Condannano il figlio, si candida il padre

Cosa può fare un padre per il proprio figlio? Candidarsi, per esempio. L’amore filiale ci conduce fino a Patù, nel Salento più luminoso e nascosto, appena dietro Santa Maria di Leuca. Nel destino di un uomo, in questo caso il giovane Gabriele Abaterusso, imprenditore e vicesindaco del paese, si staglia la figura paterna di Ernesto, papà accorto e misericordioso. Gabriele, molto attivo negli affari, ha subito una condanna (in appello) per bancarotta e insieme a Michele Emiliano, il suo leader oggi candidato governatore della Puglia, ha riflettuto, valutato e poi deciso di rinunciare alla corsa. Non sarebbe stato bello per l’immagine di Emiliano, comunque ancora magistrato, e per quella del Partito democratico. Gabriele è stato irremovibile: non mi candido. A questo punto nella testa di Emiliano la lampadina si è accesa: ha chiesto al papà una firma in sostituzione. Una surroga come quella per i mutui. Ed Ernesto, in una memorabile lettera che il Quotidiano di Puglia ha pubblicato e di cui daremo ampi stralci, seppure a malincuore e con l’animo ferito e il fisico provato, ha accettato. Ernesto, il papà, è già stato deputato e sa quali sofferenze si debbano sopportare in politica. “Michele Emiliano mi chiede di dare una mano per preservare questo progetto e pur tra mille remore che mi derivano dagli impegni lavorativi e personali già assunti, rispondo: il partito chiama e io, onorato, obbedisco. Come sempre”.
La lettera è lunga e il Garibaldi del Salento fa dimessamente notare che, unico nella storia contemporanea, ha avuto il fegato, nel 2001, “ad appena 45 anni e dopo appena una legislatura e mezza conquistata con i voti nei collegi e non da nominato, decisi di interrompere la mia carriera istituzionale”.
Conoscete altri che a 45 anni, e dopo una legislatura e mezza, abbiano lasciato tutto per far ritorno, senz’altro avere che il proprio ardore, a Patù? Nessuno. Ernesto negli anni della solitudine ha accudito Gabriele e sostenuto nell’impegno per il bene comune e, nei ritagli di tempi, anche al proprio benessere. Oggi, scrive il fantastico papà, Gabriele è immerso “in una vicenda kafkiana che prima o poi andrà anche esplorata e studiata con la dovuta severità e freddezza”. È la maledetta bancarotta per distrazione, capo di imputazione sul quale Ernesto ha perso il sonno, che l’ha ridotto allo stremo “fisicamente e moralmente”. Eppure il papà, qui è la dimensione grandiosa dell’amore verso il figlio, non si strappa le vesti, non si chiude in bagno, non serra le tapparelle, ma inizia un nuovo cammino. Col saio del dolore indossato accetta la candidatura lui che, “unico caso al mondo”, vi rinunciò 15 anni fa. E quindi Ernesto, in vece di Gabriele, si accinge ad affrontare “una nuova campagna elettorale che può essere entusiasmante”.
Finalmente il sorriso, finalmente la speranza dopo tanta delusione. Patù ha memoria ed è “fraternamente vicina” a Ernesto (e pure a Gabriele). Votare l’uno o l’altro è uguale. I due corpi si riducono a uno e seppur tra le sofferenze la famiglia resta unita, e anche il partito. Avremo sicuramente almeno un Abaterusso in consiglio regionale che sarà voce del Salento e anche testimonianza esemplare di come il memorabile detto “Franza o Spagna purché se magna” sia stato aggiornato e lotti ancora – grazie all’ingegno di Michele Emiliano – insieme a noi. 

da: Il Fatto Quotidiano 11 marzo 2015

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