Quei Berlusconi tenuti a bada

GIORGIO MOTTOLA

Berlusconi non è un prodotto tipico a marchio doc. Una parte degli italiani ritiene che una tale concentrazione di tv e giornali nelle mani di una sola persona si verifichi solo in Italia. Il rapporto di Berlusconi con i media farebbe parte di una tipicità tutta italiana, un’anomalia insomma. La Freedom House, istituto di ricerca americano fondato dai Reagan, che ogni anno stila una classifica sulla libertà di stampa, pone l’Italia al trentesimo posto, dopo Ghana e Mali. Ma l’assalto dei potentati economici agli organi di informazione rientra in una prassi oramai internazionale. I “Berlusconi” parlano tutte le lingue del mondo e rastrellano, in giro per il globo, la proprietà delle più importanti testate giornalistiche. Parlano spagnolo, quando si chiamano Carlos Slim. Inglese, quando il loro nome è Rupert Murdoch o Summer Redstone. Francese quando i volti sono quelli di Lagardère o Marcel Dessault.
Certo, in nessun altro paese il presidente del consiglio nomina direttamente i dirigenti della tv pubblica. E, solo in Thailandia fino a un paio d’anni fa, è allo stesso tempo anche proprietario dell’altra metà privata della televisione. Inoltre, in Europa e negli Stati Uniti, diversamente che da noi, le banche non possiedono direttamente giornali. Gli altri paesi hanno elaborato regole molto più strette a tutela dell’autonomia dell’attività giornalistica.Continue reading

Le macerie della libertà di informazione

LINDA LA POSTA

“Don’t wait to be deprived of news to stand up and fight for it”. (“Non aspettare di essere privato delle notizie per alzarti e combattere per questo diritto”). Questo il decalogo di Reporters without borders, l’associazione che monitora la libertà di stampa nei paesi di tutto il mondo. In una delle sue ultime classifiche, l’Italia occupa il 44° posto su 173 paesi. Sembrerebbe un ottimo posto se, ad una visione più attenta, non ci rendessimo conto che siamo seguiti soltanto da paesi africani, dell’est europeo, dalla Russia di Putin, dalla Cina, dalla Corea del Nord, tutti paesi che non brillano per essere campioni di democrazia. Il dato allarmante, però, è che se il confronto lo facciamo con gli altri paesi dell’Unione Europea, l’Italia risulta essere quartultima, seguita solo da Polonia, Romania e Bulgaria. Invece di celebrare auditel e sondaggi, l’informazione italiana torni a rivendicare a schiena dritta la propria funzione di scoprire, raccontare, vigilare, denunciare, in piena e orgogliosa autonomia.

L’uomo più libero

All’uomo che ha ucciso tutte le fatalità, tutte le forze demoniache incontrollabili, e che perciò ha incominciato oggi col rinnegare la fatalità del mondo borghese, e si sforza oggi, con tutte le armi dialettiche, col sorriso, col ghigno, col sillogismo catafratto di farla rinnegare a un numero sempre maggiore di uomini. Che si sforza, con un lavorio corrodente di critica implacabile, di arrivare, attraverso la purificazione drammaticamente raggiunta col dolore, alla impassibilità stoica della coscienza universale, per giudicare gli avvenimenti con la pupilla ben aperta, col cervello slargato, contenente nel ritmo del suo pensiero gli echi della musica universale, dell’accordo polifonico, delle aspirazioni degli uomini piú liberi di tutto il mondo. E poiché le parole, monete tarlate di un mondo tarlato dalla retorica dei servi padroni, sono sorde a riempirsi dell’empito della coscienza dell’uomo libero, il mio essere più profondo si alimenta della sua stessa passione, momentaneamente circoscritta a troppo pochi individui, schivando di servirsi, in un mondo di larve vaneggianti in una prigione di nebbia, delle stesse parole che questa prigione servono a infittire e a rendere piú pestilenzialmente nauseabonda.

Avanti!, ediz. piemontese, 25 maggio 1917, «Sotto la Mole»