L’ascensore fermo da sei anni

pizzocalabroAndare da un pizzo all’altro. E andarci comodi, quasi in carrozza. Grazie al pizzo, allo spuntone di roccia che maestoso separa il borgo dalla marina, Pizzo Calabro è diventuto un luogo famoso, visitato, segnalato in tutta Italia. Il suo mare turchese, la costa stupefacente, i vicoli e i profumi inconfondibili. Nel 1984 il sindaco ebbe un’idea grandiosa: se bucassimo il pizzo, se gli facessimo un foro interno invisibile, come usano i pasticcieri col panettone riempito di crema chantilly, avremmo la possibilità di installare un ascensore. Riparato dagli occhi ma vicino al cuore (e alle gambe) di tutti coloro che si risparmiano gli scalini e il sudore dell’arrampicata.
L’idea parve davvero ottima e malgrado qualche contestazione del solito comitato spontaneo pro natura (“Pizzo si chiama così perché c’è il pizzo di montagna, e chi viene lo sa che si sale e si scende e questo è anzi il bello”) fu subito contratto un mutuo da un miliardo per la realizzazione. Subito proprio no. Ma in Calabria il tempo passa più lento che altrove, quindi: 1995 inizio dei lavori. Undici anni di riflessione sono sembrati il giusto. Serve una parentesi: quando un’amministrazione pubblica deve contrarre un debito ha la mano leggera. Quel debito peserà sulle casse, produrrà interessi, dovrà essere restituito. Ma in Italia non c’è l’ufficio della resa del conto: cosa fai, quanto costa, perché lo fai e chi paga. Nessuno deve rispondere a nulla. Geniale.Continue reading

Incidenti sul lavoro: morti bianche, scioperi

mortibiancheFLAVIA PICCINNI

Scioperare. Sembra questa l’unica soluzione per gli incidenti sul lavoro. Adesso tocca all’Ilva di Taranto, dopo l’ennesimo incidente mortale. L’ultimo di una lunghissima serie di morti è Antonio Alagni, quarantacinquenne napoletano (di Casoria, ndr) dipendente della P&P, un’azienda appaltatrice operante nell’acciaieria 1 dell’Ilva di Taranto, colpito dal bozzello (gancio) staccatosi da una autogrù semovente di proprietà dell’azienda appaltatrice. Come sempre più spesso capita, le dinamiche e le cause specifiche dell’incidente dovranno essere completamente appurate. La ricostruzione però me lo fa immaginare mentre guida un automezzo sul piazzale dell’Acciaieria 1, impegnato con un collega nella movimentazione di due grosse lastre d’acciaio della lunghezza di 15 metri, imbragate su una gru. E poi, improvvisamente, un braccio meccanico che cede e un gancio che gli fracassa il cranio. Mi immagino anche i compagni di lavoro che corrono, lo circondano, cercano di aiutarlo. Ma è troppo tardi: Alagni è morto sul colpo. Vittima bianca, come altri 5700 individui che, in Europa, ogni anno non rientrano a casa dal lavoro.Continue reading

Un quartiere senza ascensori

MARCO MORELLO

La nuova ferita di Pietralata si nasconde tra il ronzìo dei condizionatori e le auto di lusso, la schiera di bandiere rosse lise di via Peperino e le crepe sul muro di via Silvano. Segna i volti degli anziani rimasti a casa anche ieri, costretti a una spola, vana, tra la sedia, il letto e la finestra, in attesa di un segnale, uno qualsiasi, meglio se di accensione. Fa rispondere in coro un po’ a tutti che «’sta storia degli ascensori “ce fa’ rode”». E davvero non esiste commento migliore per sintetizzare lo stato d’animo di un quartiere in ostaggio del caldo e delle scale.
Il blocco degli elevatori deciso dall’Ater non ha fatto vittime, solo prigionieri: «Tre piani a 83 anni non sono uno scherzo, mia madre è disperata», quasi grida Alessia. «Abbiamo sempre pagato l’affitto in maniera puntuale – aggiunge – hanno appena aumentato l’acqua e la luce e non abbiamo protestato. Quanto sta succedendo è il colmo. Ci faremo sentire». In passato Pietralata la chiamavano il «monte del pecoraro» per la presenza delle dune dove la gente si andava a rifugiare durante la guerra. Chi ci vive da sessant’anni ha la pelle dura e pochi peli sulla lingua. «Se pensano di farci paura si sbagliano – tuona Sor Antonio – aspetteremo domani (oggi, ndr) poi vedrete».Continue reading

