Gli incazzati della porta accanto

DELUSI E DISILLUSI: NON VOGLIAMO TESTIMONIARE ORA VOGLIAMO GOVERNARE QUESTO PAESE
Fanno un po’ paura i ragazzi col giubbetto del servizio d’ordine. Sembrano infanatichiti dal loro destino di servitori del nuovo ordine: “Tu non puoi entrare, e stop!”. Fanno tenerezza invece i loro compagni e amici che raggiungono piazza San Giovanni con un sorriso e la voglia di cambiare ogni cosa, nel più breve tempo possibile. “Mi chiamo Paolo e vengo dall’Umbria e davvero non ne posso più. Ho votato Rifondazione per tutta una vita, adesso basta: mi hanno obbligato a cambiare strada”. Paolo ha 40 anni, e con lui Andrea e Gianni. In tre da Marsciano, convinti che questa è la volta buona: “Non vogliamo testimoniare, vogliamo governare”. La palingenesi, o qualcosa di simile. Sbuca questo popolo ed è pieno di buonumore. Galvanizzato, compresso come quei fucili a pallettoni: “Ciao caro, per te è finita!”. È lo slang grillino, nuova lingua che li accomuna per il nuovo mondo che li attende. Giulio e Maura, quarantenni disoccupati: “Devono andare tutti a casa. Aspettiamo lunedì: io ti dico che almeno il 25 per cento prenderemo. E vedrai che casino”. Casino, cioè caos. “Un momento, perchè ci dipingi così? Noi siamo gente perbene, io mi chiamo Francesco, sono di Arezzo, ingegnere informatico. Non vogliamo il caos ma il governo. Vogliamo go-ver-na-re”. “Piacere, Carmelo, sono una persona pulitissima. Sono candidato, lei vota?”.
LA METRO li fa sbarcare a mezzo chilometro di distanza e in fila indiana accorrono alla festa. Che è insieme una prova di forza, un atto liberatorio, un processo di analisi collettiva. O anche un modo per gridare “vaffanculo!”. Insieme. C’è in effetti il senso di una comunione, una misura dell’appartenenza più convinta di qualche settimana fa e la percezione che la “rivoluzione” è vicina. Magma rovente, lava pura che esonda nelle strade svuotate dai poster elettorali. I politici di professione si sono ritirati. Il massimo della presenza pubblica è del Pd: ha scelto per Roma il teatro Ambra Jovinelli. Un modo per dire: prego, è tutta casa vostra. Berlusconi neanche si è scomodato. Comizio annullato a Napoli. Tutti gli altri a casa, ad assistere, magari in diretta, a questo show. Spettatori forse impauriti, presi alla sprovvista da un Paese che ai loro occhi si è rivelato all’improvviso. Come quei melograni maturi il potere si apre a questa piazza, a questo mondo. Mi ferma una ricercatrice del Censis: posso sottoporle questo questionario? Indaga sui grillini: chi sono, perché sono qui, cosa vogliono. Dal palco trasmettono un discorso di Scarpinato, procuratore di Palermo. Legge la Costituzione, la più bella e più giovane Carta che ci sia. Nella Costituzione c’è anche scritto, all’articolo 21: libertà di stampa. Invece noi giornalisti siamo, al meglio, dei “reggicoda”. “Ha fatto bene a non farvi entrare”. L’idea di Grillo è che tutti gli siano e gli debbano essere contro. Lui solo contro tutti i prezzolati dell’universo. Lui ha la verità, gli altri dei falsari. Lui probo, gli altri bleah! Chi non vota 5 stelle o è un colluso, o un fesso, o al peggio un corrotto. Urlano in piazza mentre con Matteo addentiamo un panino al salame: “Vengo da Perth, Australia. Sono tornato apposta per fare la rivoluzione”. Dici sul serio? “Dico sul serio: sono convinto che andremo al governo, che saremo il primo partito. Il nostro statuto vieta le alleanze non di sostenere singoli punti, ammesso che il Pd abbia più voti di noi”. “Vaffanculo cialtrone!”. Stanno rimandando il video del più famigerato discorso parlamentare che la storia consociativa ricordi. Violante, ai tempi capogruppo del Pds, che assicurava a Berlusconi l’impunità. Spiegava infatti come la sinistra, al governo, avesse evitato di promuovere le leggi sul conflitto d’interessi. Odiano il Pd per questo, traditi da un simbolo che amarono.
LA PIAZZA ALTERNA le urla alle parole piane. Rabbia concitata e riflessione serena. È un popolo antico per metà, gente che ha frequentato le manifestazioni, amica delle bandiere, delle proteste. Alcuni hanno il fazzoletto rosso. Altri hanno praticato sul fronte opposto. Incontro Luciano Lanna, ex direttore del Se colo d’Italia. Un giornalista colto, ora disoccupato. “Ho fatto il concorso nelle scuole, ma non nutro troppe speranze”. Lui e i suoi amici, camerati di un tempo forse: “Qui c’è tanta destra, militanti che hanno creduto a un governo onesto”. Grillo ha attratto, senza muoversi. Calamita inconsapevole di una insofferenza monumentale.
da: Il Fatto Quotidiano, 23 febbraio 2013

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