L’insurrezione di Melfi

melfiDopo l’articolo-denuncia di Antonello Caporale pubblicato su Repubblica dell’11 giugno, alcuni operai di Melfi hanno scritto al presidente Giorgio Napolitano. Ecco il racconto di Giuliano Foschini

Vittorio Cilla ha due figli e 1.200 euro al mese in busta paga, assegni familiari compresi. Passa tutta la vita a realizzare sportelli che poi saranno montati sulla Fiat Punto. E un poco gli sono girate. “Perché ho fatto un conto: questi signori che cumulano il doppio incarico, quello di parlamentare e di consigliere regionale, in un mese intascano quanto me in un anno intero. Mi sembra uno scandalo, una vergogna”. Per questo l’operaio Vittorio Cilla prima è sbottato in mensa, poi ne ha parlato in macchina e in piazza: infine insieme con otto colleghi – tutti dipendenti della Sata, l’azienda della Fiat di Melfi, o di ditte dell’indotto – ha deciso di prendere carta e penna e di scrivere al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. “Ci sentivamo umiliati e un poco ci vergognavamo anche” spiega Antonio D’Andrea. Loro cittadini lucani rappresentati da quattro consiglieri regionali (Mara Antezza e Carlo Chiurazzi del Pd, Cosimo Latronico ed Egidio Digilio del Pdl) che, in attesa di scegliere, cumulavano incarico e indennità.

“È proprio così difficile – hanno così scritto a Napolitano insieme con Michele Manniello, Antonio Russo, Franco Di Cugno, Giovanni Carnevale – avere norme che impediscano cose di questo genere? Come si può chiedere a chi percepisce mille euro al mese di vivere onestamente se poi lo Stato permette queste cose? Presidente, speriamo in un suo autorevole intervento affinché cose come queste e tante altre (negative) che caratterizzano la pratica politica non si verifichino, se si vuole che i cittadini tornino ad avere fiducia nei loro rappresentanti”.
Una prima risposta c’è stata. I deputati lucani hanno fatto sapere di aver già esercitato la scelta (“nel rispetto dei termini previsti dalla normativa”): resteranno a Roma, e il consiglio regionale ratificherà il tutto nella prossima seduta. Ma soprattutto – dopo l’articolo di Repubblica di ieri che ha sollevato il caso dei 39 parlamentari che sono anche consiglieri regionali – la Giunta per le elezioni di Montecitorio ha accelerato le procedure: ieri ha inviato una lettera ai venti deputati che devono risolvere la loro incompatibilità. Se non arriverà una risposta entro due settimane, richiederà l’intervento del presidente della Camera. Il Senato ha già inviato un “avviso” del genere.
Se ne dovrà fare una ragione il senatore siciliano Antonello Antinoro. Lui è infatti uno e trino: oltre a essere stato eletto a Palazzo Madama, è deputato della regione Sicilia e da poco anche assessore regionale ai Beni culturali. A ogni carica corrisponde un’indennità: tradotto, circa trentamila euro al mese. Fosse stato per lui, avrebbe continuato a fare tutto: ha inviato una memoria alla commissione, spiegando che la legge siciliana gli consentirebbe il triplo incarico. Da Roma gli hanno detto di no, lui dovrebbe optare per Palermo. In altre Regioni, però, il cumulo dell’indennità non è possibile: in Puglia per esempio, grazie a una norma appena approvata.

(da Repubblica del 12 giugno 2008)

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