Roma: Marino primo Alemanno insegue, gli elettori scappano

NELLA CAPITALE BALLOTTAGGIO TRA I FAVORITI (MA MANCANO ALL’APPELLO MEZZO MILIONE DI VOTI)
Colpisce il numero della grande diserzione: cinquecentomila romani hanno lasciato a casa la tessera elettorale. Ed è risultato perfetto, nella sua conseguenza, lo slogan del vincitore, Non è politica. È Roma, che trascina a una vetta praticamente insuperabile, oltre il 40 per cento dei voti, Ignazio Marino, solitario cercatore d’oro, appiedato dal suo partito e perciò – forse – agevolato nell’impresa. Colpisce, prima ancora della disfatta di Gianni Alemanno, il capitombolo del Movimento 5 Stelle che ruzzola all’ingiù restituendo all’Italia l’immagine di un gruppo politico caotico, più parolaio che costruttore di sogni, incapace di tradurre la voglia di cambiamento in qualche segno visibile. Grillo lascia a casa la metà dei voti che due mesi fa aveva ottenuto e il suo leader capitolino,Marcello De Vito, si conferma gregario senza speranza. Il risultato, una piccola catastrofe, è ricondotto nei binari della normalità da De Vito: “Nulla di drammatico”. Invece, forse, qualcosa è successo.Continue reading

Roma, in pochi vanno in piazza per sentire i candidati sindaco

MEZZA VUOTA QUELLA DI ALEMANNO, ENORME (RISPETTO AL PUBBLICO) QUELLA DI MARINO. SI SALVANO SOLO I CINQUE STELLE E MARCHINI


Roma non ha fatto la stupida stasera. Non ha piovuto. Certo fa il freddo d’ottobre e già tutti i maglioni sono traslocati nell’armadio, “e con questa camicetta come fai?, non gliela facciamo più ad aspettare”. Marisa e Lina sono venute a San Giovanni ma si arrendono alla brezza gelata. È la prima fuga dalla prima delle quattro piazze che si rifiutano di riempirsi malgrado abbiano sistemato il castello gonfiabile con gli scivoli e topolini sorridenti e bambini al centro del prato, con gli stand a stringere l’inquadratura. “Macchè, siamo pochi stasera”. La mestizia con la quale Simone porta la sua bandiera non cancella l’amore meraviglioso che ancora lo costringe ad essere qua, nonostante il dolore. “E quando vi vedo in televisione, voi del Fatto, mi viene paura perchè ci date tante legnate. Non conto niente ma anch’io le sento addosso perchè il partito è la mia famiglia, papà si chiamava Palmiro. Continue reading

Potere all’ombra del Colosseo. Filosofia Bettini: senza i costruttori dove vai?

La pancia di Goffredo Bettini contiene tutta la sinistra romana. È il depositario di ogni accordo che su Roma, ai suoi lati (potremmo dire ai suoi fianchi) negli ultimi vent’anni si sono conclusi. È un uomo di potere intelligente, ama i libri, ha amato il Pci fino a patirne fisicamente la scomparsa (“mi venne la depressione e durò tre anni”). Ama la classe operaia ma gli ispira tanto stare al fianco dei costruttori. Discepolo di Berlinguer, amico di tutti i Caltagirone della capitale, ha fatto e disfatto sindaci e giunte e ha dato la spinta necessaria a Ignazio Marino, l’ultimo prescelto. Ritrovarlo con la maglietta della salute e la barba di qualche giorno nel salottino della casa “che divido con una famiglia marocchina in difficoltà”, e l’aria dell’osservatore partecipe ma sfaccendato è insieme utile e singolare. “Ignazio sarà un ottimo sindaco. Ha dato prova di grande spessore etico, è un Argan della scienza, un bel tipo”.Continue reading

Walter, ma non potevi dirlo prima?

