L’anticipazione

Ecco l’anteprima del mio nuovo libro, apparsa oggi sul quotidiano la Repubblica

L´Italia è piena di giovani talenti ma resta immobile e vecchia, ricca ma consegnata alla vita precaria, bellissima eppure sfregiata, accogliente però insicura. L´Italia è piena di mediocri. Organizzati per cordate, sorretti dalla corporazione, dal club dall´accesso esclusivo, o garantiti dal nome di famiglia. Meglio i parenti dei concorsi; meglio serrarsi nella difesa degli interessi delle lobby che affrontare il rischio della concorrenza.
Meglio i portaborse servili dei collaboratori svegli ed efficienti. Valori capovolti e merito taroccato. Entra solo chi si mette in fila e aspetta, docile, il suo turno. La prova del nove è davanti ai nostri occhi. Perfetti sconosciuti – grazie a mirabili carriere da Signorsì – hanno confezionato un cursus honorum che riserva loro omaggi e riverenze di Stato. Figurarsi in Parlamento. Lì la mediocrità è una virtù. Mi ha colpito, come credo molti, il modo in cui la politica ha raccolto «i migliori», il metodo di selezione dei candidati nelle ultime elezioni. Un disegno organico e complementare, che ha unito destra e sinistra e premiato gli adulatori dal pensiero liquefatto al primo raggio di sole.
Avevo un´idea fissa in testa, anzi una equivalenza che spiegasse l´inestirpabile e perniciosa natura della mediocrità: il potere della mediocrità misura esattamente la distanza che separa il talento dal successo. Quanto più quel potere è pervasivo, tanto più il successo sarà distante da colui che effettivamente lo merita. Ho chiesto a due ragazzi, Andrea Petrella e Andrea Tesei, giovani economisti che vivono e fanno ricerca a Barcellona, di provare a tradurre appunto in una formula la mia idea. Questo è il risultato:
Prob (Tt = St) = (1-Mt)k
Definiamo un indice della distanza che separa il talento di un individuo (T) dal suo effettivo successo in ambito lavorativo e sociale (S). La differenza assoluta tra questi due termini rappresenta il grado di inefficienza nell´allocazione del talento di un individuo. Traducendo queste considerazioni in termini probabilistici, in una società ideale la probabilità che T=S è pari a uno. Quanto più bassa è tale probabilità, tanto più inefficiente sarà la società. La variabile M rappresenta la proporzione di mediocri sul totale degli individui, k >1 è un parametro costante nel tempo, e il pedice t è un generico indice temporale.Continue reading

Una malattia: il gioco (legale)

schedaenalottoFLAVIA PICCINNI

Davanti alla febbre del superenalotto l’Italia non è mai stata così unita. Il 14 ottobre sono stati spesi ben 52 milioni di euro in tutta la Penisola per raggiungere un sogno, quello del jack pot di 83,5 milioni di euro. Hanno giocato ovunque, in milioni, ma nessuno ha indovinato la combinazione dei sei numeri fortunati.
Mentre in un bar alla periferia di Roma assisto alla follia superenalotto, mi sembra di essere nella tabacchino/ricevitoria di Bocca di Stella, una zona industriale vicino Prato dal nome romantico e dalla struttura fatiscente. Mi sembra di stare fra i cinesi dei pronto moda che, abbandonate le macchine da cucire e gli orari di sfruttamento, da padroni vanno a tentare una fortuna tutta italiana.Continue reading

La casta bianca

cornagliaferrarisMANUELA CAVALIERI

Sono trascorsi dieci anni da “Camici e pigiami”. Paolo Cornaglia Ferraris (foto) segnalò le storture della sanità italiana: un organismo malato e corrotto. Scoppiò la bufera. Lo scandalo coinvolse medici e case farmaceutiche, ospedali e aziende sanitarie. Ma non solo. Il pediatra genovese a più riprese denunciò la deleteria prassi italiana dei concorsi universitari: in teoria aperti a tutti, nella consuetudine, invece, indetti ad hoc.
Un sistema marcio, che ignora il merito e costringe i talenti alla fuga.
Sono migliaia ogni anno i giovani ricercatori che rinunciano a lottare e fanno le valigie. Valigie piene di sogni e speranze, di bravura e ambizione. È il brain-drain. Un vero e proprio regalo che la nostra nazione fa ai centri di ricerca internazionali.
Penso al professor Antonio Iavarone, oncologo pediatra di fama internazionale, che sigla le sue scoperte scientifiche alla Columbia University di New York. Iavarone è stato costretto a lasciare l’Italia dopo aver denunciato un caso di nepotismo al Gemelli di Roma. Una storia emblematica, ma non un unicum. Purtoppo.
Cornaglia Ferraris, che attualmente si occupa di piccoli immigrati clandestini, torna con “La casta bianca”. Una nuova inchiesta che racconta il dramma dei camici: dalle truffe che coinvolgono le aziende ospedaliere alla corruttela del familismo amorale degli atenei. È l’azienda Italia, endemicamente corrotta e malata di merito.
Nulla, dunque, è cambiato in questo ultimo decennio. Stessi attori, identiche tragedie.

