A Bologna una triste contesa in cui vincerà il meno peggio

voto-emiliaNon arriveranno le ruspe a Bologna e la città rossa resisterà malgrado la noia. Lucia Borgonzoni, estrosa interior designer, cuore donato all’arte e foulard verde al collo, è la Maria Elena di Salvini: caruccia, spigliata, dal linguaggio contro. Naturalmente contro i rom, contro gli immigrati, contro i centri sociali, di cui in gioventù è stata pure una frequentatrice assidua.

L’ANIMA CONTRO che altrove vince o coalizza un vasto sentimento, nel capoluogo dell’Emilia, la capitale di ciò che resta del Pci, consolida un buon risultato tanto da raggiungere il ballottaggio che, a leggere i sondaggi, è la linea del Piave. Oltre non potrà andare il centrodestra a trazione leghista. “La Lega è forte, è presente a Bologna, ma lontana dall’identità della città. Io voterò No al referendum costituzionale, ma non ho il minimo dubbio a sostenere e far votare Virginio Merola”, ha detto la politologa Nadia Urbinati a Repubblica.

“Sono onesto”, ha dichiarato il sindaco uscente, il più debole tra i figli del Pci che – eccezion fatta per l’esperienza di Guazzaloca – hanno ininterrottamente governato la città. Merola annoia, non stupisce, non ha visioni, non scalda i cuori, non promette rivoluzioni. Ha il fisico del geometra, la storia del militante che ha trovato lavoro nella Lega delle autonomie locali (“ritornerò lì se sconfitto”) e poi ha fatto carriera a passettini. Uno per volta: dalla sezione alla poltrona di sindaco. È il meno peggio, e questo già può bastare. “Il Pd ha ottenuto il 35 per cento dei voti, ancora un primato italiano”. È vero, malgrado gli undici punti percentuali che separano l’affluenza alle urne tra le scorse amministrative e queste (71 per cento cinque anni fa, quasi il 60 per cento questa volta) il voto è andato meglio della grande paura. Scendere sotto la soglia del 40 per cento, rendere permanente la debacle politica delle ultime Regionali che videro il presidente Stefano Bonaccini vincere nel deserto delle urne, sarebbe stata la fine.

La paura era tanta, e gli appelli ad andare a votare, soprattutto nei quartieri periferici dove l’adesione al partito era principio e fine della vita, non sono mancati. Visti i risultati, qualcosa di meglio della sciagura paventata è accaduto. Se Merola vince è perché l’opposizione ancora non riesce ad esprimere una alternativa credibile, il centrodestra praticamente a ruota del movimentismo salviniano che ha proposto alla città questa giovane donna, la Lucia appunto, dall’aspetto gradevolissimo ma poco più.

Lucia Borgonzoni, quand’era giovane, era felicemente casinista: una condomina ha rievocato le festose baldorie casalinghe; un tizio ha tirato fuori una sua foto, quando frequentava i centri sociali che oggi sono la bestia nera della Lega, e lei non ha rinnegato. Si beveva, certo, forse si fumava, certo, ma tutto era diverso rispetto a oggi. Risposta modesta, per una città che ama la tradizione e che avrebbe avuto bisogno di un nome portante, strutturato, per cambiare passo.

BOLOGNA HA dunque voglia di cambiare ma non sa come farlo. La filiera Pci è ancora integra, e la diffidenza verso Matteo Renzi, che naturalmente ha disertato ogni possibile occasione d’incontro (un solo tweet di incoraggiamento all’attivo) è ampia e conosciuta. Il partito ha ancora una funzione sociale, i circoli, anzi le sezioni, tipo la Bolognina, ancora resistono aperte, ancora si sforzano di avere (e in effetti hanno) una connessione con la città. “Guazzaloca sarebbe stato renziano”, ha detto la Urbinati parlando dell’uomo col quale il centrodestra ruppe il monopolio.

È questa una verità indiscutibile e anche la ragione per la quale la dimensione del partito si attesta su cifre corpose. Nelle altre città italiane il Pd subisce, malgrado un governo super attivista, una emorragia vasta, riduce dalla periferia verso il centro la propria capacità aggregativa, deve immaginare sempre papi stranieri per affrontare con qualche ottimismo la prova elettorale.

A Bologna, come anche a Torino, si afferma l’usato sicuro della tradizione. E Merola in città ha promosso la stagione dell’ammodernamento stradale (il progetto BOBO), riqualificazione e ristrutturazione delle principali vie, riposizionamento dell’antico selciato, nuovi marciapiedi. Poco più della normale amministrazione, ma quel tanto che è bastato a proiettare la convinzione che non c’è di meglio su piazza.

MEGLIO DI VIRGINIO, nato a Santa Maria Capua Vetere e trasferitosi in Emilia a 5 anni, laureato in filosofia, onesto gregario, terza fila divenuta seconda e infine prima, non può essere Lucia, capelli lunghi e lisci, di un rosso Brambilla (ricordate Vittoria Brambilla, l’animalista berlusconiana?), con un carattere aperto però sempre al sorriso, le parole chiave del percorso di rieducazione salviniana degli ex padani, e la voglia di vedere dove si arriva.

Nell’ultimo confronto in una tv locale la Borgonzoni si è presentata vestita come Rita Pavone a “Canzonissima”. Una scelta estetica lontana dalla purezza leghista ma anche distante da un profilo istituzionale convincente. Cosicché Merola è parso quello che tutti sapevano: noioso, forse inadeguato, ma purtroppo il meglio su piazza. Oppure, il meno peggio.

Da: Il Fatto Quotidiano, 18 giugno 2016

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