L’ottimismo resiste a ogni dubbio come quei pesci gatto che in acqua spazzolano ogni cosa e affamano ogni competitore. Letto dalla parte di chi sfida i compagni a ritrovare la passione sopìta le idee perdute le battaglie da fare e le parole da ricordare, il pamphlet che Walter Veltroni manda oggi in libreria (E se noi domani. L’Italia e la sinistra che vorrei, Rizzoli) è un abecedario utile, un memo da tenere sulla scrivania. Aprirlo e riaprirlo per ricordare le ragioni che fecero nascere il Pd e poi i motivi che hanno reso quella sigla deformata, decomposta, inutile. Procedendo all’inverso il libro raccoglie il plurimo fallimento di intere generazioni di dirigenti per le quali Veltroni è stato leader e anche, a suo modo, profeta. Oggi, lui scrive, è tempo di ripartire e trovare attraverso nuove parole la costruzione di un senso, di una rotta. Veltroni affronta nell’introduzione, appena presa tra le dita la biro, ogni eventuale malanimo circa le sue intenzioni: non ha scritto il libro per ritornare in campo, non vuol rifare il segretario del Pd, non desidera promuovere un suo bel castello di potere. Deve scriverlo, purtroppo.Continue reading

Pd, il funerale frettoloso di un partito imploso

ALLA FIERA DI ROMA, TRA DIRIGENTI CHE SBADIGLIANO, GIOVANI NATI VECCHI E “CACICCHI ” CHE PICCHIANO SULLE SCELTE SBAGLIATE
L’inumazione del Pd si è svolta ieri alla fiera di Roma. È stato un rito breve e senza lacrime, come succede per quelle zie lontane e sconosciute che si conducono al cimitero alla svelta perchè domani c’è da andare al lavoro e i figli premono per tornare in città. La sala semivuota garantisce libertà di passeggio nel capannone 10 della fiera di Roma, lato nord. Alle undici del mattino incontro Marco Follini già ai cancelli di uscita: “Tutto deciso ieri”. Bene così, tutto fatto e già visto, perchè perdere tempo per esempio ad ascoltare Roberto Speranza, il capogruppo con i piedi saldamente in aria? In effetti non ha tutti i torti Follini. Speranza dal palco: “Dobbiamo essere autonomi. L’autonomia significa riformismo”. In realtà quella frase non significa niente e infatti ogni cosa va per il verso giusto: lui parla e gli ascoltatori –nella cifra va compresa la quota dei congiurati sbadigliano, o leggono i giornali o barattano la presenza per qualche photo-opportunity.Continue reading

Un partito senza

La malattia del Partito democratico si chiama autismo. L’ambizione di offrire un orizzonte unico a chi vi milita o soltanto simpatizza pare destinata a perire sotto il peso dell’irresponsabilità della sua classe dirigente. Si ha l’impressione che la testa del partito non conosca il proprio corpo, non ne capisca più le necessità, le speranze, le domande, le urgenze. È come se avesse paura di ascoltare perché se lo facesse troverebbe avanti a sé un’altra idea e un altro Paese e altri bisogni e altri doveri e altri diritti. Questo partito, che oggi chiama Guglielmo Epifani a farsi largo tra le macerie e tenere in vita una casa senza più fondamenta, resta però ancora l’unica formazione che ha luoghi in cui dibattere, ritrovarsi. È l’unica sigla politica che in ogni capoluogo abbia un indirizzo, un portone, un campanello dove bussare e qualcuno che apra. Ha ragazzi preparati, capaci, vogliosi di contribuire alla fatica, desiderosi soltanto di essere ascoltati. Continue reading

La tratta delle lacrime PD: “Il PCI era bitter, noi siamo prezzemolo”

