l’intervista e spiegare agli italiani, per il suo tramite, il valore della propria esperienza, le capacità, i successi che ha conquistato, le promesse che si sente di offrire, le idee che ha in testa. Merito della D’Urso logicamente. La quale riesce sempre a ottenere ciò che ogni bravo giornalista vorrebbe rubare all’intervistato: la verità. Anche a costo di farlo lacrimare.

Nella foto che ha pubblicato un frequentatore professionista di twitter, l’ottimo @menesbatto, si evince come la postura dell’interrogante, la posizione cioè del corpo umano nello spazio e le relative relazioni tra i suoi segmenti corporei, assuma un ruolo decisivo nello svolgimento del colloquio con tre illustri politici (Berlusconi, Renzi e Di Battista) costretti a dire tutta la verità e solo la verità.

Sentiamo di escludere una più facile ma rozza interpretazione sulla via geometrica al giornalismo (l’angolo di inclinazione eccetera), ma di segnalare come sia decisamente performante il giornalismo posturale, schiena sempre dritta come potete vedere. La prossemica, che è una scienza, studia la comunicazione non verbale. E il combinato disposto determina il successo di chi domanda e il piacere di rispondere di chi governa o governerà.

da: ilfattoquotidiano.it

Il Giachetti che è in noi

Ciascuno di noi porta dentro di sé un po’ di quel che è Roberto Giachetti, il deputato non deputato del Pd, il maggiorente non maggiorente, il liberal no liberal. Al mattino lui, quando si sveglia, vuole essere come si è ripromesso prima di prendere sonno: generoso, tignoso, appassionato, disinteressato. E anche radicale, nel suo significato più denso e profondo, cioè rivoluzionario e aperto al mutamento dei costumi. E anche liberale, nel suo significato più denso e profondo, cioè rigoroso nel dare valore e identità all’individuo, alle sue scelte, ai suoi meriti.

Siamo tutti un po’ Giachetti al mattino. Anche burberi, istintivi, qualche volta lunatici però buoni come il pane, e seri che di più non si può. E sinceri: diciamo la verità. Così siamo: prendere o lasciare.

Poi viene la sera. E’ il buio che frega Giachetti e frega un po’ anche noi. Perché la luce che si appanna, fino a spegnersi, consuma tutta la nostra virtù. Inizia la vita parallela della nostra coscienza: un pizzico più bugiarda, appena un po’ più stronza, quel tantinello ossequiosa perché puoi mai sapere cosa ti accade? E legata anche al dettaglio materiale della nostra esistenza: alla fin fine i soldi servono e serve un impiego.

A sera e di malavoglia siamo di nuovo tornati Giachetti nella versione uno: paraculo come pochi.

da: ilfattoquotidiano.it

Il “paracadute”: ultimo vitalizio per smontare l’elettore

Non è un candidato ma un paracadutato. Il paracadute è il nuovo simbolo della classe dirigente: più si è in alto nella gerarchia del potere più si aprono ombrelli di riparo affinché nessuno dei maggiorenti risulti escluso dall’elezione, fatto fuori dai giochi. Non c’è un leader finora, di nessun partito, che abbia rinunciato alla doppia candidatura, con numerosi e spassosi fenomeni di triple e quadruple esposizioni al voto finto, alla scelta che non sceglie, all’elettore che non elegge, alla conta che non conta un bel niente essendo vietata la scelta. Al massimo è concesso di votare il partito (ma con le coalizioni anche i simboli sono di carta velina). Pacchetti chiusi, prendere o lasciare. Il paracadute è dunque il nuovo vero vitalizio della politica: l’iscrizione in uno o più listini proporzionali produce – ope legis – l’elezione. Sul giornale leggete ogni mattina le cronache marziane di leader nascosti ovunque, trasferiti da Nord a Sud, celati alla vista: meno si sa e meglio è. Congiunti di forza al candidato del maggioritario, lui solo – spesso peone – a giocarsi il tutto per tutto.

Nella perfidia del Rosatellum, che promette di non far vincere nessuno, c’è anche l’odioso inganno, lo ripetiamo, di far credere libero un voto obbligato, chiedere alla gente di contare senza che la conta esista, di scegliere senza poter scegliere. In questo la nuova legge elettorale supera perfino il grado di iniquità promossa dal Porcellum che almeno nel nome mostrava il suo vero volto.

Ancora qualche ora ci separa dalla chiusura delle liste, ancora qualche ombrello da aprire, qualche altro da chiudere per il mondo nuovo che verrà. Deputati mai, solo paracadutati.

Da: Il Fatto Quotidiano, 27 gennaio 2018  

“Io non voto”. Il partito degli astenuti: iscritto un italiano su tre

Gli invisibili che il 4 marzo non andranno a votare. Ecco alcune delle loro voci.

PAOLO ARCURI Operaio Io e mia moglie da soli: costretti a fare la valigia

Ero operaio edile fino a poco tempo fa, fino a quando l’artrite reumatoide mi ha colpito alle mani, lasciandomi disoccupato. Devo ringraziare mia moglie che da quaggiù, io vivo in Calabria, in provincia di Catanzaro, ha accettato il lavoro in Friuli, da precaria della scuola. Si è portata la figlia più grande, mentre io accudisco la piccola. Quali speranze ho? Cosa immagina per me la politica? Non c’è nessuno che si accorga di te, delle tue difficoltà. Chi governa ha perso anche in questi luoghi, anzi specialmente in questi, ogni relazione con la vita, le sue esigenze, la sua pratica quotidiana. La politica ha desertificato i paesi, umiliato il lavoro, distrutto l’ambiente. La sinistra non si unisce e si comporta come la destra, non è vicina ai cittadini, non discute più, non crede nella mutualità, nella solidarietà. E io che ho quella idea in testa, quella bandiera in testa cosa posso fare se non astenermi?