Crocevia di simpatia: come spiazzare il merito con una battuta

rampanteberlusconi

Un giovane Silvio Berlusconi, rampante imprenditore nel 1978, anno del suo tesseramento nella P2. (Foto Giuseppe Pino)

SABRINA PINDO

Il libero mercato si fonda sul libero scambio e sulla concorrenza.
Tecnicamente la sola invenzione del marchio (con nome e logo riconoscibili dai clienti) già distorce il mercato, portandolo da concorrenziale a mercato di monopoli settoriali. Per esempio: se uno vuole una Lambretta non può andare alla Piaggio e viceversa, ma se uno vuole del pane può andare a Tokio o a Eraclea mare e trova del pane la cui bontà dipende solo dalle capacità del panettiere.
Il libero scambio e la concorrenza – si sa – dovrebbero portare ad un miglioramento sociale collettivo.
Purtroppo però, anche in un meccanismo perfettamente concorrenziale, si trovano delle piccole storture. Le regole del mercato, ad esempio, non tengono conto dell’amicizia (disinteressata o meno): in un paniere di merci equivalenti o quasi, infatti, si sarà propensi a scegliere quella offerta dall’amico, penalizzando così chi magari è stato un poco più bravo a sviluppare il prodotto, ma che per mala sorte non rientra nelle amicizie del potenziale cliente.
Piccole grandi storture crescono.Continue reading

Veline, veline, veline

fotovelineSERENELLA MATTERA

Velina? What’s velina? Mestiere televisivo, fenomeno sociologico, epiteto offensivo? La parola all’esegeta.
Silvio Berlusconi (intervista a Lilli Gruber): “Il termine veline? È denigratorio, ha un sottinteso discriminatorio e un po’ razzista, e ben poco femminista, secondo il quale una bella ragazza dovrebbe essere necessariamente sciocca o incolta. (…) Mi pare si sopravvaluti la portata reale della questione, e nello stesso tempo, la si fraintenda. Le cosiddette veline sono ragazze che svolgono un compito molto meno facile di quello che si crede. Devono avere, oltre ad un bell’aspetto, anche talenti che spesso si sottovalutano”.
Silvio Berlusconi (in campagna elettorale): “Vedo qui tanti parlamentari che sperano di essere candidati. Voglio dire loro che non sono vere le cose che si leggono, non candideremo veline o soubrette”.

Diversamente opposizione

logopdCARLO TECCE

Opposizione. «Attività, azione di chi si oppone alla politica di un governo» (De Mauro Paravia).
Facciamola. 11 luglio 2008. «Festa del Pd, Prato: caldo infernale e l’attesa del leader del partito che lancia proprio da qui la raccolta di firme contro il governo che porterà dritto dritto alla manifestazione nazionale del 25 ottobre».
Facciamola, forse. 8 ottobre 2008. Walter Veltroni: «Certo se la situazione della crisi finanziaria precipitasse ulteriormente e ci si trovasse in una autentica emergenza… siamo tutte persone responsabili con la testa sulle spalle».
Facciamola, se proprio dovete. Rosy Bindi: «Penso che il Partito democratico possa serenamente fare la propria manifestazione, dichiarando, come abbiamo fatto in questi giorni, la nostra disponibilità al governo a fare la nostra parte per questa emergenza che ci sta attraversando».
Facciamola, diversamente. Francesco Rutelli: «Io dico di non fare un corteo centrato sulla contrapposizione al governo, ma sulle nostre proposte aggressive per uscire dalla crisi. Potrebbe trasformarsi in un’occasione anche per voltare pagina rispetto alle difficoltà dell’opposizione».
Facciamola, chissenefrega. Massimo D’Alema:«Perché lo chiedete a me? Sono solo il presidente della fondazione Italianieuropei».

L’acqua, il nuovo lusso

acquainitaliaFLAVIA PICCINNI

Se vi dicessero che potete avere l’acqua in casa solo per 15 giorni al mese a 445 euro l’anno, cosa rispondereste? Sembra una domanda assurda e irreale, ma per gli abitanti di Agrigento è la quotidianitá. Una realtá fatta di rubinetti a secco e della più alta «tariffa idrica domestica» d’Italia (la media del nostro paese è di 229 euro). Non sorprende quindi che gli abitanti della cittadina siciliana si organizzino in veri e propri turni per fare la guardia alle condotte. I furti sono infatti all’ordine del giorno e sembra che l’acqua sia diventata più preziosa dell’oro.
Analizzando le bollette emerge che ad Agrigento gli aumenti più cospicui si sono verificati tra il 2006 e il 2007, con un incremento del 38%. Solo a Novara (+50%) e a Verbania (+45%) sono riusciti a fare peggio, anche se la spesa per famiglia complessiva resta sempre allineata con la media nazionale e l’acqua arriva per tutto l’anno. E se pensate di essere salvi dal caro acqua vi sbagliate di grosso: sull’intero territorio nazionale il costo dell’acqua è aumentato del 4,6% rispetto al 2006 e del 32% da gennaio 2002 ad agosto 2008. Di questo passo il lusso non saranno più borse di Prada e scarpe di Gucci, ma l’acqua, che tutti, fino a ora, abbiamo dato per scontato.

