ALFABETO – DANIELE VICARI: “Facebook e i social servono a farci rimanere ignoranti”

daniele-vicariSuccede a tanti ed è successo anche a lui alcune settimane fa. Postava su Facebook le ragioni che lo avevano spinto a trattare i fatti del G8 di Genova nel modo in cui poi al cinema abbiamo visto. E certo Diaz è stato il film più popolare e apprezzato di Daniele Vicari. Il post improvvisamente scompare, sottoposto a censura. Lui dapprima non sa che fare, poi sceglie di protestare.

Contro chi ha protestato?

Contro un’entità immateriale: lo staff del social network . Staff immagino stia per direzione, governo, gestione dei problemi.

Staff, non un nome e un cognome.

Tutto assolutamente avvolto nell’anonimato, tutto imperscrutabile. L’angoscia di vedere diritti elementari, conquiste oramai consolidate, quali la libertà di espressione, venute meno perché gruppi organizzati, nemmeno un gran numero, segnalavano come “indesiderato” il tuo pensiero, la tua opinione. E un luogo indefinito che giudicava e decideva.

Ai tempi della conoscenza orizzontale, istantanea, popolare che dovrebbe far immaginare una democrazia più forte, condivisa, allargata a chiunque, una regressione dei diritti così plateale, evidente, esagerata.

I social hanno apparentemente dato la voce a chiunque volesse o voglia averla. E il potere della parola, prima appannaggio dell’élite, è divenuto patrimonio di ogni ceto, di ogni classe. L’irruzione sulla scena pubblica di miliardi di persone.

Facebook è il più grande continente al mondo: più di un miliardo e seicento milioni di persone lo abitano.

È una cosa così grande da divenire anche, come il mio piccolo caso, pericolosa assai. Consegniamo la nostra vita, i nostri affetti, i nostri segreti e la nostra parola, la nostra libertà a un’azienda privata che gestisce nel modo che crede quei dati e la nostra libertà e poi ci vende alla pubblicità.

Come può essere che non badiamo al rischio enorme di una esposizione così svincolata da ogni limite, vincolo, dovere?Continue reading

Stefano Schwarz: “Il No può vincere solo se non trattiamo gli elettori da babbei”

stefano-schwartzTra tanti nonni che battagliano per il No finalmente spunta un portabandiera giovanotto. Giovanotto è una parola grossa. Vado per i 33 anni e il grigio assassino nei capelli lei lo vede?

Stefano Schwarz è un tardo giovane. Ha l’aspetto di un faggio in autunno: longilineo, cresce dritto fino ai capelli che poi però si sviluppano a ombrellone. Sarà il portavoce del No al referendum.

Sarò portavoce del comitato presieduto dall’avvocato Guido Calvi.

Cioè D’Alema.

Sono andato da lui e gli ho detto: eccomi qua. Non lo conoscevo, l’ho visto all’appuntamento del mese scorso in piazza Farnese. Apprezzo il suo impegno, ma sono convinto che chi sta sotto ai 40 e viene chiamato a votare debba anche avere il diritto di confrontarsi con un suo contemporaneo. Lui ha apprezzato ed eccomi qua.

A D’Alema piacciono solo i dalemiani. Meglio se adulti.

Sono stato anche favorito dalla fiducia che mi ha accordato l’avvocato Grande Stevens.

Più che un comitato sembra un Rotary.

Sa che la maggior parte dei giovani è con noi? Che le simpatie referendarie al No provengono dai ceti popolari?

So che ci sono molti professoroni in campo. Terza età, ma di prestigio.

Senza i nonni l’Italia sarebbe già con le toppe al culo e in piazza a fare a botte. I nonni ci aiutano a pagare il mutuo, ci pagano le tasse all’università, le bollette della luce, a volte la ricarica del cellulare.

Capito, anche lei – benché piemontese e di buona famiglia – è squattrinato.

Avevo delle consulenze con l’Onu. Ma l’impegno politico non consente la prosecuzione del contratto che infatti è in stand by.

Con Matteo Renzi, con cui simpatizzò nel 2010, avrebbe forse avuto più fortuna.

Uno che scrive così la riforma della Costituzione!

Sarà sgrammaticato, ma politicamente è un fulmine.

La forma è sostanza. Il testo è un obbrobrio.Continue reading