Dalla tomba del tuffatore alla culla del truffatore

di Valerio Calabrese

Più di Agrigento poté Paestum. Dinnanzi alla maestosità delle cifre e alla spregiudicatezza della colonia achea del Comune di Capaccio (SA), nemmeno la celeberrima valle dei templi agrigentina, pur nota per essere sfregiata da 600 tra case e villette abusive, può reggere il confronto. Eh sì, perché entro o immediatamente a ridosso del perimetro delle mura dell’antica Poseidonia, l’agenzia delle entrate ha scovato ben 3.597 case fantasma, ovvero abusive. Paestum è il paradigma della contraddizione italiana. La città, fondata dai sibariti nel VI sec. a.C., è infatti l’unica area archeologica d’Italia ad avere una legge ad hoc che la tuteli, la numero 220 del ’57. La legge fu scritta e voluta dal celebre archeologo Umberto Zanotti Bianco che, confinato a Pastum dal regime fascista, portò alla luce lo splendido santuario di Hera Argiva alla foce del fiume Sele e impiegò la sua vita e la sua attività parlamentare per la tutela del sito archeologico.
Nei suoi 4 brevi articoli, la L.220/57, sancisce il divieto assoluto di costruzione nel raggio di un chilometro dalle mura della città antica. Una deroga è posta ai lavori di pubblica utilità, ma inutile dire che anche dentro le mura si è costruito, e tanto. Finanche il Museo archeologico Nazionale, che custodisce tesori di rilievo mondiale come le lastre dipinte della Tomba del Tuffatore, risulta “abusivo” rispetto alla Zanotti Bianco, di cui è coevo. L’archeologo Emanuele Greco da anni porta avanti la sua personale battaglia sulla delocalizzazione del Museo, perché costruito sull’agorà e perché ormai piccolo per ospitare tutti i reperti pestani. E chissà fino a quando basteranno i 5 milioni di euro spesi per la messa a norma del museo lungo gli ultimi 10 anni.
Insomma un pasticcio: basti pensare che l’area sottoposta a vincolo è quella più urbanizzata dell’intero territorio comunale di Capaccio.
E le case? Le case si trovano per la maggior parte sul versante ovest delle mura, sulla striscia di terra che divide la città antica dal mare. Villette, appartamentini, palazzine, tutte o quasi seconde e terze case, tutte fantasma, che ospitano “a nero” migliaia di turisti durante l’anno. Ed è forse questo il punto più importante: quanto questi abusi edilizi impoveriscano il territorio. Nella zona, sul totale di 3.597 case abusive, circa 3000 vengono locate durante la stagione estiva, depredando gli operatori turistici “in regola” che vedono i loro alberghi e residence sempre più vuoti. Facciamo due conti. Poniamo (per difetto) che ogni casa renda al proprietario 2.000 euro l’anno, una facile moltiplicazione ci consegna la cifra di 6 milioni l’anno che arrivano sul territorio, ma che prima di toccare il suolo, spariscono. E siccome le case in questione sono quasi tutte risalenti agli anni ’60-’70, la cifra, moltiplicata per 35 anni, fa tondi 200 milioni di euro, esentasse.
Ma chi viene privato di questa somma? E soprattutto chi rende il conto?
Il sindaco appena saputa la notizia è cascato dalle nuvole, poi ha affermato, ammettendo così di sapere, conoscere e non intervenire, che le case sono quasi tutti “abusi di necessità”.
Necessità di vivere in riva al mare e a ridosso di uno dei siti archeologici più importanti al mondo. Necessità di vivere fuori e al di sopra della legge.
Su trecento alloggi, la decima parte del totale, pende da anni un decreto di abbattimento che però nessuno ha il coraggio di compiere. Più che la storia millenaria e la straordinarietà dei luoghi, più che le battaglie di ambientalisti e archeologi, a Paestum a contare davvero è ormai solo il partito degli abusivi.

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