Finalmente insieme applausi e lacrime tra B. e Democratici

BERLUSCONI FA IL GESTO DI DIRIGERE L’ORCHESTRA, FIORONI SI SPELLA LE MANI A FORZA DI APPLAUDIRE E ANCHE I LEGHISTI PENSANO AL PROSSIMO GOVERNO


Quando gli ha detto che sono imperdonabili, versione appena più soft di impresentabili, un lungo battimani, delle decine con cui hanno accompagnato le parole del presidente, ha nuovamente scosso cravatte e gonnelle. Beppe Fioroni, deputato dichiaratamente sadomaso, si è ustionato le dita per la forza impressa al cla clap. Il più bello spettacolo d mondo, e da sinistra come da destra finalmente un coro unanime, un tributo condiviso, un scena di gioia e non di dolore, solidarietà e non di divisione.
MALGRADO il cerone nelle dosi identiche del secolo scorso, Silvio Berlusconi è parso ringiovanito di vent’anni e col dito d maestro d’orchestra ha musicato le parole di Napolitano. Seguiva il discorso con il trasporto di una canzone dell’amato Trenet, col cuore in gola, l’indice ondeggiante e gli occhi lucidi: “Le mie ragazze mi hanno salutato cantando Meno male che Silvio c’è. Ho detto loro di cambiare nome: Meno male che Giorgio c’è”. Entusiasta, commovente. Non si è risparmiato con i ritratti della memoria: “Francamente, neanche Pico della Miranda sarebbe riuscito a formare un governo senza i voti necessari”. Francamente si chiamava Mirandola, ma è stata l’emozione. Quasi come quella di Dario Franceschini che ieri l’altro se l’è vista brutta al ristorante per via di un incrocio teppistico e oggi ha respirato: “Un gigante, è un gigante”. In effetti la prescrizione alle larghe intese ha trovato un seguito immediato. Ecco Latorre con Fitto, laggiù a destra, appena usciti dall’aula, a verificare l’accordo. Magnifico Latorre: “Sono vent’anni che inciuciamo”. E magnifico, c’è da dirlo? Silvio, di nuovo ganzo, sorridente, pronto a fare già ora un pensierino a ciò che avverrà da qui a due anni: la successione al Quirinale. Re Giorgio è stato chiaro: finché le forze mi sorreggeranno. Quando taglierà il traguardo dei novanta, cioè tra pochissimo, potrebbe trovare un ragazzo di nemmeno ottanta a sostenere lo sforzo di unire il Paese. Per unirlo serve un governo e nuovi orizzonti, nuove parole: “Basta inciucio, chiamiamola collaborazione”. E d’un tratto, sotto il gazebo, la prima indiscutibile prova collaborativa: la portavoce pro tempore di Bersani, la carina Alessandra Moretti un po’ sciupata nell’umore per via delle brutte giornate che l’hanno vista protagonista, verifica, in un vertice con Daniela Santanchè, portabandiera dell’altra parte, i primi caratteri di un lavoro comune, solidale, costruttivo. “Noi siamo un po’ diversi da loro”, dice la Bindi ac ciaccata dagli eventi e persa nei suoi brutti pensieri. Non sembrerebbe, volendo essere pignoli, che l’impressione sia quella giusta. C’è Formisano, un ex dipietrista passato alla nuova stagione, che ascoltando e valutando ritiene inesorabile il superlativo: “È un gigante e di più”. Col papagno, quel senso triste che segue alla pennica, l’umore fragile di Pier Luigi Bersani. Si accomiata sibilando: “Discorso davvero eccezionale”.
NON È VISPO come quell’altro, che infatti si intrattiene con Barbara D’Urso, fa la fila dei tg, allunga il passo da uno studio all’altro. Corteo di cronisti sorridenti e disponibili, corteo di amazzoni felicissime. Dorina Bianchi: “Embè?”. La filiforme Ravetto: “Senza di lui dove saremmo?”. Non sarebbe di sicuro in Parlamento la sua badante, l’onorevole Maria Rosaria Rossi che cura l’agenda del cuore e in questi ultimi giorni è stata vista anche in compagnia di Dudù, la cagnolina di Francesca Pascale, fidanzatina del Capo.
Che spettacolo, e quanti sorrisi, e che bello vederli finalmente liberi di assecondare il senso per
le Istituzioni. “Faremo un governo”, dice il leghista Bonanno. Figurarsi, Quagliariello è già ministro, anche Violante forse.
Più preoccupata la pattuglia dei fedeli a Enrico Letta. Si dice che non possa raggiungere lo scranno da premier, forse sarà solo ministro. Vedremo. Comunque è una giornata diversa questa, e non solo e non tanto perchè c’è la fanfara e i commessi in grande uniforme e le freccie tricolori.
Ma perchè si vede una via d’uscita: “per il bene del Paese dovremo fare un governo”. O con i
cinquestelle oppure io non ci sto”, dichiara Matteo Orfini, uno dei pochi che non gradisce.
Ma non ha capito niente, “Napolitano è il più giovane tra di noi”, assicura Casini.
ALTRO CHE GRILLINI! In effetti spaesati, fuori sincrono. Oggi riunione in streaming per decidere l’espulsione del deputato Mastrangeli, incolpato di bulimismo televisivo. È un processo ma sembra qualcosa di più vicino a Uomini & donne, il talk dei cuori solitari. “Ma ti sembra, ma siamo in Corea del nord?”, dice un cittadino a una cittadina. Stridono con la realtà e con il gusto vero della vita.


da: Il Fatto Quotidiano, 23 aprile 2013

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