Rom

rom

MANUELA CAVALIERI

Vi presento Ana. Chiede l’elemosina al parcheggio più frequentato di Salerno. Per pochi centesimi ti aiuta a ritirare il biglietto dalla macchinetta per la sosta a tempo. Ha lunghi capelli neri e un piccolo dente d’oro, forse un regalo di nozze. Sempre lì. La solita litania. Una preghiera ripetuta all’infinito: “Bella, tu dai qualcosa, la Madonna ti benedice. C’ho bambino piccolo”. La voce è melliflua, una nenia. Ana ha quattordici anni. Il piccolo che ha in braccio è suo figlio. Cencioso, un sorriso splendido. Salerno è torrida, l’afa rende insopportabile l’odore che esala dai due corpi. Un misto di sporcizia e sudore. Mi chiedo cosa ne pensi della schedatura dei rom. “Hai paura?” Lei non sa neppure di cosa io stia parlando. Poi, mi guarda e dice inclinando la testa: “Italiani no tanto bravi!”. Niente rabbia, solo rassegnazione. Ana sarà schedata, ma nessuno l’accompagnerà a scuola, nessuno la porterà dal medico, nessuno le cercherà una casa decente. Qualche settimana fa il sindaco Vincenzo De Luca, in un’intervista rilasciata a Sky Tg24, dichiarò che sui Rom “Non è possibile fare poesia”, piuttosto bisognerebbe ammettere che “la maggior parte di loro delinque”. Intanto il bimbo continua a sorridermi.
E penso che forse la poesia potrebbe essere l’ultima speranza di salvezza.

Gilurí
Ti ho inventata,
tra la notte e l’alba
ti ho creata.
Sei la poesia più bella
perché parli dal profondo del cuore.
Cosa farsene di una poesia?
la si dona al mondo.
Va’ oltre! Piccola poesia,
inebria il cuore di altri
come hai fatto col mio;
sussurra le parole più dolci,
sorridi a coloro che soffrono.
Vai! Reca ai figli
le parole dei padri
e scolpisci nel tempo
l’esistenza zingara!

Santino Spinelli
 

Strategia dell’ottimismo (o del bicchiere mezzo pieno)

goodnewsbadnewsSERENELLA MATTERA

“Tutto è bene, tutto va bene, tutto va per il meglio possibile”
Voltaire

Va tutto male. Le infrastrutture arrancano, i rifiuti avanzano, il caldo fiacca, il turismo boccheggia, il lavoro scarseggia, la bolletta costa. È la “stagnazione”. Noi fermi a un misero +0,1%, mentre gli altri avanzano.
A misurare la sensazione di vulnerabilità delle famiglie italiane, vien fuori un “-39”. Su 100 giovani intervistati, 64 dicono di aspettarsi di stare peggio in futuro dei loro genitori.
Gli spagnoli, già più ricchi, si prendono pure i rigori all’europeo. E il pessimismo dilaga.
Tutta colpa del presente. A furia di guardare il bicchiere mezzo vuoto, si sta forse perdendo ogni speranza di riempirlo. Perciò in Romania, dove se la passano malaccio, il Senato ha deciso di correre ai ripari: via alla strategia dell’ottimismo, al riscatto del “penso positivo”, alla par condicio della buona notizia. Per ogni fatto negativo, per ogni catastrofe, incidente, omicidio o indice in calo, i telegiornali dovranno scovare e comunicare ai cittadini un fatto positivo: il ragazzino che aiuta la vecchietta, l’ospedale che cura il tumore, la vita che si allunga.Continue reading

Favola della sera

favolaseraSABRINA PINDO

Sono Robin Hood: rubo ai ricchi, per dare ai poveri. Bellissima trovata. Plauso all’ufficio stampa del ministro Giulio Tremonti che con questo slogan ha proprio colpito nel segno. Basta con questi ricchi che sono troppo ricchi! Puniamo questi brutti cattivoni petrolieri che sguazzano nel danaro come Paperon de Paperoni, mentre le famiglie italiane si indebitano sempre più per guidare la macchina e andare al supermercato dove non ci si può più permettere né il pane, né la pasta! Con l’emergenza del carovita che sfonda porte aperte, chi non vorrebbe un ministro dell’Economia che si alza con un balzo felino dalla dorata poltrona, fa la voce grossa e inizia a dare i soldi ai poveri, il cibo agli affamati, la giustizia ai buggerati?
Et voilà la Robin Hood tax! Ecco pronto il provvedimento che nessun italiano potrebbe mai considerare insensato, perché in fondo (lo dice la parola stessa) ruba ai ricchi per dare ai poveri!
Ma che bello! Ma che bravo! Sherwood finalmente liberata da quell’odioso Re Giovanni!Continue reading

