Commercio e crisi

MARCO MORELLO

Per scovarlo, a Roma, bisogna lasciarsi alle spalle il Senato, camminando lungo corso del Rinascimento verso il curvone che svela piazza delle Cinque Lune. Dall’esterno, accanto al civico 72, il negozio ha l’apparenza di una comune enoteca, con la vetrina a specchio, le bottiglie disposte in fila indiana, persino una botte in legno e tre grappoli d’uva stilizzati, a conforto della tesi di un passante distratto. Bisogna varcare la soglia perché «Ai monasteri» sveli tutto il suo potere evocativo, la forza di un passato impacchettato in confezioni e vasetti eleganti, dal sapore marcatamente retrò e il marchio di fabbrica dell’esclusività.
Qui si vendono, e il proprietario assicura sia un caso unico al mondo, i prodotti realizzati dalla maggior parte degli ordini monastici: liquori e miele, cosmetici e dolciumi. Tutti preparati ubbidendo a ricette antichissime, tramandate di generazione in generazione nel segreto buio e inviolabile delle celle. Il presente, però, rischia di coniugarsi al passato: a fine anno le saracinesche potrebbero abbassarsi per sempre. Colpa della crisi, dei conti che non tornano più, di una domanda che langue anche quando l’offerta non ha rivali ma solo goffi imitatori, pure quando le principali guide turistiche dedicano uno spazio o una citazione al negozio da non perdere, all’attrazione del tempo in formato souvenir.
«Sto facendo un grande atto d’umiltà a lanciare questo grido d’allarme, vorrei evitare di chiudere, di imboccare quella che al momento mi pare una direzione obbligata», chiarisce Umberto Nardi, un uomo d’altri tempi per stile ed eleganza, che quando pronuncia la parola fallimento abbassa gli occhi, quasi arrossisce. Che di mestiere non fa il venditore, ma il professore di Botanica Farmaceutica alla Cattolica. «Ai monasteri» per lui non è soltanto un hobby, ma anche una lucente eredità di famiglia, il ricordo tangibile di una storia centenaria. Fu il bisnonno Domenico ad aprire i battenti nel 1894, sempre nello stesso angolo sonnacchioso al centro di Roma: era un medico che partecipò a numerose spedizioni in Africa Orientale, finché non divenne una sorta di messo dei monaci, un inviato sul campo a caccia di erbe rare.
Sono passati 115 anni e la filosofia è rimasta immutata, così come i nomi vagamente allusivi dei prodotti e i caratteri arrotondati delle etichette. C’è l’«Elixir della felicità», un composto di piante dall’effetto euforizzante, e ci sono le «Fiale naturae», con una funzione anti-aging immediata, senza pastrocchi chimici, in grado di levare di torno le rughe per una serata importante. C’è la pappa reale e il balsamo francescano, con radici affondate nel ‘400, che un po’ cura e un po’ ubriaca, comunque dà sollievo. Soprattutto, tra i due ambienti del negozio e nella stanzetta ombrosa che funge da ufficio, c’è la voglia di andare avanti. «Non chiedo soldi – sottolinea Nardi – mi piacerebbe trovare un socio che possa rilevare una quota dell’attività o che, magari, la gente possa accorgersi di noi. La memoria di quello che siamo stati si tiene viva anche così».

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