ALFABETO – GIORGIO ASSENNATO: “Io, angelo e demone. Ma ora Taranto sta respirando meglio”

giorgio-assennatoSe l’Ilva non sputa più in aria il veleno di una volta, il fuoco e il fumo di una volta, lo dobbiamo alla capacità e all’integrità di Giorgio Assennato, 68 anni, professore in pensione di Medicina del lavoro e soprattutto direttore dell’Agenzia pugliese di protezione dell’ambiente. I suoi dati sono serviti alla magistratura locale, l’unico potere che si è rivelato integro, per addomesticare con la forza bruta delle ordinanze l’espansione cancerogena dell’industria dell’acciaio, mettere a posto la famiglia Riva, detentrice di un potere totalitario sulla città e sulla politica, e ricondurre la questione lavoro nell’ambito della legittima pretesa di non scambiare quell’offerta con la vita dei lavoratori. Ma Assennato è anche colui al quale la stessa magistratura, naturalmente per mano di altri procuratori, imputa “il completo asservimento”della sua funzione ai poteri forti. Quindi se l’Ilva ha vomitato veleno è anche perché lui ha chiuso un occhio, o forse tutti e due.

Eccoci al punto: lei professore è stato l’uno e il suo opposto.

Sono stato il nemico numero uno dell’Ilva e il Giuda che ha tratto in inganno la città.

Volendo potrei dirle che ha una personalità poliedrica.

L’unico mio dispiacere è che morirò prima di veder concluso l’iter giudiziario. Sono stato infilato in un mega-processo che deve ancora iniziare e durerà anni. Temo che non avrò vita quando decreteranno l’innocenza.

Ma com’è stato possibile?

Le vie della diagnostica giudiziaria mi sono sconosciute. Dicono che avrei preso ordini da Nichi Vendola per addolcire, sminuire, ridurre l’impatto venefico dei fumi dell’Ilva.

Lo dicono e lo provano?

Lo dicono e non lo provano, almeno secondo me. Non sanno o non ritengono plausibile che una persona non sia cameriere. Non sanno o non ritengono possibile che se Vendola mi avesse davvero chiesto questo io l’avrei preso a calci nel sedere. Calci in culo a Vendola e anche al Papa, se si fosse presentato Sua Santità.

È rinviato a giudizio per favoreggiamento.

Sì, esatto, favoreggiamento. Ma noi umani non abbiamo fiducia nella logica e neanche nell’attività di riflessione su ciò che scriviamo, firmiamo, diciamo. Mi toccherà attendere il processo. Il guaio è che questo processo è una tartaruga.

Non ho prove, ma io credo che lei sia una persona perbene.

Già è un buon inizio.

Parliamo di Tamburi, il quartiere della morte. Adesso come sta?

Molto meglio della sua Roma.

Molto meglio?

Infinitamente meglio del luogo in cui abita lei. Decisamente meno avvelenato.

Ma come?

È così. Ad oggi, con la produzione Ilva che si è fermata a 5 milioni di quintali di acciaio, l’aria di Taranto è nettamente più salubre di quella delle metropoli italiane.

E noi che commiseravamo i tarantini, solidarizzavamo con loro…

Avete fatto benissimo perché la condizione di oggi non è quella di ieri. Io le ho risposto alla domanda: Taranto come sta? Ho inteso che lei mi chiedesse: ora, in questo preciso momento.

In questo preciso momento la verità si fa doppia e gli sporchi si fanno puliti.

La concentrazione di Pm10 a Tamburi è risibile, altrove è di molto superiore al limite massimo. Non parliamo del benzopirene.

Sembrava che tutti i veleni fossero a Taranto. Pagine e pagine.

Si chiama soglia di accettazione del rischio. Abbiamo accettato il rischio di ammalarci con i telefonini, non ce ne curiamo. Come ci curiamo poco dello smog in città. Si chiama life style. Il nostro stile di vita contempla l’assunzione di questo rischio, è un pericolo costitutivo della nostra identità. E poi è invisibile, piuttosto vago, inodore sparso in ogni zona della città. A Taranto e ovunque ci sia un’industria inquinante, il nero si vede, l’oggetto è distinguibile ed esterno alla nostra vita. Lo giudichiamo naturalmente un’aggressione e mettiamo in atto azioni di difesa. Denunciamo, protestiamo, blocchiamo la città. Ci indigniamo, ci ribelliamo.

Noi invece ci avveleniamo nel sorriso.

Altrove si è inconsapevoli. La Pianura padana è dentro una nube tossica. Per alleviare la condizione di insalubrità bisognerebbe vietare i motori diesel e la combustione di legna. Lei ritiene plausibile un decreto legge che vieti i motori diesel in Pianura padana?

No.

Anch’io la penso come lei. Perciò vede cosa produce il ricorso alla sola apparenza?

Scambiare il pulito con lo sporco.

Il buono con il cattivo.

Un po’ come hanno fatto con lei.

Esatto.

Da: Il Fatto Quotidiano, 5 marzo 2016

Share Button