Il cachet del 1 maggio

C’è un motivo per festeggiare il primo maggio anche con un concerto? Certo che sì.
E c’è un buon motivo perché il concerto, anzi concertooone, costi due milioni di euro?
Che tristezza vedere gli organizzatori, cioè i sindacati, depositati nelle retrovie del palco, con il fantastico trio Bonanni-Angeletti-Epifani rinchiuso in uno sgabuzzino a rispondere a una fantastica domanda (“siete pentiti di aver scelto questo pezzo di presentatrice?”) della altresì fantastica conduttrice, presumo a gettone.
Impacciatore si chiama lei.
Io dò una festa ma devo evitare gli ospiti. Curioso…
È solo la cattiva coscienza degli organizzatori, la cattiva fama che il sindacato ha, la non sempre onorabile opera di tutela degli occupati (e dei disoccupati) a permettere questo cortocircuito della decenza.
Fossero stati con la coscienza a posto, e coerenti e determinati, i tre avrebbero saldato il conto anziché del concerto soltanto del palco, magari con qualche luce psichedelica in meno. E avrebbero invitato gli artisti, i concertisti, gli autori, i direttori, i conduttori (e le conduttrici) a prestare la propria opera gratuitamente. Proprio in ragione della festa del lavoro. Per chi ce l’ha e per chi l’ha perso.
Alla fine della festa o all’inizio o in mezzo si sarebbero presentati tutti e tre affrontando le rose e le spine del palco e rispondendo a domande vere di una presentatrice senza cachet e perciò parecchio incazzata. Magari esibendo un assegno: ecco un milione di euro. Sarebbe molto servito, tanto per fare un esempio, agli schiavi di Rosarno, città che pure ieri i tre hanno visitato. O anche, se proprio avessero voluto strafare, destinando, che so, 200 assegni di ricerca da cinquemila euro ciascuno.
È festa? E festeggiamo allora.
Ma le cose semplici sono stupide.