Nella piazza con Ferrara, mignottocrazia in movimento

ADUNATA DI BERLUSCONES PER DIFENDERE IL GRANDE CAPO FRANCESCA PASCALE: “GLI PIACCIONO LE BELLE DONNE, COME ME”
La mignottocrazia si è fatta movimento di resistenza e il berlusconismo ieri è declinato sotto casa di Cesare Previti, in piazza Farnese, in un compendio più teatrale, pittoresco, edonista e vagabondeggiante. Sul palco Giuliano Ferrara col rossetto e sotto Francesca Pascale (memorabile la sua interpretazione di O’ Calippo, esplosione canora estiva purtroppo limitata al litorale domiziano) in un arancio shocking a difendere la propria reputazione di innamorata vera e sincera di Silvio: “Io non mi sento puttana, e lei?”.
IN REALTÀ , seguendo il filo illogico impresso da Ferrara, invincibile promotore delle cause perse ma anche direttore del Foglio che, per pura coincidenza, ha nel ragionier Giuseppe Spinelli, advisor delle olgettine, il presidente del consiglio di amministrazione, in piazza si era venuti a manifestare in difesa del Cavaliere sotto il titolo di “Siamo tutti puttane”. “Io mi sento puttana, va bene? Le dico che sì, è una barbarie”: è Marina Ripa di Meana, giunta in perfetto orario col consorte e una mise di voluta sobrietà rotta appena da un cappello che dipana alla sua sommità lunghi fili neri, a confermare, nella provocazione, la nuova battaglia per la libertà. E’ una adunata per la felicità, contro l’invidia “per il pisello di Berlusconi” (questa è di Anselma, moglie di Giuliano), e contro quelle ipocrite (sempre Anselma) “che la danno gratis”. E’ la sinistra che puttaneggia senza ristoro, mentre la destra trova nella gratificazione economica quel di più che compensa l’eventuale disagio. In piazza, nonostante un’oceanica rappresentanza di giornalisti, poco entusiasmo. Che però, col passare dei minuti, si è fatto più convinto ed è esploso in una incontenibile gioia quando un corteo di militi ha scortato Francesca, la diletta fidanzata, fin sotto il palco. “Sono venuta di mia spontanea volontà, è la prima volta che lo faccio, se l’avessi detto a Silvio sicuramente mi avrebbe sconsigliato per motivi di sicurezza”. Francesca, innamorata di Silvio all’età di sedici anni (la giovinetta capitanò a Gubbio il movimento “Silvio mi manchi” con il quale entrò da minorenne nella scena politica) ha voglia di esserci e di manifestare il proprio dolore: “Mi vergogno di essere italiana”. E conseguentemente: “Certo, a lui piacciono le belle donne, se no non gli sarei piaciuta”. Volitiva, sicura, controllata. Dizione perfetta e solo piccole sbavature nella consecutio, con qualche increspatura sui congiuntivi (se avrei?) che invece Daniela Santanchè, la più alta in grado politicamente parlando, non patisce nella sua breve arringa. “Dai, svegliamoci dal torpore, scendiamo in piazza, gridiamo la nostra protesta”. Breve ma intenso battimani con un lento ma inesorabile ingresso in piazza dei deputati e senatori. Perché in verità all’inizio era parsa una manifestazione senza padri costituenti. Però la Pascale (con l’autorevole vicinanza di Maria Rosaria Rossi, deputata addetta al Capo e al più intimo cordone di palazzo Grazioli, dove è ancora issata la bandiera italiana) ha rotto il ghiaccio e anche i parlamentari più restii hanno preso coraggio e sono intervenuti nell’ascolto dell’epica della puttaneria, nella mistica delle cosce, contro le manette al piacere, alla libertà, e anche all’orgasmo. Visibilmente costernata, ma serena, Stefania Prestigiacomo con la sua bici. Centrale il volto tumefatto dalle lampade di Denis Verdini, evasiva ma non distratta Renata Polverini. Un Domenico Gramazio (er pinguino per i camerati) in camicia nera, segno inesausto della romanità fascista, convinto e plaudente. A distanza ma non troppo, a significare l’ora grave, il ministro Maurizio Lupi. Mentre si era così, stretti e un po’ di stratti, vogliosi di conoscere il gulag Boccassini, qualche spintone ha rotto l’incantesimo. Nessun danno fisico, ma un breve parapiglia al lato destro del palco contro comunisti infiltrati e provocatori. Tutta qui Forza Italia, mentre Berlusconi, a cinquecento metri, ripassava il discorso ultimativo da fare a Enrico Letta, nel faccia a faccia decisivo. Silvio ha un’età, e dunque ha iniziato a far capolino l’idea che sua figlia Marina, anche oggi ferma nel difendere la storia e la reputazione della famiglia, possa essere destinataria dello scettro. “Io sarei d’accordo” ha detto Francesca, mentre Giancarlo Galan, fuori sincrono, rievocava “quella cena dove anch’io ho partecipato e c’era Mubarak e si parlò della nipote Ruby, o così capii, c’era l’interprete non era facile ascoltare e comprendere ogni cosa”.

da: Il Fatto Quotidiano, 26 giugno 2013

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