Prima le donne e i bambini

maroniFRANCESCA SAVINO

«Il diverso è reciproco»
Stefano Benni

Ci ha rassicurato subito, Roberto Maroni. Nella nave dell’accoglienza che affonda, la precedenza va alle donne e ai bambini. Il capolavoro comunicativo presentato dal ministro dell’Interno nell’audizione davanti alla commissione Affari costituzionali della Camera fa risuonare le note dei migliori spartiti padani. Respinta l’idea di dare permessi alle donne “irregolari” impiegate come badanti per gli anziani, Maroni rilancia. Infilando nel suo pacchetto sicurezza non soltanto i sentimenti, il cuore impaurito del Paese. Ma anche i numeri: quelli in cui incanalare gli “stranieri”, o presunti tali. Obbligo di iscrizione all’anagrafe, censimenti, creazione di banche dati del dna e delle impronte digitali. Si parte dai campi nomadi: per proteggere i bambini, si prenderanno anche le loro impronte, almeno dai sei anni in poi*. Per non farli convivere con i topi, si butterà fuori chi, anche da cittadino di uno stato membro dell’Unione europea, vive in precarie condizioni igienico sanitarie. Per tutelare la nazione, spunta anche il reato di immigrazione clandestina.Continue reading

Di Pacco in pacco

cameravistaCARLO TECCE

La terza carica dello Stato è un po’ come il campo numero due di Wimbledon: lì la tomba (o metamorfosi) politica e personale dei presidenti, là il cimitero dei campioni. Ci sono le eccezioni: Giorgio Napolitano e Luciano Violante sono stati due sobri e stimati presidenti della Camera dei Deputati. In mezzo c’è stata Irene Pivetti, presidentessa a 31 anni, casta e pura, cattolica e devota che, vestita come una sessantenne vintage, consigliava ai colleghi deputati di frequentare le duecento e passa chiese di Roma. Pivetti I.
La Pivetti II si i è fatta fotografare per Gente con autoreggenti nere e frustino sadomaso: «Mi sento sexy come Catwoman, della donna gatto mi piace il lato animalesco…». Poi ha scoperto il lato artistico e, vestita da fatina, ha danzato soavemente a Ballando con le Stelle su Rai Uno.Continue reading

D come Droga (in Parlamento)

drogaFLAVIA PICCINNI

La droga gira. Gira fra i ragazzi davanti ai licei (e alle scuole medie), in discoteche e biblioteche, in uffici privati e in pubblici. Perfino in Parlamento.
L’anno scorso lo avevano affermato Le Iene, il noto programma televisivo di ItaliaUno, dopo aver analizzato il sudore di numerosi parlamentari. Quest’anno la parola è quella del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Carlo Giovanardi che precisa subito “Ma non è vero come si è detto che metà dei parlamentari ne fa uso”.
Nessuna novità quindi, anche se le dichiarazioni del sottosegretario Giovanardi non possono passare inosservate, soprattutto perché espresse nel corso della presentazione della Relazione annuale sullo stato delle tossicodipendenze, durante il quale Giovanardi ha specificato come la legge sulla droga Fini-Giovanardi abbia “ha retto” e in particolare di quanto l’introduzione della soglia quantitativa abbia “dispiegato pienamente i suoi effetti positivi”.
Fatto sta che i dati sul consumo della droga in Italia parlino chiaro e che la scuola si confermi come uno dei luoghi in cui i ragazzi italiani trovano la droga più facilmente. Il 31,3% degli italiani (tra i 15 e i 64 anni) e il 51% degli studenti (tra i 15 e i 19 anni) trova poi le sostanze illegali in modo ‘facile’ o ‘piuttosto facile’. A scuola il 12% ci trova facilmente eroina, il 26,4% la cannabis, il 5,7% gli stimolanti e il 4% gli allucinogeni. In discoteca il 15% degli studenti dice di poter comprare eroina, il 25% cocaina, oltre il 30% cannabis. Continue reading

La diocesi senza pace

chiesaE’ domenica e l’arcivescovo di Salerno ha scelto una chiesa di campagna per dire messa. La chiesa di San Luigi, nel comune di Mercato San Severino, venti chilometri a nord del capoluogo. Monsignor Gerardo Pierro ha il volto del curato di campagna. Piega le mani, poi le unisce e le indirizza a Cristo: “Beati i perseguitati dalla giustizia. E’ loro il Regno dei cieli”. Non invoca la preghiera dei fedeli per il corpo di Berlusconi ma per il proprio, trafitto oramai da una sequela piuttosto terrificante di accuse che fanno di questa diocesi, periferia di Roma, terreno di uno scontro che varca e di molto i confini dello spirito. Nel rosario dei reati supposti e temuti, denunciati o solo ventilati, non manca nulla: truffa, aggravata e non, pratiche ai confini dell’usura, investimenti finanziari ai limiti della legge, lottizzazioni più o meno abusive, pratiche religiose tra lo scabroso e il noir. I soldi, puliti o anche sporcati da menti criminose, stanno facendo affondare tutta la Diocesi nella vergogna di essere raccontata più dai fascicoli processuali che dalle sue opere di bene.Continue reading