Alemanno-Rocky, titoli di coda dai Cesaroni

È venuto sudato e s’è seduto nell’angoletto. Che gli dici? Gnente. Posso avere un’aranciata? Eccote l’aranciata. M’è venuto il pensiero che era meglio che se n’annasse, per lui era meglio s’intende, ma come fai a dirlo, è pur sempre er sindaco. Tempo cinque minuti e c’era casino. Solo parole però. D’altronne ‘sto quartiere se chiama Garbatella e mi’ nonno era un grande comunista”.
GAETANO MONTINI è il titolare del bar I Cesaroni, divenuto il set romano più famoso e più amato d’Italia per via dell’epopea televisiva che oramai da cinque anni anni cattura – grazie a Mediaset – quantità costanti di teleutenti radunati in salotto nel prime time, la fascia serale tanto cara alla pubblicità. Questo bar è stato il teatro della tragedia elettorale di Gianni Alemanno. Tempo fa quassù, sul cucuzzetto che scivola nel traffico dell’Ostiense, anche Silvio Berlusconi è venuto a fare una capatina. Ma di mattina presto e in solitaria. Serrande appena alzate, il Cavaliere che non lascia l’auto e guarda il bar a distanza di sicurezza. La scorta chiede un caffè in un bicchiere di plastica e lo porta a lui che inquadra con gli occhi. Roma qui diventa paese, si fa piccola, popolana, rognosa e resistente. Di quel rosso antico così demodè, cuore politico di un comunismo oramai residuo sentimentale e letterario, sviluppato attraverso la fascinosa architettura razionale, con gli alberghi suburbani (ospitarono gli sfollati della guerra) figli della suggestione dei falansteri di Fourier, che misteriosamente la isolano al traffico e alla modernità rendendo persistente e vivo il ricordo di ciò che Roma fu. Garbatella, anzi garbante come dicono i romani, è divenuta luogo di scrittura, di ispirazione cinematografica e di grande curiosità intellettuale. C’è passato Nanni Moretti con la sua vespa in Caro Diario, facendosi sedurre e a suo modo rendendola decisiva nella geografia della Capitale. Un luogo in cui si va e basta. Anche Ignazio Marino ha fatto tappa. Facendosi accompagnare nel breve pellegrinaggio elettorale da Matteo Renzi, prezioso sparring partner. I due hanno ricevuto buffetti e sorrisi, richieste d’aiuto, petizioni. Hanno promesso, come si usa fare, tutto il bene possibile, tutto l’oro a venire. Le case sono come erano. A due piani, col giardinetto e fili di ruggine alle grate, intonaci cadenti e virtuosi. Una vecchiezza custodita e saggia che ha dato una prova di coraggio rifiutando l’alluminio anodizzato, il segno infausto della modernità.
IL SINDACO, per sua sfortuna, due giorni fa è finito dentro queste viuzze spinto dalla estrema necessità di raccogliere voti. E s’è trovato in trappola senza capire che l’ardimento che lo conduce sempre al fronte (notevole l’aneddotica guerresca che lo riguarda) e la tenacia con la quale tenta di resistere aMarino, il chirurgo genovese che l’ha strapazzato al primo turno distanziandolo di ben dodici punti percentuali, questa volta era fuori luogo, fuori tempo, fuori dal prevedibile. Alemanno tutto d’un tratto s’è ritrovato fascista e la sua città, posseduta con rozza precipitazione, si è svelata comunista, nemica e un tantinello sboriona, come da carattere. “Vattene, facce passà! Nun te vergognì de venì qua?”. Voci incontrollate e smodate: “Torna nelle fogne”. Gianni, molto orgoglioso, non è rimasto sorpreso perchè i fischi lo stavano inseguendo da quando aveva trovato la chiesetta della Garbatella senza il parroco che voleva salutare. E quell’assenza imprevista gli aveva consigliato, visto che c’era, di fare due passi e salutare i negozianti. La scorta s’era fatta appoggiare da un nutrito gruppo di poliziotti e il passaggio, trasformatosi in una inconcludente via crucis, ha avuto l’epilogo nel bar dei Cesaroni, proprio dentro il locale che la tv di Silvio Berlusconi affitta sei mesi all’anno, a cui gli italiani devoti – di passaggio nella Capitale – non mancano di segnare nel percorso turistico. Berlusconi, guarda tu, proprio ieri ha lanciato, con aperta malavoglia, un triste spottino su facebook “a sostegno dell’amico Gianni” e – senza badare agli esiti ancora caldi del processo Ruby – ha promesso ai romani che Alemanno intensificherà “la lotta alla prostituzione”. Sono incidenti di percorso che continuano a lasciare il sindaco nell’ansia, rendendo angosciosa la rimonta che pure lo staff annuncia possibile, anzi quasi certa: “Ha una tempra Gianni, per noi è Rocky Balboa. Tu lo colpisci e lui si rialza, lo colpisci di nuovo, si rialza di nuovo”.
IN VERITÀ i danni sembrano persistenti e al di fuori della portata del campione, e la Garbatella s’intesta il fiocco rosso della vendetta. Troppa pajata con Bossi, troppe promesse al vento. Il gran premio automobilistico all’Eur, anzi le Olimpiadi a Roma, le prostitute azzerate, i nomadi cacciati, la periferia di Tor Bella Monaca rasa al suolo e fatta rinascere come una camelia in un prato verde. Per non dire della teca da smontare all’Ara Pacis, dei due stadi da costruire e delle mille e fantasmagoriche trovate d’ingegno elettoralistico. Troppi camerati d’impiccio, e alcuni anche malfidati. Troppi soldi in giro, troppe tangenti ai fianchi, troppe foto azzardate. Come quella con un membro del clan dei Casamonica (“ma è stata scattata in un centro accoglienza, se vogliono una foto con il sindaco non è che chiediamo i documenti di tutti”, la difesa dello staff del sindaco). Marino gli dice: “In Inghilterra il candidato dopo quella foto già si sarebbe ritirato”. Lui, Rocky Balboa ma con le gambe ormai molli: “Ritirati tu, hai problemi con i rimborsi”. Alemanno. O anche, e semplicemente, Aledanno.

da: Il Fatto Quotidiano, 6 giugno 2013

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