inciucio confuso

Dobbiamo votare un partito e un candidato alla guida del Paese.
Ogni partito però – anche il più piccolo – avrà un candidato premier. Una barzelletta.
Ci saranno collegi uninominali, ma i voti si conteranno con il proporzionale.
Ci sarà una soglia di sbarramento, ma piccina piccina. E un premio di maggioranza, ma inconsistente.
La vita senza un pizzico di confusione che inciucio è?

da Repubblica Sera

uguaglianza (ma non troppo)

Oggi si mangia fagioli. Fagioli per tutti, ma per gli statali gamberetti freschi e tagliolini allo scoglio.
Strano modo di illustrare il menù agli italiani. C’è bisogno di un lavoro mobile e non più ipergarantito, è questione fondamentale di questo nuovo tempo. Ma la modernità si applica solo in fabbrica, in ufficio è altra storia. “Abbiamo già una disciplina ad hoc”, dice il ministro Patroni Griffi. E che disciplina! Se il lavoratore privato è in esubero, il padrone gli mette in mano, questo promette la riforma dell’articolo 18 dello statuto dei lavoratori, diciotto mensilità al massimo e – sull’unghia – lo fa accomodare alla porta. Se è pubblico lo iscrive invece nella lista dei “disponibili”: sarà uno sfaccendato con l’80 per cento dello stipendio in tasca. A vita.
Siamo tutti uguali di fronte alla legge (e un po’ si vede!).

da Repubblica Sera

velia

Se Parmenide e Zenone avessero avuto la fortuna di conoscere l’onorevole Marcello Taglialatela sicuramente l’avrebbero condotto tra le rovine di Elea, la nobile città della Magna Grecia ora strangolata dall’alluminio anodizzato, dalle targhe fosforescenti, dalle case di mattoni bucati. Se solo avessero avuto questa fortuna avrebbero guidato l’assessore regionale all’Urbanistica a osservare come si sia riusciti a ingoiare persino il loro mare, affrontando le onde col cemento, chiudendo agli occhi e al cuore ogni rispetto per la memoria comune che è bene comune.
Ma Taglialatela di Velia, patrimonio dell’umanità rovinato dagli umani, simbolo della mediocrità di un ceto politico che danza al ritmo del calcestrutto, ha purtroppo scarsa stima. L’assessore, cugino alla lontana di Attila, ha pensato di segnare la sua presenza alla Regione con un grandioso piano paesistico, opera formidabile di scrittura compulsiva, legge fondamentale nella quale trovano posto tutti i più bei gnè-gnè del mondo. E infatti (e come volete che mancasse all’appello!), è edificato il solito e purtroppo inutile Osservatorio che dovrà monitorare l’integrità del paesaggio.
Dovrà. Futuro del verbo dovere.
Nell’attesa la legge annuncia la fine dell’unica legge che ha un poco salvaguardato Velia da altro cemento, un provvedimento speciale, approvato all’unanimità dal consiglio regionale nel 2005, che riduceva – seppure in limine mortis – l’appetito agli speculatori. Sei articoli che imponevano lo stop al consumo del suolo e la misericordia collettiva per i resti che ancora restano in vita.
Era una legge di salvaguardia che ammetteva nella sua drastica misura il default della politica, l’incapacità delle amministrazioni locali di governare lo sviluppo del territorio per colpa delle collusioni e delle corruzioni, dell’ignoranza assoluta e dell’assoluta inconsapevolezza di cosa sia la bellezza e la cultura. E che valore abbia la nostra memoria, quale saldo anche economico produca.
Cosa è cambiato dal 2005 ad oggi? Cosa? Ce lo dica Taglialatela. Ci dica per esempio cosa è oggi della magnifica marina di Ascea dove le concessioni edilizie sono sempre in eruzione malgrado lo zero spaccato imposto sette anni fa. Figurarsi senza quella normativa! Magari, ecco il bel futuro, avremo il suo ottimo Osservatorio che segnalerà nuovi seminterrati di carta, nuovi piani rialzati, nuove serrande di nuove finestre affacciate sulla Porta rosa.
Se solo Taglialatela facesse amicizia con Parmenide e Zenone…

da Repubblica Sera

i forconi dei barbari

Già che era – come ha detto – su facebook e stava abbracciando i suoi “barbari sognanti”, Roberto Maroni poteva anche lanciare uno smile ai forconi siciliani.
I forconi dei barbari hanno sostenuto – per anni e in silenzio – le politiche clientelari più retrive, i protagonisti della vita pubblica ammaccati e corrotti da una pratica che gli assicurava potere contro prebende.
Se la Sicilia, che oggi richiamano Trinacria, è sepolta dalle inefficienze e dai privilegi si deve anche grazie alle lame di tante piccole forchette che hanno sostenuto, nel silenzio dell’urna, avanzamenti di status e uffici di altissimo prestigio.
I barbari del nord, fino a qualche mese fa, non hanno avuto occhi che per Bossi, e non hanno visto, proprio non ci sono riusciti, il gran letamaio che cresceva ai lati della Padania.
Tutti insieme si sono svegliati e oggi, naturalmente insieme, seduti nel vano posteriore di un taxi, vanno alla lotta.