L’Italia del sultano

sultanatoUna lettrice di Repubblica mi ha scritto contestando la distrazione, la stanchezza quando non proprio l’accondiscendenza dei giornalisti italiani nei confronti del governo. Mugugni invece di critiche serrate. Zero inchieste, zero articoli che raccontino quel che si fa e non si dovrebbe fare.
Lo stato di narcosi generale è difficilmente contestabile. L’Italia appare sempre più nelle vesti di un sultanato. Lui, il Sultano, ricco e onnipotente, può permettersi ogni cosa. Disdire un intervento all’Onu per un ciclo di massaggi rilassanti. Ed è il meno. Raggiungere il famoso centro estetico con l’elicottero della Protezione civile. Ed è ancora il meno. La soglia del ridicolo è solo superata quando il Sultano ingiunge incredibilmente ai suoi ministri di evitare di rispondere ai giornalisti. Persino i mugugni appaiono al Sultano insopportabili. Non è da ridere?

La Bibbia giorno e notte

MANUELA CAVALIERI

«Il ventiquattresimo giorno dello stesso mese, i figli d’Israele si radunarono per un digiuno, vestiti di sacco e coperti di terra (…) fecero la confessione dei peccati e si prostrarono davanti all’Eterno, il loro Dio».
Libro del profeta Neemia, cap.9
«E Gesù, rispondendo, disse loro: Guardate che nessuno vi seduca! Poiché molti verranno nel mio nome, dicendo: “Io sono il Cristo” e ne sedurranno molti»
Evangelo secondo Matteo, cap.24

È iniziata la lettura integrale della Bibbia. Una maratona di 139 ore dal 5 all’11 ottobre nella Basilica di Santa Croce in Gerusalemme: la più lunga diretta mai contemplata dalla Rai. Oltre 180 mila le richieste di partecipazione. L’hanno spuntata solo in 2000. Tra i lettori, inutile dirlo, particolarmente corposo è il settore vip: Benigni, Andreotti, Scalfaro, Cossiga, Ciampi, Gianni Letta, De Bortoli, Koll, Cucinotta, Sgarbi, Lerner, Avati, Frizzi, Cappon, Bonaccorti, Navarro-Valls, Vespa, Curzi, Carlucci, ecc., ecc. Al numero 430 c’è Mara Carfagna, al 930 Mariastella Gelmini. Due ministre, due passi. La titolare delle Pari Opportunità leggerà un brano del Vecchio Testamento tratto dal libro di Neemia; al ministro dell’Istruzione, invece, è toccato il Nuovo Patto, con l’Evangelo di Matteo. Contrizione e pentimento, nel primo caso; escatologia nel secondo, con un’ampia disquisizione sui sedicenti unti, segno inequivocabile degli ultimi tempi…

“Quistioni” di razza

(…) la teoria della “flemma” britannica, della “furia” francese, della “fedeltà” germanica, della “grandezza” spagnola, dello “spirito di combinazione” italiano e infine del “fascino” slavo, tutte cose che sono utilissime per scrivere romanzi d’appendice o film popolari (…) Io stesso non ho nessuna razza, mio padre è di origine albanese recente (la famiglia scappò dall’Epiro dopo o durante le guerre del 1821 e si italianizzò rapidamente); mia nonna era una Gonzalez e discendeva da qualche famiglia italo-spagnola dell’Italia meridionale (come ne rimasero tante dopo la cessazione del dominio spagnolo); mia madre è sarda per il padre e per la madre e la Sardegna fu unita al Piemonte sardo solo nel 1847 dopo essere stata un feudo personale e un patrimonio dei principi piemontesi, che la ebbero in cambio della Sicilia, che era troppo lontana e meno difendibile. Tuttavia la mia cultura è italiana fondamentalmente e questo è il mio mondo: non mi sono mai accorto di essere dilaniato tra due mondi, sebbene ciò sia stato scritto nel “Giornale d’Italia” del marzo 1020, dove in un articolo di due colonne si spiegava la mia attività a politica a Torino, tra l’altro, con l’essere io sardo, non piemontese o siciliano ecc. L’essere io oriundo albanese non fu messo in gioco perché anche Crispi era albanese, educato in un collegio albanese e che parlava l’albanese. D’altronde in Italia queste quistioni non sono mai state poste e nessuno in Liguria si spaventa se un marinaio si porta al paese una moglie negra. Non vanno a toccarla col dito insalivato per vedere se il nero va via né credono che le lenzuola rimarranno tinte di nero.

Lettere dal carcere, 12 ottobre 1931