Romano attacca i carnefici: “Siete voi i responsabili”

IL GIORNO DELLE VENDETTE E DELLA VERGOGNA: NEL TRANSATLANTICO IL PD SI TRASFORMA IN UNA CASBAH. I SUOI: “QUESTO È UN ASSASSINIO POLITICO”

Chi mi ha portato a queste decisioni se ne assuma la responsabilità”. Nel giorno in cui il Pd sotterra sotto i colpi di 101 voti nemici la figura e la storia di Romano Prodi, il de cuius decide di trascinare l’intera classe dirigente nel luogo dell’oblìo. Questa breve e definitiva accusa di alto tradimento giunge alle otto di sera dal Mali, dal fronte caldo della guerra sahariana. È un giorno orribile per il professore, cade lui proprio mentre muore il suo più fraterno amico e collaboratore politico, Angelo Rovati. È insieme disfatta politica e tragedia umana, letterale e teatrale cupio dissolvi degli eredi della sinistra italiana. Corpicini che escono dall’aula coperti dalla vergogna sottile di chi ha ormai un conto aperto e una ostilità dichiarata con la reputazione. Le mani nei capelli di Rosy Bindi, figura emblematica di un potere declinato nella farsa, segnano l’atto finale della decimazione alla quale non sembra esserci riparo. Continue reading

Bersani versione serial killer uccide il Pd con un abbraccio

L’ULTIMO GIORNO DEL SEGRETARIO: LA FOTOGRAFIA CON ANGELINO ALFANO PRIMA DEL VOTO A MARINI CHE DILANIA IL PARTITO E FA RIVOLTARE LA BASE


Quindi è giunta Marianna Madia: “Mi sono chiesta: vuoi vedere che Bersani mette in scena un apparente suicidio per mascherare il suo vero piano? Sta seguendo un copione che ha un senso, una logica. Dici che sono molto ottimista, eh?”. Nei giardinetti di Montecitorio, dove il Pd si ritrova esausto e sbandato siamo alla lettura giallista della politica di Pier Luigi Bersani. Che oggi appare al suo partito come un serial killer. In effetti nel corteo funebre che si allarga per fargli spazio, Pier Luigi si mostra insolitamente sereno, con un bel sorriso saluta l’inquietudine che lo accompagna.
I GIOVANI TURCHI danno forza alle gambe e girano al largo. I renziani si raccolgono nell’an golo di sinistra, come muta di cani in attesa di azzannare. C’è Franceschini che segue, ed è giusto. Poi Enrico Letta, il giovane Speranza, l’anziano Zanda, la Finocchiaro vestita di bianco. Se le sono date l’altra sera di santa ragione, e si vede. Zanda ha chiesto, come si fa al liceo, di mettere ai voti finanche la scelta di votare il nome di Marini, “la bella sorpresa” l’aveva chiamata il segretario. Ma oggi eccolo lì Bersani, pimpante. La giornata deve dare i suoi frutti e la sua mano fascia nell’aula la spalla di Angelino Alfano. Un flash, due tre quattro. L’icona dell’inciu cio, la fotografia del governissimo è bell’e fatta. Vendola assiste con raccapriccio, ma anche la bionda Alessandra Moretti, che fino a due sere fa comunicava in televisione le direttive dell’uomo di Bettola, sforna un colpo di tosse. Su Facebook inizia a scrivere del turbamento e dell’apprensione. Le biondine e le carine del Pd sono quasi tutte turbate, quelle del Pdl piuttosto colpite dalla voragine che sta inghiottendo il partito dirimpettaio. Continue reading

Il dovere della trasparenza

È il sapore acre della rappresaglia. È la manifesta volontà di rispondere all’inchiesta della magistratura con la più minacciosa delle ritorsioni possibili. Chiudere l’Ilva a Taranto significa non solo mandare nella disperazione cinquemila famiglie, ma mettere i lucchetti ad altri cinque stabilimenti in Italia e provocare, alla vigilia di Natale, il più acuto dei conflitti sociali. La famiglia Riva chiude i cancelli dopo la pubblicazione dei faldoni che raccontano le collusioni e connivenze di cui hanno goduto. Sputare sulla verità, piegarla quotidianamente agli interessi di chi da quel veleno ha tratto milioni di euro di profitti, sembra sia stato il compito dell’azienda, aiutata da una fetta del mondo sindacale, da una parte del giornalismo e naturalmente dalla politica. I Riva hanno sempre goduto di vasti appoggi. E spesso, benché lontani dal mondo romano, hanno trovato ascolto le loro perorazioni, le richieste continue alla diluizione nel tempo delle minime, essenziali opere di messa in sicurezza del lavoro di migliaia di operai e della tutela della salute di una intera città. Era questo il sistema Taranto. E oggi cosa dice Pier Luigi Bersani, cosa pensa di dire davanti a questa crisi di legalità se egli stesso si trova a essere il destinatario di un dono, pari a 98 mila euro, che i Riva hanno sottoscritto in favore della sua campagna elettorale del 2006? Non serve a molto aggiungere che il patron dell’Ilva ha naturalmente garantito un assegno (ben più cospicuo: 245 mila euro) a Forza Italia. E che le due donazioni erano legittime e previste dalla legge e tutte documentate. La vicenda è purtroppo una bomba che torna a scoppiare nelle mani del segretario del Pd e proprio mentre è impegnato nella decisiva battaglia per la leadership del centrosinistra. È una questione irrisolta, una domanda inevasa: può un dirigente di sinistra e riformista accettare un sostegno economico da un imprenditore discusso senza essere coinvolto (e un po’ travolto) dal destino di costui? L’inchiesta oggi rivela che un secondo candidato alle primarie, il governatore della Puglia, Nichi Vendola, ha elargito simpatie quantomeno inopportune e disponibilità irrituali. Bersani, prima di illustrare quali sono stati (se ci sono stati) rapporti e richieste dei Riva, dovrebbe restituire al mittente con un tardivo, ma necessario atto riparatore, la somma ricevuta. E Vendola spiegare più approfonditamente se le sue telefonate con i dirigenti dell’Ilva, e le premure e le rassicurazioni, hanno avuto seguito. E se il tono delle sue conversazioni private sia plausibile. Oggi chiede a Bersani di dire parole che emanino “un profumo di sinistra”. Gli chiediamo: quale profumo e quale sinistra?

da: Il Fatto Quotidiano, 27 novembre 2012

il potere gioca con le parole

 

Bersani fa finta di non intendere bene D’Alema, e D’Alema si compiace di non comprendere il filo del pensiero di Bersani. I due si scambiano parole vuote e le vendono per buone come accade al mercato per le melanzane aspre, già vecchie, messe sul banco come freschissime. La politica ha il compito di utilizzare le parole per comporre un pensiero, sostenere una suggestione, elaborare un progetto di vita. A Largo del Nazareno, sede del Partito democratico, i linguaggi invece si intorcinano al collo dei protagonisti fino a strozzargli la voce. Il dramma di D’Alema, prima che umano, è stilistico. Capisce che è giunto il suo momento, che la scelta di lasciare lo scranno del Parlamento è una decisione improcrastinabile, obbligata dalla realtà delle cose, da questo mondo nuovo. Sono i fatti che lo costringono a prendere in esame l’ipotesi.Continue reading