da Repubblica Sera

gli stipendi

Quel che colpisce di più dei redditi dei ministri è che essi sono guadagni raccolti al di fuori della politica.
“Guardate che la classe dirigente non cresce sotto l’albero di un banano” disse una volta Piero Fassino giustificando la presenza contemporanea sua e di sua moglie sui banchi della Camera.
E’ vero e giusto che la politica ha bisogno di dedizione, di professionalità, di cura. Ed è certo che non basta un giorno o un anno per imparare a esercitarla. Ed è fuori di dubbio che fare politica è anche servizio pubblico, disponibilità alla ricerca e alla tutela del bene comune.
Tutto vero. Però oggi noi possiamo commentare il reddito milionario dell’avvocato Severino liberi dal dubbio della sua provenienza. Saranno state parcelle salate le sue, ma i clienti ce li ha…
Avremmo avuto lo stesso metro di giudizio e la medesima neutra attenzione se quella dichiarazione fosse stata sottoscritta da Claudio Scajola? Avremmo chiesto e indagato, dubitato e insinuato. Con qualche ragione, diremmo noi.
Questo è un governo tecnico, sì. E’ un governo d’emergenza, sì. Sappiamo che andrà a casa presto. Ma sappiamo anche che molti di questi ministri, divenuti ex, sapranno dove andare, quale porta aprire, che lavoro fare.
Clemente Mastella quando ha perso il ministero e poi la poltrona di deputato ha ricevuto un assegno di reinserimento, proprio così. Da giornalista della Rai in aspettativa egli ha goduto non solo della custodia del posto ma anche di un sontuoso obolo per “reinserirsi” nella società, nel mercato del lavoro.
E invece quale altra porta ha aperto? Ha bussato a Silvio Berlusconi e si è fatto eleggere a Strasburgo, dove tuttora – silente e annoiato – dimora.
I mille Mastella che gironzolano nullafacenti gonfiano l’animo del sospetto che al di là della politica, anzi – meglio – del potere, per tanti non ci sia null’altro che un potere più grande o più piccolo.
Se Alemanno non riuscisse a rivincere le elezioni a Roma cosa farebbe?
Il deputato!
E quando Veltroni ha lasciato la segreteria del Pd, dopo aver corso per la presidenza del Consiglio e prima essere stato sindaco di Roma, quindi dopo aver fatto tutto il possibile e ottenuto grazie al suo talento il massimo di quel possibile, cosa ha fatto? Il deputato!
I redditi dei ministri oggi online più che un documento necessario per la trasparenza degli atti e dei comportamenti sono un monito ai tanti che hanno scelto o sceglieranno l’impegno pubblico. Questo impegno deve essere il più possibile una parentesi, lunga o corta, nella vita di ciascuno. E ciascuno, dopo la parentesi, dev’essere in grado di prendere nella tasca del cappotto le chiavi del suo ufficio. Riaprire la porta, accendere la luce e ritrovare la vecchia scrivania ad aspettarlo. da Repubblica Sera

l’estratto conto

Il sindaco di Roma rievoca i bei tempi della Protezione Civile diretta da Guido Bertolaso. Dell’efficienza di Bertolaso è giusto nutrire qualche dubbio anche perché ancora manca ancora l’estratto conto della sua attività. Si sa però delle cricche, ed è meglio chiudere qui il libro.
In Italia ci vorrebbe un estratto conto quotidiano. Sarebbe bello che il governo dicesse: ecco l’estratto conto di quanto abbiamo speso oggi.
Pure i partiti farebbero bene a pubblicare un conto diviso per voci elementari: giornali, sigarette, pranzi, cene, babà, viaggi, telefoni, rhum.
Si sa che la Margherita, partito morto, spendeva al giorno circa duemila euro per telefonate.
Il conto lo teneva Luigi Lusi, il best dei tesorieri.
Di quel conto in verità era cointestatario anche Francesco Rutelli.
A casa di Rutelli sarà mai giunto l’estratto conto?

