Ucciso un transessuale, due in manette

transFLAVIA PICCINNI

Con la violenza puoi uccidere colui che odi, ma non uccidi l’odio.
La violenza aumenta l’odio e nient’altro.
Martin Luther King

La violenza è cieca. Rende folle chi guarda e sconsiderato chi agisce. La violenza è odio, disgusto, rabbia. E forse è un miscuglio di questi sentimenti che ha mosso due uomini martedì sera sulla Tangenziale Ovest di Milano. La vittima, stuprata e barbaramente picchiata, è rimasta sulla strada, esanime, trivellata da odio, disgusto, rabbia.
“E’ un travestito – diranno alcuni -, solo un travestito”. E forse devono aver pensato questo anche i due giovani colpevoli, un marocchino 17enne affidato alla comunità di don Gino Rigoldi con a carico reati per droga e contro il patrimonio, e Davide Grasso, catanese di vent’anni, disoccupato e già noto alle forze dell’ordine.
Devono averlo pensato mentre assalivano, stupravano e picchiavano Gustavo Brandau, brasiliano di 30 anni, in Italia da clandestino; transessuale.
Hanno confessato subito, dopo essere stati rintracciati dagli investigatori che sono risaliti a loro grazie alle immagini ritratte da una telecamera. Le immagini sono violente, disgustose, agghiaccianti.
Si vede Davide con il suo amico marocchino che si avvicina a Gustavo.
Chiedono una prestazione sessuale gratuita, lei si nega, loro insistono, si fanno minacciosi, la caricano in macchina, la violentano, la sequestrano, la accoltellano.
La ricostruzione è vaga, ma la ferocia pervade ogni singolo movimento.
Ogni singolo istante.
A due giorni di distanza, restano solo un corpo in avanzata fase di decomposizione, due giovani uomini in galera; le parole di Paola, collega di Gustavo, che piange. Dice che aveva provato a salvarla, che si era avvicinata al gruppo e che i due l’avevano presa e poi picchiata. E poi ancora tanti ricordi di Samantha, nome d’arte di Gustavo Brandau, e Paola che spiega di come si siano accaniti su di lei perché era la più esile, la più magra, fra i viados di Via Novara; racconta dei sogni di entrambe: andare a lavorare al Festival Latinoamericano in corso a Milano. E poi la famiglia da aiutare, a Bahia, che adesso piange. Piange per quell’uomo che Davide e il suo amico marocchino consideravano solo un transessuale.

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