DA TORINO A TREVISO: “CHIEDIAMO UN PARTITO FORTE, INVECE OGNI GIORNO SI CAMBIA LINEA”
Domani ci sarà lui qua: tutto il partito a piangere insieme al condannato. E questo evento così immorale non gli costa voti. Anzi ricompatta, tiene ferma la sua barra. Perciò la mia quantità di incazzatura è notevole, allearsi col Pdl annienta ogni orgoglio. Adesso questi nostri cosiddetti big devono farmi il piacere di non sfiorare Brescia. Ce la vediamo da soli che ci fanno solo danno. L’unica invitata è Debora Serracchiani per il momento”. Nella città della Loggia si vota tra due settimane ed è in arrivo Silvio, carico della seconda condanna e straripante di energia vitale. Mariastella Gelmini, come una vice ape regina, rassicura il capo e già cinguetta: “Saremo tantissimi”. Ecco il punto, ecco la ferita che a Emilio del Bono, candidato del Pd alle comunali di fine mese, brucia sotto la pianta dei piedi. “Scarpiniamo da mattina a sera e siamo a un passo dal fregare il Paroli, sindaco immobile di una città avvelenata nel senso proprio del termine e iniziata alla corruzione”. A Brescia nacque la prima giunta Dc-Pds, sindaco Corsini. La città della Loggia partorì l’Ulivo, Mino Martinazzoli, l’ultimo segretario del Ppi, lo sostenne e lo guidò, dopo essersi pensionato da Roma. La Leonessa aspetta Silvio ma forse, alla fine, una legnata gliel’assesterà. Malgrado ogni tradimento, malgrado il suicidio di massa che i dirigenti romani stanno praticando, malgrado le correnti e gli odi, qui il Pd perde poco: dal 28 al 26%. Prima forza comunque, e a distanza quegli altri del Pdl, con i cinquestelle ridotti al lumicino del 5%. Sicuri di giungere al ballottaggio e di giocarsela per benino. “Noi non annunciamo che smacchieremo il giaguaro, fessi una volta ma due no!”. Giorgio De Martin, segretario cittadino, finalmente un militante dal sorriso facile e dall’animo aperto alla battaglia dentro questo mortorio che è il Pd del nord, quello pedemontano, la linea che congiunge Torino a Treviso, il viaggio delle lacrime. “Andiamo in osteria a festeggiare” dice Giorgio.Continue reading

“Rottamare i capi tribù, Renzi compreso”

DA PESARO FINO ALL’EMILIA ROSSA, LA RIVOLTA DI “OCCUPYPD” CONTINUA: FORLÌ, ALBINEA E LA MITICA SEZIONE DELLA BOLOGNINA


Prima di giungere al Piave dello sgomento che è la Bolognina – il centro del centro della storia della sinistra italiana, il luogo dove sono accorsi, nelle ore della disfatta del Pd, furenti e disperati, i militi estranei alla guerra degli odi e delle correnti – c’è bisogno di percorrere tutta la via Emilia verso la Romagna. Con una lieve e dolce retromarcia da Rimini giungere a Pesaro, dove il presidente della Provincia Matteo Ricci pensa che un partito che si rispetti al primo posto metta un sentimento che si rispetti: “La felicità sarebbe un bel punto programmatico e noi che qui ci facciamo un festival diciamo che esiste un aspetto pubblico di questo sentimento prevalentemente privato. La radice di un buon governo è il buon vivere, dunque la felicità possibile, praticabile, raggiungibile. Un partito come quello che intendo io non avrebbe avuto alcuna remora a usare questa parola così limpida e così dolce, delicata, riformista, radicale. Il fatto è che io sono figlio del Pd, loro, quelli di Roma, sono figli di due ex partiti che non ci sono più”. C’è quest’altro Matteo, di 38 anni, a voler resettare, chiudere in cantina la vita e le opere dei protagonisti della disfatta. “Non ne salvo nessuno. Le correnti ci hanno ucciso e il ceto dirigente patisce una malattia autoimmune. Rigenera cellulemalate e con i loro rancori, gli odi, le vendette e i tradimenti tragici stanno facendo la pelle a questo partito che non sentono loro, e che infatti non è loro”.Continue reading

“Siamo al governo con B. È tutto sbagliato, capite?”

A PRATO E PISTOIA MILITANTI E DIRIGENTI LOCALI PREPARANO L’APPUNTAMENTO NAZIONALE (IL 19 MAGGIO) DEI GIOVANI DI OCCUPYPD


Il partito è partito. Uso il participio passato con dolore. Ma come potevi pensare che avesse vita una cosa nata dagli scarti di due opzioni. Non abbiamo voluto essere socialdemocratici e limpidamente di sinistra, e non abbiamo creduto al partito di coalizione, quello dell’Ulivo. Allora abbiamo scelto il principio degli opposti: fare un partito nuovo con dirigenti vecchi, promuovere l’inclusione attraverso la cooptazione, esibire volti inquietanti in tv, gente che calibrava la postura da inquadratura ma zero idee. Abbiamo cambiato bandiera e programma a ogni cambio di leader. E così abbiamo trasformato il Pd in un participio passato, uno scheletro ancora aggrappato a quel che residua di D’Alema e Veltroni. Due dirigenti in gamba che hanno dato tutto quel che avevano in corpo nel secolo scorso. Ma non hanno più benzina, e si vede”. Si chiama Samuele Bertinelli, libraio disoccupato di 37 anni, sindaco di Pistoia. Continue reading