Luigi Grillo: il politico che celebra chi evade le tasse

luigi-grilloUn breve ma sentito elogio della furbizia, dell’occhiolino che si fa prece e pure dell’assegno in nero che rende lieve la fatica, serena la vita e soprattutto più paffutello il conto in banca. Dobbiamo alla coerenza di Luigi Grillo, politico navigatissimo, già senatore plenipotenziario berlusconiano, con un variegato e interessante curriculum giudiziario, la spigliata lezione tenuta in piazza giovedì scorso a Monterosso, la meraviglia delle Cinque Terre, sede del suo magistero. L’uomo ha ritrovato il piacere della libertà dopo aver sostato alcuni mesi nel carcere di Opera prima di soggiornare purtroppo da detenuto nel suo bellissimo casale di campagna che profuma di limoni e guarda il mare.

Grillo infatti, che ha subito una condanna (patteggiata) a due anni e otto mesi per corruzione (tangenti Expo), è intervenuto nella piazza del paese durante la presentazione del libro “Casa di mare, una storia italiana”, edito da Longanesi e firmato dallo scrittore spezzino Marco Buticchi, figlio di quell’Albino Buticchi, petroliere discusso, rifugiato in Africa per evitare procedimenti giudiziari.

Sull’amicizia col papà dello scrittore, e i ricordi della di lui tempra di industriale e dell’atletico approccio nell’affrontare il periglioso guado dei doveri fiscali, l’ex senatore ora non più recluso ha teorizzato la virtù delle “maglie larghe”: “Nel dopoguerra il Veneto era una palude ma grazie a questi grandi uomini che non rispettavano le regole fino in fondo, anzi sfruttando le “maglie larghe” e ricorrendo anche all’evasione fiscale, hanno trasformato il Paese in una delle più grandi potenze…”.Continue reading

ALFABETO – MAURO CORONA: “Assolviamo il rogo e non sentiamo il peso del danno”

mauro-coronaCos’è un bosco?

Il bosco è una farmacia per il tuo cuore, è il luogo in cui la mente trova riparo, è il sentiero della vita. Io conosco i boschi, li guardo, li incontro, indago, ascolto gli alberi, li abbraccio. Il bosco è la nostra salvezza e il nostro rifugio. Temo che gli italiani non sappiano nulla di cos’è la vita. E dunque nulla di cosa sia un bosco.

Mauro Corona è un noto montanaro, abita lungo una delle pareti di roccia che chiudono la vista ai cittadini bellunesi. Guarda con particolare scoramento ai roghi d’Italia. I roghi – se riflettiamo – sono il sintomo di una malattia che abbiamo: quella di non sentire più responsabilità verso il futuro, di non sentire proprio il futuro. Il fuoco che arde e mangia l’Italia ha origini dolose. E nel dettaglio del dolo c’è l’anima della nostra mediocrità: si appicca l’incendio e che succede? Niente. Guardiamo inebetiti, osserviamo distratti. La gente ha il morbo del “qui e ora”, non pensa al domani, ma soltanto all’oggi che fugge via.

Quanti italiani conoscono un bosco?

Ecco, quanti? E io aggiungo: quanti conoscono un albero? Certo che i romani ci passano accanto, anche i milanesi. Ma li guardano? Li osservano? È un fuggi fuggi quotidiano, la precarietà porta velocità, la velocità porta mediocrità. La mediocrità assolve il rogo, non sente il peso di una strage bella e buona, di un danno che si fa all’umanità, di un reato orribile, gravissimo.

Come se avessimo premura di togliere ogni linfa naturale alla nostra vita.

Il bosco che si annerisce, il fiume senz’acqua, il costone di montagna cariato da una frana. Sono gli elementi naturali che si precarizzano, come precarizzata è la nostra vita.

L’Italia si sta perdendo, scrive Galli della Loggia.

Ha ragione. Non pensa al suo futuro perché non lo vede, è ridotta a uno stile di vita ridicolo. Non sanno neanche cos’è la neve. Gli piace la neve vip di Cortina, si azzuffano per traghettare un po’ di ghiaccio da Courmayeur. Ma non sanno cos’è la neve, cos’è un paesaggio.

Cos’è una veduta? Eppure il paesaggio è tutelato finanche dalla Costituzione, all’articolo 9.

I nostri avi erano avveduti, conoscevano che prima di Dio, più potente di Dio, è la terra. Perciò forme sviluppate di democrazia, di sano equilibrio, di rispetto della natura e della propria identità si ritrovano nelle campagne. Paesini guidati da amministratori saggi. È la nazione che è dominata da gente inqualificabile, senza arte né parte, senza coraggio, senza un disegno, senza un futuro. Stanno lì e non sanno cosa fare.

L’Italia potrebbe vivere di rendita.

Solo che lo volesse, perché ha di che vendere al mondo. Non c’è punto dello Stivale che non sia una forza attrattiva straordinaria. Avremmo di che star bene, di come mangiare. Basterebbe che riconoscessimo l’Italia, la sua bellezza. Ma il punto, io penso, resta quello della mediocrità: non sentiamo più come una necessità di guardare al futuro. Non ci frega più del futuro. La vita di ciascuno si consuma in un giorno, e quindi chissenefrega! Che bruci tutto, tanto un bosco chi l’ha mai visto? È roba da montanari. E poi gli alberi. Ma va là! Col cemento è tutto più scintillante e pulito. Vuoi mettere l’alluminio anodizzato?

Così è sconfortante.

C’è da essere sconfortati. Passo e chiudo.

Da:  Il Fatto Quotidiano, 15 luglio 2017