MARINELLA TEDESCHI Funzionario pubblico Non ci è rimasto neanche Davide contro Golia

Non è la prima volta che mi succede. Altre volte ho rinunciato a scegliere e a “contare”. Che verbo truffaldino! Non contiamo, questa è la verità. Non contiamo nulla. Vivo al Sud e so che il voto di preferenza era dominato dai soliti noti. Ma almeno c’era la possibilità di sfidarli, di sostenere Davide contro Golia, si poteva almeno tentare di far deviare i voti sul candidato degno. Hanno negato persino quella modestissima concessione, il potere ha scelto di esprimere brutalmente il suo dominio. E allora io non voto, non faccio finta di scegliere. Grazie, ma ho già dato.

GIOVANNI PETRONIO Disoccupato Che ingenuo, sognavo la sinistra (ma non c’è)

Provo un senso di disgusto. Un potere così aggressivo, intimamente corrotto e distante dalla società non s’era mai visto prima. Sarò un ingenuo, perciò ho fatto cose da ingenui. L’anno scorso ho preso la tessera del Pd, pentendomene subito dopo. Io credo che questo partito, per poter rinascere, abbia bisogno di perdere e tanto. Solo una debacle totale potrà imporgli la necessità di una pulizia da cima a fon- do. Il Pd deve ritrovare l’importanza del gruppo, l’idea che il noi è meglio dell’io, anzi il noi è il nemico giurato d e l l’uomo solo al comando. Mi astengo perché non so chi scegliere. I Cinquestelle hanno debolezze strutturali, si comportano come un’e n ti t à chiusa, insondabile. Berlusconi è mummificato ormai, però dà l’impressione dell’usato sicuro. Mia nonna diceva che il potere, con la Costituzione, era stato dato al popolo e che bisognasse sempre votare comunista. Quel simbolo non c’è più, io lascio.

SILVIA SCAPELLATO Imprenditrice agricola Ci vorrebbe un Churchill, noi siamo asserviti

Parto da una considerazione che ho fatto dopo aver visto il film L’ora più buia. La fierezza e la dignità di un uomo come Churchill e del popolo inglese nel rifiutare ogni tipo di accordo con Hitler. Churchill che definisce Mussolini un lacchè. Ecco. Noi italiani siamo asserviti. Ho votato di tutto, dai radicali al partito dei pensionati, alla Rete di Claudio Fava – ve la ricordate? – e pure i grillini. Mi sono dovuta ricredere anche su loro, hanno mostrato poco spessore culturale e istituzionale. Roma credo lo dimostri ampiamente. Il quadro odierno è disarmante, l’Italia sembra un Paese da chiudere. Forse perché non abbiamo avuto una Rivoluzione ma solo la Resistenza. È un Paese che abbindoli con poco e la politica l’ha capito. Non c’è un’idea, una speranza. Io non voto.

LUIGI MANNINI Web content Un cenacolo di filosofi lontano dalle persone

Sono un precario a partita Iva. Credo che la sinistra sia definitivamente tramontata e questo disastro lo vivo con un’angoscia particolare. Possibile che Liberi e Uguali dopo aver fatto tutto quel bordello contro Renzi oggi parli di una possibile apertura e di una futura alleanza di governo? La politica non è una questione di simpatia personale, di invidia e di ripicche, io l’ho sempre intesa come comune senso della vita che lega me a te e a quell’altro. Così si forma un’idea e da quell’idea nasce un popolo. Ora invece vedo che la destra è molto radicata nei quartieri popolari, la sinistra pare soltanto un cenacolo di filosofi. Avevo immaginato di dare il mio voto a Potere al popolo, ma nemmeno loro mi convincono.

IPPOLITA LUZZO Blogger È solo un mercato, per questo resistiamo Continue reading

Elezioni, facciamo uno scherzetto al Palazzo: votiamo solo chi si candida senza il paracadute del proporzionale

La legge elettorale è così perfida e ingannevole da far apparire il Porcellum almeno sincero. Era una legge sporca fin dal nome. Il Rosatellum all’apparenza sembra aperto alla rappresentazione politica della società dosando proporzionale e maggioritario, nei fatti realizza un mercato delle vacche ancora più indegno del precedente. Liste non solo bloccate, potere assoluto ai capi partito e in più la certezza che una maggioranza non ci sarà.
E allora è il caso di stare a sentire il consiglio del costituzionalista Michele Ainis, che su Repubblica qualche giorno fa suggeriva un modo per tentare di ribellarsi al Rosatellum: votare solo per quei candidati al maggioritario senza altro paracadute al proporzionale. Lo so che la scelta sarebbe difficile e so che la legge, avendo imposto il voto congiunto , utilizzerebbe il nostro voto, ugualmente per legare al carro della nostra protesta il listino dei maggiorenti candidati al proporzionale. Ma se fossimo in parecchi a condividere questa scelta, costringeremmo almeno all’imbarazzo i tanti leader di carta che cercano la rielezione senza avere i voti. Cioè truffandoci. Oggi l’esponente pd Roberto Giachetti ha annunciato che rinuncerà al paracadute proporzionale. E’ una notizia bella, e sarebbe un esempio da seguire.
Facciamo perciò lo scherzetto al Rosatellum: scegliamo di votare il candidato del nostro partito che si mostri leale nei nostri confronti, che ama la politica e rischia l’elezione, si obbliga alla fatica di convincerci e mette nel conto che in democrazia si può anche perdere.

da: ilfattoquotidiano.it