ALFABETO: “Io, maestro cacciato per una multa in lire non dichiarata”

alfabeto-img2La colpa lo insegue, gli si infila nelle tasche, lo tiene perennemente in allarme. Lui è innocente, ma lo Stato aguzzino gli ha detto che è colpevole e lo ha licenziato.

R. P. ha 42 anni ed è siciliano. Per fare il suo lavoro di maestro elementare ha accettato a settembre di spostarsi a Bergamo. Il 3 novembre scorso l’incarico. Il 9 dicembre arriva inaspettata la lettera di licenziamento. La colpa lo insegue, gli si infila nelle tasche, lo tiene perennemente in allarme. Lui è innocente, ma lo Stato aguzzino gli ha detto che è colpevole e lo ha licenziato. R. P. ha 42 anni ed è siciliano. Per fare il suo lavoro di maestro elementare ha accettato a settembre di spostarsi a Bergamo. Il 3 novembre scorso l’incarico. Il 9 dicembre la lettera di licenziamento. Non aveva dichiarato di aver subito una multa all’età di 22 anni di 600mila lire. Non era la multa ricevuta a procurargli i guai ma l’averla taciuta.

FENOMENOLOGIA del cavillo, seconda puntata. Quando lo Stato perseguita con un cavillo gli innocenti, mentre, sempre grazie a un cavillo, fa ponti d’oro ai delinquenti, meglio se abituali. La storia di R. (chiede l’anonimato, è terrorizzato che anche una parola di troppo gli possa ulteriormente nuocere) è al di là del verosimile. Ecco il suo racconto.

“In Sicilia avevo il mio lavoro: operatore socio sanitario, 1.200 euro al mese. E una moglie, una figlia di tre anni, una casa bella e spaziosa. E poi il mare. L’anno scorso la mia compagna si laurea e in estate mi accorgo di essere entrato in graduatoria, nella cosiddetta fascia B, per fare il maestro elementare. È il mio sogno. Dico a mia moglie: se ci spostiamo al nord avremo più possibilità. Io con un incarico annuale e magari tu con supplenze temporanee. È un passo importante, devo licenziarmi da un lavoro che mi fa star bene. Ma il desiderio di fare il mestiere dei miei sogni mi accarezza ogni giorno. Partiamo a settembre, troviamo casa in affitto a Bergamo per 500 euro mensili, è piccola ma ci stringiamo. Il 3 novembre vengo chiamato dalla segreteria di un circolo didattico della provincia: ottengo la sostituzione per l’anno intero, la collega è andata in maternità. Passano 40 giorni e sono convocato dalla dirigente: senta, lei nell’autocertificazione ha scritto di non avere nessuna sentenza a suo carico. Con qualche imbarazzo la dirigente avanza nel discorso: invece risulta che lei è stato condannato a 600 mila lire di multa nel 1995. Multa? Mi ritorna in mente l’episodio: avevo 22 anni, stavo andando al lavoro e due ragazzini su una vespa prendono una buca e rovinano sulla mia auto. Mi spavento, li soccorro: hanno le ginocchia sbucciate, le mani pure. Li porto subito al pronto soccorso per farli medicare e avverto i genitori. I ragazzini erano senza casco e potevano farsi davvero male. Il papà di uno di loro mi chiede di denunciare alla mia assicurazione il sinistro, avrei dovuto assumermi la responsabilità dell’incidente per far ottenere un risarcimento del danno al figliolo. Gli rispondo che non sono il tipo che dichiara il falso, rifiuto di prestarmi a quell’operazione farlocca. Finisce lì la cosa. Dopo qualche tempo mi arriva la notifica di una denuncia per lesioni. Resto stupito quando l’avvocato mi dice che devo provare la mia innocenza. Io sono innocente! E lui: chi lo attesta? La polizia è venuta a fare i rilievi? Nessuno è venuto, l’auto mi è servita per portarli all’ospedale. Avessi lasciato tutto lì, avrei evitato quei guai. Il processo dura anni, alla fine per evitare di trascinarlo ancora scelgo di fare un accordo e chiudo la questione. Pago una multa, pago le 600mila lire e dimentico l’episodio. Che il 9 dicembre dell’anno scorso la dirigente mi fa ricordare.

Il problema, mi dice, non è la multa, ma il fatto che lei non l’abbia riferita nella sua dichiarazione. Sul punto la Corte dei conti è inflessibile e non posso fare altro che emettere il provvedimento di decadenza”.

“NON VOLEVO crederci, non potevo crederci. Mi ero licenziato per seguire il mio sogno, fare il maestro elementare, avevo lasciato una casa grande per una piccina, la mia terra per una sconosciuta, i miei amici, la mia vita e adesso? Serve piangere, e ho pianto. Ma anche la ragione serve. Nel mio certificato penale c’è scritto: ‘Nulla’. Io cosa avrei dovuto fare se non riferire il Nulla? E che vantaggio avrei potuto trarne dal tacere la verità. Non mi hanno cacciato da scuola per quella multa, l’hanno fatto perché non l’ho riferita”.

“Quando qualche tempo dopo sono tornato a parlare con la dirigente che mi aveva licenziato, mi sono accorto che era spaventata. Temeva volessi farle del male: non c’entro niente io, glielo assicuro, non avrei mai voluto! Era in allarme, ma l’ho rasserenata: ‘Dottoressa vengo da lei in modo pacifico, volevo solo mostrarle il mio certificato penale. C’è scritto ‘nulla’, legge così anche lei?’. Anche lei ha letto così: ‘Nulla’. Poi l’ho salutata. È stata cortese”.

Da: Il Fatto Quotidiano, 20 febbraio 2016

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5 Comments

  1. hai tutta la mia solidarietà e anch’io mi vergogno di essere italiana. Ma dico: quando uno dimentica di presentare il certificato penale non dovrebbe essere la segreteria a ricordarglielo, come in tutti i Paesi civili? Ai posteri l’ardua sentenza.

  2. Tutta la mia solidarietà per questa assurdità italiana! Ma credo che la solidarietà non basti. Ora che farai? Tornerai in Sicilia? Auguroni tanti.

  3. Mi capita sempre più spesso di vergognarmi di essere italiana.
    Antonello, hai tutta la mia solidarietà.

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