da Repubblica Sera

olimpiadi

La rovina di Atene, intesa come l’ultimo sbuffo di una gestione irresponsabile delle risorse pubbliche, inizia con gli sprechi dell’Olimpiade che la capitale greca giustamente invocò per sé e poi sciaguratamente realizzò.
L’industria dei grandi eventi, al pari di un’altra grande industria, quella dell’emergenza, gode di moltissimi sostenitori anche in Italia. Finora è sempre stata un cratere dentro cui infilare ogni tipo di progetto, facendo falò di miliardi di euro.
Roma ancora subisce la vergogna di vedere chiuse le palestre e le piscine costruite dalla Protezione civile (sic!) al tempo dei mondiali di nuoto e già, affamata, assapora la ricca pietanza delle Olimpiadi del 2020, il piatto prelibato per i venditori di cemento. La lettura della cifra preventivata conduce di diritto all’incubo dell’ennesima prova d’orchestra. Spreco su spreco.
C’è solo da augurarsi che Monti chieda agli italiani un ultimo sacrificio compensato da una promessa: rinunciare alle Olimpiadi e in cambio vedere finanziate per non più della metà della spesa risparmiata le migliaia di piccole opere decisive per la messa in sicurezza del nostro territorio.
Sarebbero soldi finalmente ben spesi e l’Italia si ritroverebbe non solo più sicura, ma anche più ricca e – forse – più unita.

da Repubblica Sera

però

La Val Susa sta bloccando l’Italia. E questo non va bene.
Le proteste sono legittime ma devono essere espresse con continenza di mezzi e col rispetto delle altrui ragioni e, sopra ogni altra cosa, della legalità. Il confronto deve avere delle regole entro le quali deve svilupparsi e poi concludersi.
Tutto vero e tutto giusto.
Però.
Il commissario straordinario all’opera, l’architetto Virano, da tutti riconosciuto come un tecnico capace e instancabile moderatore, afferma che ogni possibilità di trovare pace è stata svolta, e ogni correzione di linea è stata realizzata, e il tracciato è mutato e anche l’impegno finanziario si è considerevolmente ridotto.
Dei dodici miliardi che sarebbero serviti per il primo tratto, a seguito delle modifiche che hanno ottimizzato il percorso e ridotto l’impatto ambientale, solo quattro sono quelli che restano sulla carta. Dodici meno quattro fa otto.
Otto miliardi di euro risparmiati. Se la matematica non è un’opinione, due terzi della spesa è stata tolta di mezzo. Un gran bel risultato.
Però, ripensandoci: perché questo tratto di opera adesso si può compiere splendidamente con quattro miliardi di euro e prima ne erano necessari dodici? E, ripensandoci una seconda volta: senza la protesta si sarebbe ottenuto questo risparmio?

da Repubblica Sera

la città senza sentimento

Palermo non è la stessa. Solo i suoi problemi sono uguali a sempre. Palermo è una città che ha perso il sentimento. Non si vede più, densa come una nuvola gonfia di pioggia, la mano della mafia sulla città. La mafia si è fatta impresa, occultata e dispersa nei rivoli sociali che animano le periferie come il centro, i quartieri popolari come quelli borghesi. Si è affievolito quel sentimento di contiguità e insieme però si è annullato il senso avverso del sentire: l’antimafia, lo Stato di diritto, le regole, la dignità. Rita Borsellino ha perso anche perché la sua persona costringeva a indugiare nel ricordo di un sentimento che non è più vivido, presente, attuale.
L’antimafia è una cosa di ieri, non di oggi.
Oggi si è un po’ e un po’. Di destra e di sinistra. Progressisti e conservatori. Comprensivi con coloro che fanno affari con le cupole di una mafiosità mite e diffusa, ma anche vicini a chi vuole liberarsi dal pizzo per sempre.
Un po’ e un po’. Palermo oggi è così.

da Repubblica Sera

il canone

Meno male che la Rai si è fermata prima del precipizio. Abolito il canone per i detentori di computer e tablet. In nome di Paola Perego chiediamo che venga abolita anche la richiesta ai conduttori di programmi televisivi di sollecitare i telespettatori ad affrettarsi a pagare quello giusto, quello per la tv di casa.
Paola, conduttrice di charm del pomeriggio, ogni giorno entra in casa nostra da casa sua. “A casa di Paola” si chiama infatti il talk. Ebbene, qualche giorno fa in casa sua hanno fatto irruzione i finanzieri.
A Sanremo la povera Paola Perego, sfinita dalle giornate festivaliere, stava riposando con il marito Lucio Presta in una cuccia della barchetta “La Villa sul mare”, solo 44 metri di lunghezza. Era quasi l’alba, le cronache riferiscono che le lancette dell’orologio puntassero sulle nove e mezza del mattino, quando una pattuglia di finanzieri ha fatto irruzione e iniziato a rovistare nelle carte di bordo per via del pieno di gasolio. Il gasolio è un rovinafamiglie. Una barchetta di quelle proporzione beve gasolio per circa sessantamila euro. E per risparmiare…
Frode fiscale, hanno decretato i cattivi. Yacht sequestrato. Paola, senza casa, ha preso il borsone ed è sparita nascosta dagli occhialoni da sole.
E’ la quindicesima volta che Paola risente dell’ansia da prestazione della Guardia di Finanza. E c’è anche un procedimento giudiziario per reati tributari pendente a suo carico. Le preoccupazioni già sono gravi. Liberarla dall’assillo di ripetere tutti i giorni agli italiani di pagare le tasse sarebbe un atto di umanità.

da Repubblica Sera